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Beh, che dire se non “sono un cazzo di genio”.

Quando gli aveva suggerito di andare a dormire nel letto di suo fratello, dal momento che lui se lo stava mangiando con gli occhi, non credeva Asahi lo avrebbe preso sul serio.

Di sicuro non pensava Chiasa avrebbe avuto le palle di chiederglielo esplicitamente e tantomeno Asahi di accettare.

E invece era successo proprio quello.
Era sceso per chiedergli scusa e lo aveva trovato che parlottava allegro con suo fratello e lungi da lui interrompere l’idillio dei piccioncini.

Così, quella notte, l’aveva passata sveglio, a cercare di cogliere ogni minimo rumore proveniente dalla stanza in cui quei due tutto immaginava stessero facendo tranne dormire.

Non che fossero fatti suoi, ci mancherebbe altro, potevano fare ciò che volevano, ma sarebbe stato imbarazzante il giorno dopo, come potevano essere tanto egoisti?
Oh no, assolutamente no.

Si rifiutava di uscire dal suo letto e assistere a quel deragliamento che sarebbe stata la colazione.
A meno che…poteva renderla molto più divertente.

Finalmente aveva il modo di mettere in ridicolo il suo perfetto fratellone.
Era un’opportunità che non poteva farsi scappare.

♤♤♤

Perché si comportavano come se non fosse successo niente?
Yuuta li fissava, ingurgitando cibo e rimpinzandosi come un pozzo senza fondo mentre quei due parlottavano allegramente con il resto della famiglia.

Che davvero non fosse successo niente? Che avessero solo dormito?
Ma no, era ridicolo, aveva notato il modo in cui Chiasa aveva guardato Asahi nei giorni precedenti, se Yuuta fosse stato al posto suo gli sarebbe saltato addosso senza pensarci due volte.

Scosse forte la testa, quasi strozzandosi, consolandosi che se fosse morto soffocato almeno quei pensieri sarebbero terminati.
Cosa diavolo andava farneticando.
Si sentì dare una forte pacca sulla schiena, una manona grande e calda che si apriva sulle sue scapole e un brivido che gli percorreva tutta la schiena.

«Guarda l’uccellino, guarda l’uccellino», lo schernì Asahi mentre gli andava l’ennesimo boccone di traverso.
«Ti odio», gli disse solo, alzandosi dal tavolo e portando i suoi piatti sporchi nel lavello.
«Cos- Che ho fatto adesso?!», domandò confuso l’altro, seguendolo con lo sguardo.

Yuuta non gli rispose e uscì dalla stanza.

«La prossima volta ti lascerò morire di asfissia!», gli gridò dietro.
Yuuta lo mandò a quel paese e andò verso il vecchio capanno che era stato il suo primo studio quando era piccolo.

Appena entrò una zaffata di colori ad olio e tempere lo travolse, riportandolo indietro con i ricordi.
I suoi genitori non avevano toccato nulla, avevano giusto dato una spolverata.

Si mise ad aprire cassetti e portaoggetti che sua madre gli aveva costruito con il legno per riporre pennelli e colori, e alla fine trovò ciò che stava cercando: il suo vecchio camice.

Gli stava piccolo adesso e le alcune macchie erano state impossibili da levare, se lo portò al viso, inspirando a fondo e strusciando il tessuto morbido contro la guancia.
Prese un pezzo di legno e ci passò sopra uno strato di bianco, poi iniziò a dipingere.

Per lui le vacanze erano un pensiero molto astratto con l’avvicinarsi della mostra d’arte.
Il suo professore glielo aveva ricordato più volte che il numero di opere non era sufficiente e che doveva darsi una mossa.
Ma tutto ciò a cui riusciva a pensare era la notte scorsa.
Se fosse stato a casa si sarebbe vendicato, portando uno sconosciuto nel suo appartamento e divertendosi a spese del riposo di Asahi, ma sfortunatamente non erano a Tokyo.
Non sapeva che pesci pigliare, forse doveva solo andare da Chiasa e chiedergli “allora, com’è a letto Satou-san?”, con quale coraggio non ne aveva idea.

Raspberry Paradox [boyxboy]Where stories live. Discover now