Capitolo 13

1.6K 80 1
                                    

«Certo, al Victoria. Come sempre. Alle otto.» Klara scosse il capo divertita riattacando il telefono. Dopo la faccenda del Circolo Nautico le sue amiche si comportavano in modo strano.

Erano agitate, telefonavano tutti i momenti, come se volessero accertarsi che lei fosse sempre la stessa.

«Penseranno di non essere più all'altezza di una sì grande dama, una invitata – suonate le trombe – da Davis in persona... che sciocche» disse ad alta voce, parlando tra sé e sé.

Invece, come doveva essere, le cose erano immediatamente tornate alla normalità.

"Forse è davvero stato solo un capriccio. Forse davvero non c'erano seconde intenzioni".

Beh, meglio così. Tante seccature in meno. Pensare a un Davis che ronza addosso in modo inopportuno poteva essere qualcosa che dava alla testa. Meglio così.

Klara si accostò allo specchio. Aveva appena finito in negozio e si era subito rifugiata nell'intimità del suo minuscolo, grazioso appartamento.

Due stanze, un bagno, un piccola cucina: quanto bastava.

Guardò attentamente il proprio volto: nonostante la semplicità a cui lo costringeva, manteneva pur sempre qualche traccia dell'antica bellezza. Lei cercava di camuffarla scegliendo tutte quelle cose, abiti, gioielli dozzinali di bigiotteria, acconciature, che la rendessero la più banale possibile, niente di vistoso, niente di elegante.

Premette sulle guance, si stirò una incipiente ruga ai lati del mento, sospirò e decise che andava tutto benissimo.

Il suo tributo ai fasti dell'eleganza l'aveva già pagato. E caro. Lo stato quasi monacale in cui aveva scelto di vivere – nonostante le sue possibilità – e la decisione di lavorare per dimostrare a tutti e innanzi tutto a se stessa di mantenersi, erano stati due passaggi importanti per sistemare la sua vita, o meglio per iniziarla nuovamente da premesse più solide.

In vent'anni non se ne era pentita per niente. Ed era riuscita a non deflettere nemmeno per un istante dalla strada intrapresa.

I ponti erano stati tagliati, esattamente come lei aveva voluto. La vecchia Klara era morta. E non sarebbe mai più risorta.

Mancavano ancora tre quarti d'ora all'appuntamento con le amiche fedeli di sempre che le avrebbero sicuramente chiesto di raccontare che cosa era successo alla festa con Davis.

Erano così curiose di abbeverarsi al mondo dei lustrini delle riviste. Curiose perché non lo conoscevano. Perché non sapevano i veleni di cui era intriso. Gli inganni di cui era intessuto.

E lei li aveva sperimentati quegli inganni, quei veleni.

Si rivide giovane. Piena di speranze. Piena di illusioni.

Herbert aveva una testa piccola da bambino. Sproporzionata sul suo corpo da atleta.

Il suo sorriso era accattivante. E lui era un bravo ragazzo.

Ma aveva un difetto: era giovane. Troppo giovane.

Klara sospirò. Cercò di scacciare il pensiero. Quel pensiero.

«Perché stare male?» si disse e si costrinse a una qualsiasi attività, in attesa che quei tre quarti d'ora passassero in fretta. Poi, quando fosse uscita, tutto si sarebbe risolto.

«A coltivare gli incubi si diventa maniaci» disse con se stessa.

Un lavoro da sbrigare... un lavoretto qualsiasi.... Spolverare qualcosa... ma la casa era in ordine perfetto. Inutile, dal momento che non riceveva mai nessuno. Ma lei era fatta così.

Venti contrariDonde viven las historias. Descúbrelo ahora