Scuola- Andrea

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Sono ancora "stravaccato" sul letto quando un rumore o meglio un frastuono mi sveglia. Ancora intontito per il brusco risveglio prendo il cuscino e ci affondo la testa, intenzionato a dormire ancora qualche minuto, ma passano pochi secondi che questo ricomimcia, più forte e fastidioso di prima. -Piantala Filippo!- urlo sperando mi senta nonostante quel chiassoso baccano. Ma niente. Quel caos non la pianta di tormentarmi. Chi è Filippo? Nessuno, solo l'inutile e fastidioso fratello che mi ritrovo. Mi alzo e fiondandomi nella stanza di Fillo mi accorgo che il rumore proviene da un aggeggino sul suo comodino. É la sveglia che è impostata su una di quelle canzoni "super casinare", che il cretino non ha nemmeno sentito perché il suo sonno non è dei più leggeri. Spengo la sveglia e torno a letto, ma decido di non riaddormentarmi vista l'ora e la lontananza fra casa mia e la scuola. Sono appena le sei e per arrivare puntuale devo incamminarmi alle sei e mezza. Una volta pronto esco di casa e mi avvio verso scuola. Prendo la bici dato che non ho la patente e i miei genitori vanno a lavoro troppo presto per accompagnarmi. Mi guardo attorno e quello che vedo è solo un mondo frenetico e in subbuglio per il primo giorno di lavoro, intento a recuperare il ritmo pesante dopo un lungo periodo di vacanze.
Dopo molto tempo e una lunga pedalata, col fiatone e lo zaino sulle spalle, raggiungo il grande portone della scuola appena in tempo per sentire il suono fastidioso della campanella. Entro nel cortile, poggio la bici e mi dirigo verso la porta, ormai deserta. La scuola è luminosa, troppo per i miei occhi stanchi e arrossati.
Entro in aula dopo aver cercato per qualche minuto la classe giusta.
Mi siedo nell'ultimo banco libero, ma lo avrei scelto ugualmente, visto che è nell'angolo più buio dell'aula.
Vicino a me non c'è nessuno. È un banco isolato, ma la cosa non mi dispiace. Odio la compagnia e i vicini di banco. Non sopporterei qualcuno che prende "in prestito" la mia roba senza chiedere o che cerca di farmi ridere con squallide battute. Poi, ad interrompere questo mio pensiero o meglio questo mio dialogo interiore per autoconvincermi di aver fatto la scelta giusta, entra la professoressa e tutti in coro gridiamo -Buongiorno prof!- mentre ci alziamo in piedi. Passate le solite e pesanti 5 ore finalmente suona la campanella e raccogliendo le mie cose esco e prendo la bici lasciata nel cortile della scuola cercando di districarla da quell'ammasso di catenacci e lucchetti. Passo prima al bar dove prendo un pezzo di pizza per poi mangiarlo mentre pedalo verso casa.

Un cuore nel legnoWhere stories live. Discover now