XVIII. Chi eravamo

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Dieci secoli prima

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Dieci secoli prima...

Chara aprì gli occhi e rimase immobile a osservare il paesaggio circostante. Solo un attimo fa aveva sentito una voce mistica chiamarla, avvolgerla con un calore sconosciuto ma piacevole, invitandola a far parte di un qualcosa di inimmaginabile, di un qualcosa di più grande di lei. Senza sapere neanche perché, istintivamente aveva risposto a quella voce con un flebile , e ora eccola qua, risvegliata in un luogo mai visto prima.

Indossava una veste lunga e scollata, quasi trasparente. La seta scivolava sul suo corpo esile e pallido, mentre i ricami dorati e le gemme preziose adornavano l'abito. Sentiva i brividi correrle lungo le braccia nude, ma non a causa del freddo. La bellezza del luogo in cui si trovava l'aveva incantata, e pensò di non aver mai visto nulla di così maestoso. In confronto, Sparta appariva scialba e anonima, con le case in pietra e mattoni, con le strade strette e tortuose che si snodavano attraverso il centro urbano. Persino la reggia in cui viveva Chara con la sua famiglia, benché enorme e architettonicamente complessa e affascinante, non era paragonabile. La sua Sparta non aveva la stessa luce di questo luogo, né lo stesso profumo di fiori. Gli alberi non erano così verdi e splendenti, i prati non erano egualmente curati e freschi.

Chara si slacciò i sandali e affondò i piccoli piedi tra i fili d'erba. Le sembrava di camminare su un soffice tappeto, mentre la rugiada solleticava la sua pelle, rinfrescandola. Iniziò a correre lungo il prato, sentendosi leggera, in pace. Accantonò le mille domande che si facevano spazio nella sua mente, come ad esempio dove era capitata, che tipo di luogo era quello, di chi era la voce che le aveva parlato?

Nulla di ciò le importava, a dire il vero. Pensò che si trattasse di un semplice sogno, ed era un peccato non viverlo appieno. Continuò a correre lungo il prato, fermandosi ad accarezzare gli imponenti arbusti che si stagliavano contro il cielo blu. Soffiava una leggera brezza che accarezzava la natura, diffondendo un profumo dolce nell'aria, e in lontananza si sentiva un flebile fruscio dell'acqua. Chara pensò che forse più in là ci fosse un ruscello, così si mise in cammino, non preoccupandosi di sporcare i piedi con il terriccio umido.

Più camminava e più s'innamorava del posto. Il cielo cambiava colore continuamente, passando dal blu al viola, poi dal viola al rosso, e poi ancora dal bianco all'azzurro. La pace che riusciva a percepire era indescrivibile. Era il tipo di sensazione che aveva sempre sognato di provare, ma che a Sparta era difficile da ottenere. Certo, ormai la sua città non era più protagonista di vere e proprie guerre politico-militari come lo era stata durante l'antichità, ma la regione del Peloponneso, di cui Sparta faceva parte, era ancora teatro di conflitti tra vari gruppi e potenze locali, come le guerre bizantino-arabe.

La famiglia di Chara era di sangue nobile, e soprattutto apparteneva a una lunga generazione di guerrieri valorosi che avevano contribuito a rendere Sparta una città-stato potente, con un ricco patrimonio storico e culturale. Spesso le pesava essere nata in questa famiglia, a cui doveva costantemente dimostrare qualcosa. Chara non si era mai sentita parte integrante della casa in cui viveva, aveva sempre pensato di essere diversa, soprattutto da sua sorella Cassandra.

La Danza Dei GuardianiWhere stories live. Discover now