𝐈.

83 6 22
                                    

Foresta tropicale del Karrash, nei dintorni del villaggio di Uzza'ka

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Foresta tropicale del Karrash, nei dintorni del villaggio di Uzza'ka. Due leghe a Nord di Skull Bay. 

«Ahoy!»

Il guerriero solleva lo sguardo, verso la chioma del ficus.

«Ahoy! Dov'è il bottino?»

C'è un ara macao, su quel ramo. Sempre lo stesso ara macao, con il suo piumaggio rosso, giallo e blu, che ripete sempre la stessa frase, ogni volta che qualcuno ci passa al di sotto.

«Ahoy! Dov'è il bottino? Dov'è il bottino?»

Vaelor si scaccia i moscerini dal viso sudato.

Gli zoccoli di Manto di Pece fanno crocchiare i rovi che sbucano dal terreno. A ogni suo passo, un nuovo nugolo d'insetti si alza in volo dalle piante smosse, per unirsi a quelli già presenti nella parte bassa del sottobosco. I suoi stinchi, adornati da una peluria chiara, sono imbrattati fino al ginocchio dagli schizzi della poltiglia argillosa che borda da ambo i lati lo stretto emissario del Dulùg.

La sua andatura è sempre più lenta e spossata, man mano che avanza in senso inverso rispetto a quello del corso dell'acqua. Non c'è da biasimarlo: quando Vaelor ha scelto di abbandonare il sentiero tracciato e di procedere nel fitto della giungla, era consapevole che avrebbe fatto faticare la bestia, a prescindere da quanto breve fosse il tragitto.

L'umano tiene le redini con una sola mano. Con l'altra, sollevata a mezz'aria, sorregge la mappa sgualcita, piegata in otto riquadri, su cui è segnato il percorso a partire dalla baia. Le luci calde del pomeriggio inoltrato, che filtrano in diagonale dalle cime degli alberi, illuminano a chiazze la pergamena ingiallita. L'afa umida, di concerto con le sue dita sudate, ha fatto sbavare un poco l'inchiostro, ma Vaelor non ha alcuna difficoltà a interpretare la calligrafia. Stanno procedendo verso Nord. Tra poco, dovrebbero essere a destinazione.

«Ci siamo.» A un tratto, punta il dito di fronte a sé. Tra le foglie, più avanti, si riesce a intravede il bagliore di una superficie argentea, quasi immobile, che riflette la luce del cielo. «Quello è il Dulùg. Siamo nel posto giusto, amico mio» sussurra a Manto di Pece.

Sulle sponde del lago circolare – dulùg è il nome di un'antica moneta del posto, o così dicono – dovrebbe esserci l'entrata della grotta. A meno che Rascall non gli abbia raccontato fandonie, pur di essere pagato. 

Vaelor ripone la mappa nell'astuccio di pelle che ricade sul fianco di Manto di Pece; si china sulla sua criniera canuta, e stringe le dita attorno alla cinghia. «Procediamo riparati, ora. Finché non vediamo qualcosa.»

Manto di Pece, quasi potesse comprendere il suo linguaggio, prende a respirare più piano, a muovere le zampe con maggiore cautela, attento a non fare rumore; e, sulla sua schiena, gli occhi scuri di Vaelor puntano oltre l'ultima fila di tronchi di renaco. Manca meno di un'ora al tramonto. Il Sole è basso sopra le vette del Maug, e i suoi ultimi raggi proiettano lunghe ombre lunghe, sulla parete di roccia che si solleva a una decina di metri dalla riva opposta. 

Alla ricerca di DenvarDove le storie prendono vita. Scoprilo ora