- Capitolo 9.

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"Leonardo, devi reagire."

Sono ore che sento dire queste parole, ore ed ore che cerco di ignorare chiunque mi si avvicini.
Sono steso in un letto. In un letto di ospedale. Hanno chiamato uno psichiatra, ho sentito che ne parlavano. Dicono che mi aiuterà, che mi potrà ridare la gioia di vivere, ma io non credo. Non credo che qualcuno che non sia Lei, possa aiutarmi a vivere davvero. A tornare a sorridere. Tutte menzogne, ipocrisie. Balle.

Io sto male. Fisso il vuoto e penso a quanto sia brutto essere un vuoto, essere un niente. Nello stesso tempo, ora, anche io sono vuoto. Vuoto da tanto. Non so nemmeno io quanto. Vuoto. Bianco o nero, rosso, giallo, ma che importanza ha? É pur sempre un vuoto. Mi viene da piangere, urlare, distruggere tutto, eppure tutto ciò che riesco a fare é stare fermo.

Si sono avvicinati parecchi a distogliermi dai pensieri, ma l'unica cosa che voglio é Lei, non posso neanche più chiamarla come prima. Rosso amore. Ecco, l'ho rifatto, ha torto lo psichiatra. Lei é qui, io la sento e vuole essere chiamata, non posso lasciarla andare.

"Sei confuso." mi dice il mio medico, il mio psichiatra, la mia famiglia, i miei amici. Confuso? Credo intendano che sono pazzo. So di esserlo. So di avere pensieri e comportamenti da pazzo. Ma io non so come fare per cambiare tutto questo.

"Devi reagire." mi dicono tutti intorno a me. Come si reagisce quando la propria persona, la propria ragazza, la ragazza della mia vita, é morta? Mi ha lasciato solo. Mi ha lasciato. Da solo.

Difficile capirlo per chi ha intorno chiunque, difficile davvero. Sento che nessuno mi potrà capire, mai. Non cerco commiserazione o biasimo, so che chiunque senta questi miei pensieri, voglia uccidermi per quanto sono noiosi e da psicopatico. Pazzo, insomma. So che nessuno può davvero sentire ciò che sento io, chiunque abbia una famiglia, una vita splendida, un amore meraviglioso, qualcuno che lo aspetti a casa, come faceva lei, tutto ciò che era lei, può sentire quello che sento io.

Avverto un pianto, mi giro e vedo una bambina. É così bella, dolce. Assomiglia tanto a lei e a me. A noi.
Che cosa significa?
Decido di alzarmi quando non c'é nessuno e avvicinarmi alla sua piccola culla, che hanno posto abbastanza lontano da me. Perché? É nostra. Lo so. Mia e sua. Non possono portarmi via anche lei.

In un attimo la prendo in braccio e torno nel letto perché sento le gambe cedermi da un momento all'altro.

Sono confuso, pazzo. Sento cose che non ci sono. Vedo cose che non ci sono. Se questa bambina fosse frutto della mia immaginazione? Eppure, sembra così vera! Così nostra!
É mia, e di nessun altro.

La stringo a me. Non credo troppo forte. Eppure nello stesso tempo so che esagero il modo in cui la stringo.
Si avvicinano delle infermiere, vedo anche Simone, Marco e Davide avvicinarsi con calma. Mi dicono delle parole che io non capisco.
Sento solo la bambina che urla, un pizzico al braccio e improvvisamente... buio. Nero. Vuoto.

Sono confuso. Sono pazzo. Hanno ragione.

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Ciao a tutti!
Scusate se non ho aggiornato subito, nonostante, questa volta, abbia trovato semplice scrivere. Mi é venuto tutto d'impulso. Non ne so il motivo. Scusate ancora!
Questo é il capitolo numero 9 e spero che vi piaccia. Ringrazio tantissimo l'unica persona che per ora sta votando la storia, che la sta seguendo. Vorrei più pareri e, se me li merito, più voti alla storia.
Spero che non ci siano troppi errori, più tardi controllerò.

Chi volesse, può passare anche dalla mia nuova fan fiction Larry: "Ray | Aiuto, una bambina". Spero davvero che lo facciate, é importante sapere cosa pensate anche di quella storia, visto che é molto diversa da questa. Spero sempre nella vostra sincerità nel votare/commentare. Se volete che ricambio, ditemelo.
Grazie per l'attenzione, alla prossima! :)

Se non fai tardi, ti aspetto svegliaWhere stories live. Discover now