Sentire

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La lancetta dell'orologio segnavano le tre di notte, Manuel si era svegliato ansimante, aveva sognato Simone, di nuovo, come ogni notte, non era possibile, doveva fare qualcosa, guardò il cellulare ma l'amico non aveva risposto al messaggio, si alzò indossò una tuta, prese il mazzo di chiavi di Anita in cui c'era anche quella che avrebbe aperto la porta di villa Balestra ed uscì di casa, sfrecciò per le strade di Roma senza pensare se fosse giusto o meno quello che stava facendo, arrivò nei paraggi della casa dell'amico e parcheggiò un po' più lontano, per evitare di svegliare qualcuno con il rumore del motore. Entrò quatto quatto, salì le scale ed entrò nella stanza di Simone, si chiuse la porta alle spalle, si avvicinò al letto e sperava con tutto se stesso che insieme a lui non ci fosse stato anche Mimmo tra quelle lenzuola, e appena notò che non era così tirò un sospiro di sollievo. Osservò Simone dormire, pensò che era bello, avvicinò la sua mano e scostò un riccio che gli cadeva sulla fronte, poi passo il pollice sullo zigomo e a quel punto Simone aprì gli occhi, si spaventò, accese la bajour e strizzò gli occhi, quando si accorse chi c'era di fronte a lui smise di respirare

«Sei matto?» chiese sussurrando il minore

«Non m'hai risposto al messaggio» si giustificò Manuel, come se quella risposta fosse esaustiva e come se fosse normale che si era intrufolato in camera sua solo perché non gli avesse risposto ad un messaggio

«Sei venuto fino a qui per questo?» il maggiore abbassò lo sguardo e scosse il capo, poi deglutì

«Me so stufato di sognarti e basta» rispose sempre a bassa voce

Simone sorrise e quella luce fioca faceva intravedere quella fossetta sul suo mento che a Manuel piaceva da impazzire

«E che sogni?»

«Eh...se voi te lo faccio vedè» rispose avvicinandosi sempre di più, i loro nasi si sfiorarono, c'era un silenzio assoluto ma i battiti dei loro cuori si sentivano anche senza uno stetoscopio, in quella penombra i loro occhi comunque si trovarono, un millimetro di distanza, un sorriso lieve e le loro bocche si toccarono, era sempre come se fosse la prima volta per loro, sempre quell'adrenalina, quel formicolio che partiva dalle mani per poi pervadere tutto il corpo, le loro labbra si mordevano, leccavano. Manuel abbassò i pantaloni del pigiama di Simone, si abbassò e iniziò lasciando baci lievi prima sulla pancia, poi sul pube, inguine ed infine arrivò alla sua erezione, non alzò gli occhi, un po' si vergognava, non aveva mai fatto una cosa del genere e dal canto suo a Simone nessuno l'aveva fatto mai a lui, ne Laura, ne Mimmo, Kevin ci aveva provato ma Simone non poteva ricordarlo, Manuel era il primo ed era così felice che fosse cosi. Il maggiore non l'avrebbe mai neanche immaginato di arrivare a fare del sesso orale ad un ragazzo, ma era una di quelle cose che sognava spesso, e gli aveva promesso che glielo avrebbe mostrato. Fu meglio che nei suoi sogni, sentiva Simone tremare sotto le sue mani, ansimava, il suo bacino dava il ritmo alla bocca,

Manuel tolse la tuta e si ritrovò a cavalcioni sull'altro ragazzo, si guardarono intensamente, con gli occhi stretti e pieni di desiderio

«Non è giusto» sussurrò Simone

«Non è manco sbagliato»

«E cos'è?»

«è Sentito»

anche il bacio che susseguì fu sentito, anche i graffi sulla schiena, i gemiti soffocati, Manuel si fece spazio dentro Simone che sussurrò nel suo orecchio

«Ti sento» poi morse il lobo, a quel contatto il maggiore strinse ancora di più le sue gambe al bacino dell'amico, le spinte si fecero sempre più profonde, veloci fino a che si guardarono, anche Manuel sussurrò

«Ti sento» e insieme raggiunsero l'apice, raggiunsero il piacere estremo, era meglio dei sogni continuava a pensare il riccio romano.

Si staccarono, si stesero sul letto, Simone aveva poggiato la testa sulla pancia dell'altro ragazzo che se ne stava zitto a guardare il soffitto

«Adesso sai che ci vorrebbe?»

«Cosa?» rispose Simone

«Una Ninna canna» disse alzandosi e tirando fuori dalla tasca un piccolo pacchettino con dell'erba dentro, era ancora nudo e a Simone venne spontaneo ridere

«Che te ridi?»

in risposta fece spallucce e scosse la testa, la verità è che rideva perché era felice, rideva perché non era scappato.

Si trovarono fuori al piccolo balcone della camera a fumare, Simone non poteva far meno di guardarlo, lo osservava, scrutava.

Non avevano il coraggio di parlare di quella situazione. Le prime luci del sole cominciarono a filtrare attraverso le nuvole, l'aria era fresca

«So stato bravo?» chiese improvvisamente Manuel riferendosi al momento intimo di prima, Simone ci mise un po' a capire a cosa si riferisse, poi quando percepì a cosa fosse riferito, arrossì e si limitò ad annuire

«Guarda che me tocca fà» disse Manuel

«Come se ti dispiacesse»

«Non me dispiace ma me spaventa»

«Lo capisco bene»

Simone lo capiva veramente, perché era stato il primo ad avere paura ad ammettere a se stesso e agli altri di essere Gay, non che ci fosse qualcosa di male, ma spaventava, spaventava il giudizio della gente, gli sguardi, le frecciatine, i giudizi.

Un altra nube di fumo uscì dalla bocca di Manuel, la soffiò sulle labbra del minore, poi un altro tiro ed un altro soffio ancora più vicino, Simone aprì la bocca e accolse il fumo, Manuel gli lasciò un bacio sull'angolo delle labbra

«Buona notte Balè» si allontanò ed uscì dalla stanza. Lasciando Simone ad osservare quei colori avvolgere il cielo, respirò l'aria fresca e quando fu di nuovo a letto respirò le lenzuola che sapevano ancora di lui.

Mimmo si trovava in cucina, stava bevendo un bicchiere d'acqua , non aveva acceso la luce, vide Manuel uscire in modo silenzioso dalla casa, rimase immobile, amareggiato e ferito.

Bastava - SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora