Ventiseiesima tappa

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Poca energia gli restava in corpo. E più il tempo passava meno forze lui aveva. Restò nella bufera altre tre ore, avanzando sempre dritto, in quel suo viaggio senza né meta  né direzione. E ora portava davvero le sembianze di un morto diseppellito e messo in piedi con un qualche arcano sortilegio.
Le pupille gli si erano spente, perse nel baratro. Non vedeva più, nemmeno il giaccio sotto di sé . Ma i polpacci continuavano meccanicamente a farlo camminare. Prima alzava un piede, poi lo portava avanti, ed ecco che lo abbassava, barcollando di quando in quando. E così ancora. E ancora, incessantemente.
Tremava e batteva i denti, annaspando nel buio.
Finché non inciampò e cadde sulle ginocchia.

Mentre tentava di rialzarsi il vento lo vinse e lo buttò a terra.
Stava per chiudere gli occhi, perduto e dimenticato, in quella notte perenne.
Era disteso sul ghiaccio, vittima inerme di fronte alla forza di un bioma indomabile, sopraffatto un'altra volta. L'ennesima volta. E lui pensava fosse anche l'ultima. Di lottare per la sua vita non era più in grado. Quindi lasciò scendere le palpebre, a coprigli le sclere irrorate dal sangue. Si era arreso, finalmente, a quel suo carnefice con cui prima parlava.

Ma si sentì chiamare. E riaccese lo sguardo. C'era qualcuno, lì di fronte. Dunque, ardendo di speranza, si disse ancora: - Là ci può essere il mio angelo custode come può esserci anche Lucifero incarnato e fatto uomo. - Ed era davvero una fioca speranza che parlava. Lì, abbracciati in un gelo tanto torrido da ricordare le fiamme infernali, davvero in pochi si sarebbero aspettati di poter ritrovare la propria guida. 
Ma la speranza del viaggiatore non sbagliava, sebbene neppure lui le volesse dare retta.

- Alzati! Eddai, dormiglione, svegliati! Alzati in piedi!
- Chi è? Chi sei?
- Ma quindi sei ancora vivo! E allora sù! Alzati sulle tue gambe! -

E le gambe del viaggiatore eseguirono, come muovendosi da sole.

- Bravo! Ora cammina! -

E l'uomo ricordò come camminare, pur zoppicando, ma obbedì al volere di quella strana voce senza un corpo. Ma ancora non si figurava con chi stesse dialogando.

- Chi sei? Chi cazzo sei? Se la mia vita è quello che vuoi, allora prendila! E se invece hai voglia di giocare con un moribondo, va' e gettati nel mare!- Abbaiò con voce stridula, nel vuoto, il pover'uomo.

- Ma come parli? Ma cosa dici? Io voglio aiutarti.
- Se questo è quanto desideri, allora fallo!
- E secondo te cosa starei facendo?
- Non lo so. Non so nemmeno dove mi trovo. Forse non so neanche più chi sono. E allora ti prego, fa che almeno una cosa la comprenda e dimmi, come ti chiami?
- Ma davvero non mi riconosci?
- Ti pare che sprecherei fiato e forze per chiedere con chi parlo a qualcuno che conosco? Nemmeno riesco a vederti!
- Poveri noi, sei conciato peggio di quanto pensassi. Sono io, Anna!
- Anna?
- Sì! Non vorrai dirmi anche non ti ricordi me?
- E come potrei? Certo che ricordo, tesoro mio. Ma che ci fai tu qua?
- Questo non ti interessa. Ti importa solo che sono qui, per tirarti fuori dal casino che hai combinato. Intesi?
- Sì.
- Bene, allora!
- Che poi, io non ho combinato alcun casino.
- Sì, sì, come no? Queste balle raccontale a te stesso.
- Ma quali balle?
- E allora dimmi, ti sembra una cosa assennata partire e andare via a quel modo? Poi con gente che neppure conosci.
- È vero, non li conoscevo! Ma erano brave persone e in ogni caso me la sono cavata, no?
- Se ti trovi qui, in questo stato, direi decisamente di no.
- Beh, se lo dici tu, forse sarà vero.
- Certo che è vero! -

E il viaggiatore scoppiò in una fragorosa e rumorosa risata, che rimbombò sulla neve, nel buio glaciale in cui era immerso. Ma, nel frattempo che rideva, si mise a piangere. E così tanto che nel giro di qualche secondo aveva già il volto tutto bagnato.

- Fermati! Così finirai per disidratarti! E ti si congeleranno le guance.
- Capirai. Ormai mi sono quasi assiderato.
- Almeno te ne rendi conto! Ma ti sembra normale scoppiare a piangere così? Non sei mica un bambino, sai? Poi qui, nel bel mezzo di una situazione così disperata e disastrata. Cos'hai da piangere? Non è proprio da te avere così tanta paura della morte.
- Macché! Non temo la morte. Non la temevo prima, figurarsi mo' che ti ho incontrata, tesoro mio. Piango solo perché sono così contento di rivederti che non mi tengo più la pelle indosso.
- Bene! Allora, se ci tieni alla tua vita quanto ci tengo io, continua a camminare .
- D'accordo, Anna. -

Il viaggioWhere stories live. Discover now