Briciole

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Simone fissava quella scritta su quel banco, non aveva idea di chi potesse essere stato, era entrato da poco in classe e quella parola gli rimbombava in testa come se fosse un promemoria "Froci", come se non fosse abbastanza avevano aggiunto un cuore ed uno scarabocchio che avrebbe dovuto rappresentare un simbolo fallico, ma pensò che neanche un bambino di cinque anni lo avrebbe disegnato cosi, si guardò in torno a lui per vedere se qualcun altro lo avesse notato, non vedendo nessuno poggiò lo zaino sul banco per coprire quell'opera d'arte ed uscì dalla classe.

Si trovò di fronte il bidello

«Egidio Buongiorno, senti c'è un po' di alcol?»

«Regazzì già voi beve de prima mattina?»

l'uomo aveva voglia di scherzare al contrario di Simone che non ne aveva proprio la capacità in quel momento, il bidello aprì il cassetto della cattedra di fronte a lui e gli passò una bottiglia con del liquido rosato all'interno, Simone lo ringraziò prendendo un pezzo di carta dal rotolo che si trovava su quella scrivania e tornò in classe. Quando entrò in classe la professoressa Girolami ancora non era arrivata, tutti i suoi compagni erano seduti a chiacchierare quindi nessuno fece caso a quello che aveva in mano, nessuno tranne Manuel che osservò ogni suo passo, ogni suo movimento, si alzò quando lo vide intento a strofinare quel banco.

Manuel lesse solo tre lettere, perché le altre due già erano state eliminate, nonostante la discussione che avevano avuto il giorno prima, avrebbe voluto abbracciarlo ma si limitò a piantonare i suoi occhi in quelli dell'altro ragazzo, che accolse lo sguardo. Manuel poi fece qualcosa di inaspettato, prese un pennarello nero dal suo astuccio, sul quel pezzo di legno era rimasta solo la lettera F, affianco scrisse altre quattro lettere fino a formare la parola Forte. Un gesto insensato forse , ma a Simone bastò per farlo sorridere ed annuire, gli bastò per farlo rasserenare, perché ogni gesto che Manuel faceva era importante per lui, gli bastavano le briciole pensò, anche se c'era qualcuno disposto a dargli molto di più, lui continuava a raccogliere le briciole.

Entrò la professoressa e i due ragazzi si misero al loro posto

«Tutto bene?» la voce di Viola arrivò alle orecchie del fratello come un suono ovattato, il respirò gli manco, poi tornò, poi di nuovo se ne andò, il petto gli faceva male, stava sudando freddo, annuì e chiese il permesso di andare in bagno, a passo svelto uscì dall'aula, non riusciva a respirare, si diresse verso il bagno , ma non riusciva neanche a tenere il controllo dei passi, quindi si accasciò, si ritrovò seduto sui gradini di quelle scale che aveva percorso mille volte

«Oh che c' hai?»

Luna si trovava di fronte a lui. Manuel non rispondeva sentiva come se l'aria a disposizione fosse finita

«Respira, ispira, penso sia n'attacco di panico» la ragazza si mise vicino a lui, respirarono insieme, Manuel ancora si sentiva svenire

«Dai respira con me» lo incitava la ragazza «So sicura che è questo, io ne soffro»

il riccio la guardò, sentiva di nuovo l'aria entrare nei suoi polmoni, la stretta che sentiva alla gola era scomparsa, gli era rimasto solo un senso di vuoto nello stomaco

«Ce sto» affermò il ragazzo «Te vengono spesso?» chiese ancora

«Da quella sera, da quando quelli ci hanno provato, mi è successo spesso»

«Me sembrava de morì»

«eh purtroppo stai ancora qua» ironizzò Luna «è per Mimmo?»

«Mimmo?»

«Quel giorno mi hai confessato di essere geloso del cugino di Laura, adesso che Simone sta con Mimmo..» lasciò la frase in sospeso

«No, va bene, Simone merita qualcuno che lo rende felice»

«Si, ma a te rende felice lui»

«Lù è difficile da accettà»

«Che la felicità?» chiese Luna facendo finta di non capire, ma con quella frase fece riflettere Manuel, se accettarsi voleva dire essere felici, se accettarsi voleva significare essere liberi, se accettarsi voleva dire non avere più quegli attacchi di panico, forse avrebbe dovuto farlo.

L'ultima ora fù seguita da Manuel con grande attenzione

«Ragazzi La felicità consiste nell'incremento delle proprie potenzialità, la gloria della vittoria, come diceva Nietzsche, e per raggiungerla è necessario conoscere noi stessi, le nostre abilità. Come dicevano i grandi filosofi classici la felicità è la virtù.»

quella lezione gli sembrava che Dante l'avesse già fatta, ma comunque gli piaceva la filosofia, gli piaceva cercare di capire le persone, tutti meno che se stesso. Chissà se per i filosofi era lo stesso.

Simone mandò un messaggio a Manuel durante la lezione

"Che ti è successo prima?"

il minore lo aveva notato, aveva notato il colorito sul volto di Manuel, aveva notato il suo sguardo diverso quasi assente, aveva anche chiesto alla professoressa il permesso di andare in bagno ma gli era stato negato, il volto di Manuel si abbasso sul cellulare che teneva sotto il banco

"Ho avuto un attacco di panico"

"Ne vuoi parlare dopo?"

"Vieni da me?"

Simone non potè fare a meno di sorridere, non ci fu bisogno di un messaggio ma bastò un cenno con la testa.

Suonò la campanella, i due ragazzi tornarono nella grande casa del padre di Manuel, quando entrarono in casa c'era Anita intenta a leggere dei fogli

«Ciao Mà»

«Ciao» Salutò anche Simone

«O ciao ragazzi»

«Noi andiamo in camera mia che dobbiamo studiare»

«Ve vorrei proprio vedè» rispose la madre

Andarono nella stanza in cui dormiva Manuel, era grande, le pareti erano Verdi pastello, il letto era matrimoniale, una grande libreria vuota occupava metà parete, Manuel buttò per terra lo zaino vicino all'armadio , mentre Simone lo posò insieme al cappotto sopra una piccola poltrona verde scuro posizionata sotto la finestra, si sedettero entrambi sul letto, uno vicino all'altro con le ginocchia che si sfioravano

«Me dispiace per ieri, hai ragione non ne ho il diritto.»

i loro occhi si mischiarono, come accadeva ogni volta che si trovavano vicini

«Te fa male?» continuò il maggiore toccando l'ematoma che aveva sotto l'occhio, Simone deglutì

«Un pò» Manuel posò un lieve bacio su quel livido, il minore però con uno scatto si alzò e si poggiò sulla libreria vuota

«Ti devo regalare qualche libro» disse poi indicandola

il maggiore aveva la mandibola serrata, gli aveva fatto male il fatto che si fosse allontanato, quindi non si arrese si avvicinò, Simone non poteva indietreggiare, era in trappola, osservava l'amico avvicinarsi sempre di più

«Dobbiamo parlare» disse con la voce tremolante il più piccolo

«Sicuro?» rispose l'altro vicino l'orecchio dell'altro ragazzo, lo sussurrò e poi morse il lobo, l'alito caldo fece partire dei brividi per tutto il corpo di Simone che non ce la fece più, perché con lui gli risultava impossibile trattenersi, prese il suo viso tra le mani si fermò per guardarlo dritto negli occhi

«Ti odio» disse facendolo sorridere, lo odiava perché non era giusto per Mimmo, lo odiava perché lui voleva di più, lo odiava perché era grazie a lui che aveva capito di essere Gay, lo odiava perché ogni volta che provava ad essere razionale non ci riusciva mai. 

Bastava - SimuelWhere stories live. Discover now