Capitolo 9

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Lasciammo l'appartamento di Charles e ci dirigemmo alla Mercedes di papà. Arrivammo alla reggia dove si teneva il party in poco meno di venti minuti. La reggia era stile classico, illuminata in modo da risaltarne la bellezza. Rimasi a bocca aperta. Ero abituata allo sfarzo di quelle feste ma ogni volta rimanevo esterrefatta.
«Ultima cosa ragazzi: ci saranno diversi personaggi famosi, non osate chiedere l'autografo».
Personaggi famosi? Ero finita in una favola. Ovviamente erano personaggi famosi legati al mondo dello sport e diciamo che non era il mio mondo preferito. Non come Charles. Mi capitava ogni tanto di guardare qualche gara di Formula 1 e Moto GP perché mi appassionavano i motori. Ma gli altri sport non erano nelle mie vene. Era già tanto se conoscevo i nomi di alcuni calciatori.
Al contrario, Charles era un fan di qualsiasi sport esistente sulla terra. Mi aveva stupito infatti il fatto che scegliesse di studiare giurisprudenza e non giornalismo come mamma e papà. Sarebbe stato davvero ottimo in quel campo.

«Signori Hill, accomodatevi pure» disse la guardia all'ingresso, la quale ci diede dei braccialetti, a me rosso e verde a mio fratello e ai miei.
«Scusate, perché io rosso e voi verde? » chiesi. La maggior parte delle persone nella sala aveva il braccialetto verde e solo qualche ragazzo giovane aveva il braccialetto rosso.
«Perché sei minorenne, tesoro. Almeno sanno che se chiedi qualche alcolico non te lo possono servire... ». Aveva un senso quello che disse mamma. Però, non mi sarebbe servito. Non avrei toccato una goccia d'alcool per tutta la sera.
Mamma e papà parlarono con diversi amici e con qualche calciatore di cui non sapevo il nome. Col passare degli anni erano diventati anche amici di alcuni personaggi del mondo dello sport. Avevano infatti in rubrica molti loro numeri, i quali Charlie cercava sempre di rubare. Mi ricordo un giorno in cui mamma, appena tornata a casa da una partita a Parigi, parlava al telefono con un calciatore del PSG e mio fratello, per quasi settimane intere, cercò di prendere il suo cellulare per trovare quel numero di telefono. Si arrese non appena capì che ogni sforzo era inutile. Camminando e spostandoci da una persona all'altra sentivo molto sguardi puntati addosso e dei sorrisi troppo perversi per poterli descrivere. Gli uomini presenti erano per lo più spossati o vecchi. I ragazzi più giovani invece erano figli d'arte impegnati con qualche modella o personaggi famosi che non prestavano attenzioni a nessuno se non a loro stessi.
«Mi è piaciuto molto il servizio che avete fatto settimana scorsa sulla partita». La maggior parte delle conversazioni era un complimentarsi ai miei genitori per il loro lavoro. Che palle!
«Oddio, l'hai visto? » Charles corse da me e mi indicò chi avrei dovuto aver visto. Non mi sembrava nessuno di importante.
«Seria? È il calciatore del Liverpool». Mio fratello sembrava un bambino che aveva appena visto un sacchetto di caramelle.
«Ah...» dissi. Continuavo a non sapere chi fosse.
«Lascia perdere, parlare con te è come parlare con un muro». Prima che potessi ribattere, una mano afferrò la spalla di mio fratello ed entrambi ci girammo.

«Ehi, Archie. Come va? ». Archie ci salutò entrambi calorosamente e non mancò di farmi i complimenti per la mia bellezza e io arrosii come una stupida.
Era figlio di alcuni colleghi dei nostri genitori e ogni volta che erano in giro per il mondo ci ritrovavamo insieme. Siamo cresciuti così, ognuno nella casa dell'altro. Archie e Charles con il passare degli anni erano diventati migliori amici. Sempre impegnati in qualche festa o a rimorchiare qualche ragazza. Avevo avuto una cotta per Archie in passato,e una parte di me un debole per lui ce lo aveva ancora. Ma sapevo che lui mi vedeva più come una sorellina che come una ragazza con la quale avere una relazione. Archie e Charlie cominciarono a parlare del calciatore famoso, di cui non avevo ancora capito il nome, e io mi diressi al bar.
«Un'acqua tonica, grazie» dissi al barman. Mi guardai un attimo attorno e non potei far a meno di osservare che la maggior parte delle donne presenti, che avevano quasi più di cinquant'anni, erano come ammaliate dalla maggior parte dei camerieri che avevano poco più della mia età.
«Arriva subito ». Mi sedetti su una sedia e aspettai il mio bicchiere.
«Non hai risposto al mio messaggio». La sua voce mi fece sussultare.
Ecco, in quel momento avrei voluto tanto quel dannato braccialetto verde.

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