XXII

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Tornando a Tristan e Talia…

Erano sulla soglia della porta della clinica, Tristan era appena tornato e non voleva entrare, voleva scappare da quel posto così tetro; si impuntò, avrebbe fatto di tutto pur di non tornare lì dentro; tutto sapeva di disinfettante, medicine e disperazione allo stato puro. Non ci sarebbe ricaduto, non avrebbe ceduto di nuovo alle suppliche della ragazza. Aveva deciso che quella volta non si sarebbe lasciato corrompere.
"Dai cazzo, vieni dentro, mi sto incazzando, ti scongiuro, non rendermi le cose complicate, più che altro perché, caro tesorino, o vieni dentro tranquillamente con me oppure ti ci portano gli infermieri con la forza, e io non posso farci assolutamente niente, lo capisci questo? Ti rendi conto che io sto cercando di aiutarti? Forse no, forse preferisci essere sedato o trascinato mentre urli, perché sai benissimo che andrà così, ti prego devi ascoltarmi, non riesco, non voglio vederti soffrire" Disse lei con tono alterato.
"No" Rispose conciso lui.
"Tristan finiscila e vieni con me, sarò anche egoista, ma non voglio vederti mentre ti prendono e portano via di forza" Rincarò la dose.
"Ho detto di no" Continuò lui.
"Possibile che non capisci? Io sono sempre qui, lo sono sempre stata, oggi sparisci, così, come se niente fosse, tu non hai neanche la minima idea di quanto io sia stata male di quanto abbia avuto paura perché perderti mi ucciderebbe, ti rendi conto che saresti potuto morire in mille modi e momenti diversi? Poi torni tutto tranquillo e mi dici che stavi mangiando un cazzo di tramezzino con un fottuto sconosciuto? Io ci ho messo ore cazzo, ore, a farti mangiare una fottutissima forchettata di pasta. Come cazzo fai ad essere così schifosamente bastardo? Cosa straminchia ti passa per quel cervello di merda? Ce l'hai un cervello? Ti sei visto le braccia? Le hai viste brutto imbecille? Senti che puzzi come la merda? Quanto hai fumato? Sentiamo? Dimmelo cazzo" Gridò lei battendo i pugni sul suo petto.
"Calmati, poi ti spiego, ma non farmi tornare qua dentro, ti prego, devi fidarti di me" Disse lui mentre sentiva le lacrime invadergli gli occhi.
"Tu mi stai dicendo cosa fare? Arrangiati, per me puoi anche stare in mezzo alla strada, fai quello che ti pare visto che io sbaglio sempre. Forse preferisci le donne che ti abbandonano e ferisco. Meglio così, me ne vado" Disse lei superandolo e andando verso la fermata dell'autobus. La seguì. Lei non si fermò. Lui le prese il braccio, ma lei si divincolò subito, sapendo bene quanto lui fosse terribilmente debole.
"Non provare a toccarmi mai più, hai capito? Hai preso la tua decisione, quindi ora arrangiati, io non ci sono più e non ci sono mai stata, non provare a cercarmi" Disse lei chiudendo le emozioni e il suo cuore in un baule per poi bruciare la chiave.
"Lasciami spiegare porca troia, possibile che tu non riesca a darmi il tempo?" Chiese lui disperato.
"Rientrerai in clinica?" Domandò secca.
"No" Disse lui testardo.
"Bene, sparisci, abbiamo chiuso"
Lui crollò sulle ginocchia.
"Non puoi farmi questo, non tu… Non sai nulla, non sai un cazzo, e io sono una merda è vero, ma ti prego, lasciami spiegare, lasciami spiegare e vedrai che capirai tutto, tutto, promesso, ma non lasciarmi, ti prego, torna qui. Talia, ti prego, non anche tu" Disse lui singhiozzando sotto quella che ormai era una pioggia fittissima.
Lei non ebbe il cuore di andarsene, tornò indietro. Si avvicinò ad un infermiere e chiese di portarlo dentro ad ogni costo entro cinque minuti.
Poi andò da lui, ancora accovacciato sull'asfalto e gli sussurrò :"Scusa, ti prego, perdonami, so che questa cosa ti farà stare male, però ti scongiuro, perdonami, non c'è altro modo".
Lui inizialmente non capì, poi si sentì afferrare per le braccia. Gli infermieri speravano fosse collaborativo, invece lui lottò con tutte le sue forze. Urlò e si dimenò più che poté. Lei piangeva, non poteva sopportare di vederlo così, ma era veramente l'unico modo, non si sarebbe mai arreso.
I due che lo trasportavano lo lasciarono in camera, sul pavimento, senza nemmeno troppa delicatezza, lei entrò e si chiuse la porta alle spalle. Cercò di avvicinarlo, ma lui indietreggiò con le mani sul pavimento. Aveva paura.
Piangevano entrambi.
"Piccolo, scusami, per tutto, scusa" Disse lei cercando di trattenere le lacrime. Prese Elly dal letto, e il suo cagnolino dalla borsa, aveva deciso di chiamarlo Lucky, sperava di poterlo avvicinare con i peluches.
"Ehi, tesoro, che ne dici di prendere Elly, sai, lei e Lucky sono molto amici" Chiese con tono soffice.
Lui si avvicinò per prenderla e le sfiorò la mano per sbaglio. Sussultò a quel contatto. Lei pian piano si avvicinò, mentre lui era intento a parlare a voce bassissima con la sua elefantina. Quando gli fu abbastanza vicino lo chiamò. Lui non rispose. Provò a toccarlo, lui la lasciò fare. Avevano bisogno l'uno dell'altra, sempre. Lui si lasciò cullare dalle braccia di lei e singhiozzò sul suo ventre.
Talia continuò ad accarezzargli i capelli piuttosto bagnati. Lo aiutò ad alzarsi e togliere gli indumenti più bagnati. Disinfettò tagli e bruciature, poi lo aiutò a cambiarsi. Mise un pigiama molto semplice, grigio con tanti orsacchiotti sparsi lungo il tessuto. La ragazza si sedette sul letto con le gambe che penzolavano ai lati e Tristan davanti a lei, in modo che potesse asciugargli i capelli fradici.
"Scusa per prima, ho avuto solo tanta paura" Disse lei mortificata, soprattutto dopo aver visto i lividi lasciati sulle sue braccia da quegli uomini.
"Non importa, hai ragione, avrei dovuto avvisarti, solo che oggi oltre ad essere un giorno molto molto brutto di suo, è stato anche aggravato dal resto… Insomma… Dio neanche riesco a dirlo… vedi… Oggi sono 7 anni che è morto papà, e non volevo che tu mi vedessi così. La lametta all'inizio era solo per tagliare i fiori, ma poi è degenerato tutto e non capivo più niente e l'ho fatto davanti a lui" confessò lui triste.
Lei rimase senza parole, l'aveva trattato così male. Avvolse le braccia attorno al suo busto, lui sussultò, poi lei appoggiò la guancia alla sua schiena, la baciò e gli chiese più volte scusa. Dopo un po' il ragazzo decise di girarsi, di farle capire che di fatto lei non aveva colpe se non quella di volergli troppo bene. La baciò e tutto scomparve. Lei ricambiò il bacio, poi, con la dovuta calma finì di asciugare i suoi capelli e lo aiutò a stendersi. Lui si abbandonò totalmente al sonno, era stremato da quella giornata e Talia poco dopo lo seguì. Dormirono abbracciati, come due migliori amici che si conoscono da sempre.

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