𝑫𝒊𝒔-𝒎𝒐𝒊 𝒒𝒖𝒆 𝒕𝒖 𝒎'𝒂𝒊𝒎𝒆𝒔 𝒔𝒐𝒖𝒔 𝒍𝒆 𝒄𝒊𝒆𝒍 𝒅𝒆 𝑷𝒂𝒓𝒊𝒔

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Eccoci con il nuovo capitolo extra 🪄
Spero tanto che vi piaccia...💭
Ricordate di lasciare una stellina e un commento per farmelo sapere✍🏻
Buona lettura🐍

~•~

"Brilla come le stelle nel mare scintillante,
splende come l'aurora tra i fiordi ghiacciati,
il Serpente di Smeraldo dal cuore gentile."

~•~

Dieci mesi dopo l’epilogo

«Come ti senti? Hai vomitato? Ti è venuta la nausea? Giramenti di testa? Hai pensato di aprire la porta di emergenza e lanciarti nel vuoto?»

«Non ho avuto alcun pensiero suicida, no, ma un tipo si è infilato le dita nel naso e c’ha scavato dentro per quasi tutto il volo.» Misi Juni in vivavoce e posai il telefono sul marmo del lavandino. Strinsi la cinghia del mio accappatoio, disgustandomi al solo ricordo. «Quella vista ha messo il mio stomaco a dura prova.»

«Il tipo in questione aveva meno di cinque anni?»

Ridacchiai sconsolata. «No, ne aveva almeno cinquanta. E suo figlio l’ha guardato orripilato tutto il tempo.»

Mi avvicinai allo specchio, notando che i piccoli sfoghi sulla pelle del mio viso non erano ancora scomparsi. La luce del sole, poi, che inondava il bagno e dipingeva tutto d’oro, li metteva ancora più in risalto.
«Che schifo. Perché non ci hai spinto lui fuori dalla porta di emergenza?»

«Perché in compenso Kiran stava giocando con i miei capelli.» Recuperai la crema idratante dal mio beauty-case e iniziai ad applicarla sul viso. «Credo di essermi addormentata a un certo punto.»

«Almeno non hai dovuto assistere alla caccia alle caccole per sette ore di fila.»

«A parte il jet lag, comunque, mi sento benissimo.» Mi sciacquai le mani e mi godetti la morbidezza degli asciugamani dell’hotel. «Non è la prima volta che prendo l’aereo.»

«No, ma è la prima volta che lo prendi dopo aver spinto un piccolo essere umano fuori dal tuo corpo.» Puntualizzò Juni. «Cinque ore di travaglio senza epidurale possono cambiare la tua prospettiva su un sacco di cose.»

«Non ricordarmelo» mi sedetti sul bordo della vasca; un brivido mi corse sotto la pelle. «Le cinque ore più terrificanti della mia vita.»

«Avresti potuto essere allergica a qualsiasi cosa, ma hai deciso di essere allergica alla dannata anestesia. Chiamala come vuoi, ma io la chiamo sfiga.»

Negli ultimi due mesi e mezzo mi ero convinta di essere indistruttibile.

Ogni volta che pensavo di non poter fare qualcosa, di non essere abbastanza forte, o abbastanza preparata, mi bastava ricordare il giorno in cui avevo fatto la visita anestesiologica.

Io e Kiran eravamo appena arrivati al Lenox Hill Hospital; ero tranquilla, tanto che stavo già pregustando le ciambelle che avrei mangiato durante il tragitto verso la centrale di polizia.

Ma poi il medico mi comunicò che ero allergica a uno dei farmaci utilizzati per l’anestesia. E che quindi avrei dovuto sentire ogni singolo, doloroso, infernale secondo del parto.

Mi ero impanicata così tanto che svenni. Quando avevo riaperto gli occhi, ero distesa sul lettino di un’asettica stanza dell’ospedale, Kiran era seduto al mio fianco e parlava al telefono con la centrale.

«Cosa stai facendo? Ehi, quello è il mio telefono.» Avevo blaterato stordita.

«Ho comunicato a Grimes che oggi non sarai in servizio.»

𝐃𝐚𝐥𝐥'𝐚𝐥𝐭𝐫𝐚 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐦𝐚𝐫𝐞Where stories live. Discover now