Le Miniere di Moria

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    -Per di qua, statemi dietro!- Esclamò Thorin Elminpietra, per quanto fosse possibile esclamare sussurrando. Nel silenzio assordante del sottosuolo però, la sua voce rotolò sulle pareti di pietra come un maldestro scrosciare di sassi, perdendosi in un bisbiglio lontano laddove la luce delle torce non riusciva a giungere: -So orientarmi in questi sentieri come un pipistrello nella sua grotta.- Continuò, facendo segno ai compagni con fare esperto.
Glorfindel, intento a studiare la mappa di Gandalf con cipiglio irritato, sollevò gli occhi al cielo: -Fermati, Re sotto la Montagna. La mappa dice che dobbiamo andare a destra, non in quella direzione.- Thorin agitò una mano, ignorando i sussurri scocciati del Portatore del Messaggio: -Sciocchezze, so perfettamente come arrivare al centro delle Miniere anche da solo! Mettete i piedi dove li metto io e vedrete che OHH-
Sillen allungò le braccia e strinse il nano con uno scatto repentino, sbilanciandosi all'indietro per tirarlo via dallo strapiombo oscuro apparso improvvisamente davanti a loro.
Caddero a terra in una cacofonia di gemiti doloranti e polvere scura, mentre l'esclamazione di sorpresa del Re dei Nani ancora rimbombava nelle volte nere sopra e sotto di loro. A quella scena, Glorfindel si batté una mano sulla fronte, esasperato.
-Va tutto bene, l'avevo assolutamente visto!- Affermò il nano, affrettandosi a rimettersi in piedi per aiutare la giovane, tesa e tremante a causa dello spavento appena provato.
La stella si massaggiò il fondoschiena, sospirando sonoramente per l'ennesima volta. Erano ore che continuavano a scendere in quei corridoi fatiscenti, che un tempo avevano assistito alla gloria del più grande regno dei nani, Nanosterro.
Sillen faticava a crederci: nemmeno la mente più fantasiosa avrebbe potuto ricostruire i fasti di un tempo, in luoghi tanto cupi e sinistri. La luce delle due torce a malapena bastava per rischiarare la pavimentazione, ormai sconnessa e ingombra di macerie, e la compagnia era stata costretta a tornare sui suoi passi molte volte, a causa di ponti crollati e strade bloccate.
Alla fine, seguire la mappa di Gandalf si era rivelata un'impresa quasi impossibile.
Come se non bastasse, l'udito sensibile dei due elfi aveva da tempo colto i movimenti furtivi di altre presenze, che ancora abitavano quelle profondità dimenticate. Non si erano rivelate ostili, almeno fino ad allora, ma nessuno aveva intenzione di sottovalutare un tale inconveniente, nemmeno per un istante. Le pause si erano ridotte quindi a pochi, vigili minuti di sosta sulla pietra fredda e fastidiosamente umida.
Sillen, sempre più stanca e provata da quell'infinita discesa, avvertiva l'aria pregna d'inquietudine riempirle i polmoni a fatica, mentre l'ossigeno cominciava via via a diminuire. Finì per rimpiangere l'immensità delle oscure Sale di Khazad-dûm, stretta in quei vicoli soffocanti e pericolanti che parevano perforare le viscere della terra.
Glorfindel, adesso poco davanti a loro, sollevò una mano per arrestare l'avanzata, allungando il braccio con la torcia davanti a sé: -C'è un bivio. Fermiamoci qui per un po', devo ricostruire il percorso. Credo che questo cunicolo sia parallelo a quello che avremmo dovuto prendere circa due miglia fa.-
Thranduil si sporse a sua volta, piantando gli occhi di ghiaccio nel buio: -Non riesco più ad orientarmi. Dobbiamo andare in avanscoperta.- Concluse, per nulla convinto che quella mappa ingiallita avesse ancora una qualche utilità.
Ad ogni modo, una veloce ricognizione era necessaria se non volevano incappare in brutte sorprese: non avrebbero trovato comunque l'Alfiere, fuori dal preciso percorso disegnato da Mithrandir.
Thorin si apprestò a tirar fuori le provviste, piazzando il regal deretano nel luogo più asciutto che riuscì a trovare: -Concordo! Qualcuno deve proprio andare in ricognizione, ottima idea!-
Glorfindel li squadrò per un momento, poi sollevò gli occhi al cielo, piegando la mappa con una smorfia rassegnata: -Bene! Vado io, allora.- Gettò i bagagli più pesanti vicino al nano, liberandosi da quel fardello inutile. -Cercherò di ritrovare la strada giusta e tornerò a prendervi.-
Sillen si strinse nel mantello per scacciare il freddo, troppo agitata perché potesse riposare: -Vengo con te, non è saggio allontanarsi da soli.- Thranduil si voltò di scatto, afferrandole istintivamente il braccio per trattenerla. Si pentì subito di quel gesto autoritario ma non osò lasciare la presa, sentendo l'agitazione attanagliargli il petto.
La stella puntò gli occhi d'ametista nei suoi, severa ma incredibilmente tranquilla: -Lasciami. Abbiamo già affrontato questo discorso, ricordi?- Lo anticipò, senza dargli la possibilità di lamentarsi. Giorni prima, aveva dovuto premergli una lama al collo per convincerlo di essere in grado di badare a sé stessa.
Il Re degli Elfi serrò la mascella, tentando comunque di dissuaderla: -Può andare il nano con lui, non serve che tu ti metta in pericolo.- Lei posò una mano sulla sua, che ancora le stringeva il braccio tanto da bloccarle la circolazione.
Quando era così nervoso, Thranduil nemmeno si accorgeva di quanto potesse essere forte.
Con un lieve sorriso, cercò di rassicurarlo: -Thorin è stanco, Thranduil. E io mi sentirò più sicura, sapendoti con lui.- L'elfo allentò la presa, ritrovandosi con stizza a concordare con le sue parole. Ovviamente, separandosi non avrebbe potuto fare niente per proteggerla e stava addirittura perdendo l'occasione di rimanere solo con lei.
Però aveva ragione: a conti fatti, quella divisione della piccola compagnia era senza dubbio l'opzione migliore.
Controvoglia, lasciò la stella, con un sibilo frustato: -Ho capito.-
Glorfindel guardò la scena con apparente disinteresse, stringendo la mappa nel pugno serrato. Anche se aveva ben poca voglia di portarsi dietro la giovane, scrollò le spalle con noncuranza: -Non andremo troppo avanti, tranquilli. Torneremo tra meno di mezz'ora.-
Il Sindar puntò gli occhi chiari nei suoi e l'elfo dorato storse la bocca, infastidito: non aveva bisogno di leggere tutte quelle richieste e quegli ammonimenti sottintesi. Non era certo nei suoi piani lasciare che le accadesse qualcosa.
Si voltò senza aggiungere una parola, costringendo la stella a inseguire la luce della sua torcia nel corridoio buio.
Dopo un paio di svolte, Sillen sbatté contro la schiena ampia dell'elfo, fermo contro la parete di roccia. Massaggiandosi la fronte, sollevò lo sguardo, seguendo il luccichio della lama del compagno: -Che stai facendo?- Sussurrò, anche se, prima di ogni cosa, si fidava ciecamente del Vanyar.
Lui disegnò una croce sulla pietra, il volto concentrato tra le scintille provocate dal metallo: -Segno il cammino. Orientarsi diventa sempre più difficile e devo essere sicuro di ritrovare la strada.- Ricominciò ad avanzare, silenzioso e leggero come un'ombra: -E gli altri ci troverebbero con facilità, in questo modo. Qualsiasi cosa accada.-
Sillen strinse le labbra, colpita dalla sua arguzia. Ogni volta imparava qualcosa di nuovo da quell'elfo strafottente, doveva concederglielo.
Se grazie a Thranduil aveva imparato la sconvolgente intensità dei sentimenti, con Glorfindel plasmava la propria mente, attraverso la sua millenaria esperienza. Si sentiva come un libro dalle pagine bianche, in attesa che le sicure mani dell'elfo vi tracciassero nuove storie da cui trarre quel prezioso sapere che, per sua natura, lei tanto agognava.
-Devi aver viaggiato molto, nelle tue vite. Chissà quante esperienze simili hai vissuto... Io non avrei mai pensato a questa accortezza.- Lui le sorrise da sopra la spalla, sardonico: -Mhm, imparerai. Sei su questa terra solo da qualche mese, non puoi già conoscere tutto. Nemmeno io, vecchio come il mondo, conosco tutto, sai?-
La giovane scrollò la testa, i lineamenti addolciti: -No, non ci credo. Tu sai tutto e basta. Sei l'elfo più saggio e giusto che esista, io- Non riuscì a terminare la frase che inciampò in una spaccatura del sentiero, aggrappandosi al mantello grigio dell'amico con un sussulto sorpreso. Glorfindel si fermò, senza però voltarsi verso di lei.
Era decisamente insopportabile trovarsela tanto vicino, era inevitabile. Desiderò con tutto sé stesso di ritornare nel passato, quando ancora riusciva a vedere in lei nient'altro che una sua alleata. Nient'altro che una cara amica da aiutare.
Di sottecchi, la osservò raddrizzarsi e gettare la treccia sfatta dietro alle spalle. Doveva essere stanca, anche se cercava in tutti i modi di non darlo a vedere.
Nonostante l'insofferenza che quella vicinanza forzata gli provocava, Glorfindel finse di guardare la mappa, lasciando alla ragazza il tempo di fermarsi e riprendere fiato: -Ho bisogno di qualche minuto. Andare avanti senza un piano non è saggio.- Le fece, con falsa innocenza.
Sillen annuì, appoggiandosi alla parete fredda. Il suo sguardo vagava nel buio, stanco e spento e le terribili occhiaie viola le donavano un aspetto a dir poco cadaverico. Aveva freddo, tremava come un rametto al vento e, nonostante la stanchezza, teneva quegli occhi annebbiati fissi nell'oscurità.
L'elfo, maledicendo sé stesso, non riuscì ad ignorarla che per un paio di minuti. Suo malgrado, si ritrovò al suo fianco, fingendo indifferenza. -Che cosa guardi?- Lei si voltò verso di lui, sorpresa: -C-come?- Era talmente sovrappensiero che persino una domanda semplice come quella l'aveva colta impreparata. -Cosa stai guardando, nel buio? Hai sentito dei rumori?-
Lei strinse le labbra, l'espressione smarrita al pari di un animale braccato: -Non riesco a smettere di vederla.- Sussurrò, atona.
L'elfo non ebbe bisogno di chiederle altro, il terrore che leggeva nei suoi occhi ametistini era una risposta più che sufficiente: quell'altra.
-Vedo i suoi... i miei occhi, sento i suoi passi dietro di me. Non è mai andata via, ma in questo luogo le è talmente facile nascondersi che nemmeno si preoccupa d'essere scorta.- Rabbrividì, ignorando quella sensazione angosciante che le faceva tremare le gambe: -Mi osserva. Sta aspettando che io rimanga da sola, per uccidermi.-
Scivolò con la schiena lungo la parete di pietra, tirando le ginocchia al petto: -Rivoglio il mio potere.- Concluse, con tono quasi irritato: -Non voglio essere debole. Odio temere per la mia vita e odio non essere in grado di proteggervi.- Glorfindel sospirò, piegando le ginocchia per arrivare alla sua altezza.
Allora era proprio quello il motivo per cui la stella si era chiusa in sé stessa, dopo il loro ingresso nelle Miniere: -Lo so, Sillen. Ma non puoi farci niente, quindi smettila di preoccuparti. Inoltre, noi sappiamo difenderci da soli, sai?- Le sorrise, accarezzando quei lineamenti tesi con lo sguardo: -Andiamo avanti e troviamo l'Alfiere. Così, proteggeremo i nostri amici e spazzeremo via Pallando, quell'altra e chiunque abbia l'ardire di minacciarci.-
Sillen strinse i pugni, fissando gli occhi dorati del compagno, che scintillavano sotto la luce tremolante della torcia. Aveva ragione, piangersi addosso non avrebbe portato a nulla di buono.
Guardò l'elfo alzarsi e tenderle la mano e si fece forza: anche da umana, avrebbe portato a termine il suo compito.
Fece per afferrare la mano del Vanyar con un sorriso ma, quando le loro dita si sfiorarono, una violenta scarica di energia li fece sobbalzare, lasciandoli sconvolti. Glorfindel si tirò indietro di scatto, come se si fosse bruciato e, imprecando sonoramente, cadde seduto davanti alla stella.
Sillen lo vide irrigidirsi, il respiro corto. -Glorfindel, ti senti bene?- Si avvicinò nel tentativo di aiutarlo ma lui sollevò una mano, distogliendo lo sguardo: -Rimani dove sei. Non toccarmi.- Soffiò, cercando di sopprimere la propria energia nuovamente instabile.
Era bastato un semplice tocco della stella, questa volta?
Oppure era tutto quell'autocontrollo ad averlo soffocato oltre ogni limite?
La stella sentì quelle parole taglienti ferirle l'animo e aggrottò le sopracciglia. Non era da lui parlare in quel modo: -Cosa sta succedendo?- L'elfo affondò le dita tra i capelli dorati, ignorandola.
Doveva tornare in sé e in fretta.
Erano da soli, non poteva allontanarsi da lei e, allo stesso tempo, non poteva seguire quel dannatissimo istinto che gli bruciava il sangue nelle vene. Chiuse gli occhi, dandole le spalle.
Sarebbero bastati pochi minuti per riprendere il controllo ma lei non era intenzionata a lasciarlo in pace: -Glorfindel, parlami. Che cos'hai?-
-Niente, sono stanco.- Tagliò corto, rivolto alla parete scura, il viso accarezzato dal calore della torcia riversa a terra.
Sillen si accigliò ancora di più: -Non mentire. Tiro na nin! (guardami)- Ordinò, più spaventata che arrabbiata. Vederlo in quello stato la mandava in confusione e la preoccupazione le impediva di ragionare lucidamente.
Lui respirò a fondo, pregando il cielo che quella folle situazione si esaurisse in fretta: -Sillen, ti prego. Stai zitta.- La stella trattenne il respiro, storcendo le labbra piene in un'espressione oltraggiata. Come osava dirle di stare zitta?
Cosa diamine gli stava accadendo?
Perché era così dannatamente strano?
Colta dal panico, gli afferrò il mantello, tirandolo con forza verso di sé. Glorfindel non ebbe il tempo di realizzare ciò che lei stesse facendo che si ritrovò incatenato ai suoi occhi violetti.
La stella affondò le dita nelle sue spalle irrigidite, impedendogli di allontanarsi. In quell'istante, l'energia violenta dell'elfo confluì proprio in quel punto, laddove le mani fredde di lei premevano sul suo corpo. Con una fitta dolorosa e il respiro mozzato, l'elfo si piegò in avanti, aggrappandosi alle rocce umide per non finire addosso al corpo debole della giovane. E, lentamente, la sua energia impetuosa cominciò ad abbandonarlo, entrando dentro di lei come un rivolo d'acqua limpida.
Sillen sgranò gli occhi, sconvolta, incapace di staccarsi dall'elfo, che adesso riluceva di luce propria. Senza volerlo, stava assorbendo la sua energia dorata. Sentì il proprio corpo farsi più leggero, più forte e la stanchezza lasciò il posto a una quieta vitalità risanatrice.
Aveva già provato quelle sensazioni: Glorfindel le aveva donato la sua energia in passato, senza che lei se ne rendesse conto. E lei l'aveva presa, assetata come un'esule nel deserto.
Glorfindel rabbrividì, avvertendo il vuoto del corpo davanti al suo svuotarlo da quell'eccesso che lo soffocava, permettendogli di prendere fiato. Per un secondo, si sentì sollevato. Era dalla loro partenza che non aveva più avuto occasione di donare nuova energia alla stella e lei era davvero esausta, sia fisicamente sia mentalmente: perciò, non fu sorpreso nel sentire con quanta istintiva urgenza lei desiderasse quel contatto.
Piuttosto, il Vanyar era colpito dalla facilità con cui la propria, divina energia si era abbandonata a lei, priva di ogni ragionevole resistenza: evidentemente, essa aveva compreso la sua intima volontà ancor prima di lui.
Non passò che qualche minuto, poi i due si staccarono, allontanandosi di colpo.
Si fissarono negli occhi a lungo, ansimanti. -Perché non me l'hai detto?- Sussurrò lei, stringendosi il mantello addosso, improvvisamente consapevole del tremore che le scuoteva il corpo. -Avresti accettato?- A quelle parole misurate, la stella sentì la rabbia montarle nel petto: -No.- Ringhiò, offesa. Tra un respiro e l'altro, l'elfo dorato sorrise, mesto: -Ovviamente.-
-Smettila! Questo è scorretto! Non voglio derubarti così, non ho il diritto di farlo.- L'altro piegò la testa, inchiodandola al suolo con il suo sguardo dorato, liquido e carezzevole: -Il diritto... Tu non sai come funziona la nostra energia divina, vero?- L'espressione titubante della stella confermò i suoi dubbi.
Scosse la testa, tirando indietro la chioma dorata: -Non è questione di esserne degni o meno. Io ho scelto di donarti un po' del mio potere, perché è l'unico modo che possiedo per curarti. Le medicine non sarebbero bastate a salvarti, dopo la battaglia. Perché sei una stella, non potrai mai essere solo umana, non hai semplicemente bisogno di guarire da una ferita fisica. Il tuo corpo ora è come un guscio, vuoto e freddo ed è normale che cerchi energia per rinforzarsi.- Si massaggiò il petto, lievemente dolorante: -Certo, nessun potere può eguagliare quello che hai perso... ma il mio è il più simile esistente su questa terra. Perciò siamo così compatibili, sai?-
Gli occhi della stella si riempirono di lacrime: -Ma io non voglio farti male.- Glorfindel si costrinse ad ignorare tutti quegli impulsi che minacciavano di farlo avvicinare a lei, mentre quel tono sofferente gli dilaniava i sensi: -Non fa male. Anzi, è piuttosto piacevole. Soprattutto quando io sono... in sovraccarico di energia.- Si raddrizzò, inquieto.
Che cosa avrebbe dovuto dirle?
Che era profondamente soddisfatto?
Che ciò che avevano appena condiviso era forse la più intima e soverchiante dimostrazione d'affetto che una creatura come lui potesse sostenere? Non era certo una cosa semplice da spiegare, soprattutto perché, a conti fatti, suonava decisamente troppo ambigua per giustificarla con qualche stupida scusa.
E lei non doveva assolutamente sapere ciò che il suo antico spirito immortale stava provando. -Ascoltami. Quello che è successo non è grave. Io sto benissimo, la mia energia si rigenera continuamente. Mi hai solo aiutato a stare meglio. E io ho aiutato te. Fine del discorso.-
Sillen strinse le labbra piene, guardandosi le mani: -Tu...- Sollevò lo sguardo su di lui, tremante: -Una parte di te è dentro di me, mi permette di avere la forza per sostenere questo viaggio. Come posso accettarlo quando non ho più niente da donarti in cambio?- Glorfindel trattenne il respiro.
Era vero, lei non aveva più nulla da dargli.
Nulla che lui volesse. Quello che voleva non era mai stato suo, nemmeno per un istante, perché, tempo addietro, lei l'aveva ceduto a qualcun altro.
Si alzò in piedi, prendendo nuovamente la torcia tra le mani:
-Troviamo l'Alfiere. Avremo tempo per discuterne, una volta usciti da qui.- Concluse, la voce improvvisamente fredda, il tono distaccato.
Si avviò nel corridoio, il passo suo malgrado lento, per permettere alla stella di alzarsi a sua volta e stargli vicino. Nemmeno si rese conto di aver serrato i pugni, tanto da ferirsi il palmo con le unghie pallide.
Voleva andarsene.
Doveva trovare l'Alfiere e vincere la guerra, si disse.
Doveva diventare più forte, più potente: solo allora sarebbe potuto scappare per sempre da quel grande, enorme, insostenibile problema.
Poche svolte dopo, sollevò il braccio per fermare la stella, fissando davanti a sé. Un grande vuoto si apriva sopra e sotto di loro e, poco più in alto, un ponte sottile e spezzato si ergeva nel buio: il ponte di Durin.
Con voce calma, fendette il silenzio assordante di quei reconditi luoghi: -Questo è il ponte che Gandalf il Grigio spezzò più di trent'anni fa.- Lo sguardo della stella corse in basso, laddove il terribile Blog aveva trascinato l'Istar in quella tragica occasione. Finalmente avevano raggiunto il camminamento indicato nella sua vecchia mappa. Infatti, alla loro destra, una piccola e ripida scala andava tuffandosi nell'oscurità, giù, nel cuore della Terra di Mezzo.
Sillen sentì la nuca pizzicare lievemente, quasi una mano gelida l'avesse sfiorata: non sentiva le voci premonitrici che l'avevano accompagnata dopo la sua caduta, eppure comprese -senza alcun dubbio- cosa quella sensazione volesse dire.
Laggiù, da qualche parte, dimorava chi l'aveva così insistentemente chiamata.
L'Alfiere del Cielo era ormai vicino.

La Stella dei ValarWhere stories live. Discover now