Prologo

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China su uno dei suoi libri, Artemisia si godeva il sole tiepido della primavera e la leggera brezza che le scompigliava i boccoli biondi. Seduta sul prato, sfogliava le pagine con pigrizia. Stare all'aperto, nel giardino intorno a casa, la metteva di buonumore.

Si distese sull'erba a osservare le nuvole bianche sospinte dal vento e si domandò come sarebbe stato vedere il mondo da lassù. Percorrere miglia e miglia, osservare le persone muoversi e vivere le loro vite. Socchiuse gli occhi, immaginando di essere al posto di quelle nuvole e vide sé stessa come un puntino bianco disteso nell'erba.

Quasi non si rese conto del rumore di passi in avvicinamento, finché non sentì più il caldo del sole sul viso. Pensò che il cielo si fosse oscurato, ma non fece in tempo ad aprire gli occhi che udì una voce conosciuta. «Signorina Artemisia! State bene?»

Controvoglia, aprì gli occhi e rispose al giovane che aveva di fronte. «Signor Weston, buongiorno.» Si tolse qualche filo d'erba dai capelli. «Sì, sto bene. Stavo solo riposando un po' al sole.»

La salutò togliendosi il cappello e le porse una mano per aiutarla ad alzarsi. «Sono passato per chiedervi di fare una passeggiata insieme.» La sua bocca si incurvò in un sorriso, ma l'espressione rimase seria.

Artemisia guardava il suo interlocutore con occhi spenti, consapevole di quello che sarebbe successo di lì a breve. «Certo, volentieri.»

Lui le porse il braccio e si incamminarono insieme lungo il vialetto che costeggiava la casa. Percorsero almeno un isolato senza rivolgersi parola, se non per commentare quanto fosse bello il tempo quel pomeriggio. Artemisia si tormentava le ciocche di capelli, nervosa. Temeva l'arrivo di quel momento, lo temeva ogni volta, e i suoi sospetti ebbero conferma nelle parole di lui.

«In realtà devo essere sincero con voi, oggi non sono venuto qui per una semplice passeggiata.» Il signor Weston si fermò di colpo, girandosi verso di lei. «Sono qui perché devo farvi una domanda importante.»

Artemisia sentiva le gambe molli, mentre lui frugava in tasca in cerca di qualcosa. Teneva lo sguardo fisso su di lei e si illuminò quando finalmente ebbe trovato ciò che cercava.

Una graziosa scatolina di velluto rosso, che in mano a quel giovane poteva significare una cosa sola.

«Come saprete già, sto per ereditare tutto il patrimonio della mia famiglia.» Prese la mano di Artemisia nella sua, prima di proseguire, e si inginocchiò. «Al mio fianco ho bisogno di una donna come voi, che possa rendermi un marito felice. Mi avete conquistato con la vostra bellezza, Artemisia. I vostri occhi azzurri come il cielo mi rapiscono ogni volta. Ho già il consenso di vostro padre, quindi ora non mi resta che...»

«No!» Artemisia si mise una mano davanti alla bocca, scioccata dalla sua stessa irruenza.

Il signor Weston spalancò gli occhi per lo stupore e la fissò stupito. «Ma... non capisco...»

Artemisia provava pena per lui, che aveva visto in lei una moglie bella e nient'altro.

«Purtroppo non posso sposarvi, mi dispiace.»

Lui era ancora incredulo, ma lo stupore stava già lasciando posto alla rabbia. «Come sarebbe a dire che non potete?» Si rialzò in fretta e mise via la scatolina, turbato. «Avete già rifiutato altri pretendenti, ormai nessuno viene più a farvi la corte!» Le parole gli uscirono con tono adirato, mentre le mani si muovevano con fare nervoso. «Dovreste accettare la proposta dell'ultimo gentiluomo disposto a prendervi in moglie!»

Artemisia cercava di trattenersi, ma di fronte a quella supponenza non riuscì a stare zitta. «Non vi sposerò solo perché siete ricco! E se chiedermi in moglie vi pesa così tanto, allora forse vi ho fatto un favore rifiutandovi!»

Il rintocco della mezzanotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora