CAPITOLO PRIMO

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Venerdì 15 maggio 2015

- Signore e signori, benvenuti a Milano Malpensa dove sono le ore sedici e otto minuti. L'atterraggio è avvenuto con quindici minuti di anticipo. Invitiamo i passeggeri a rimanere seduti con le cinture di sicurezza allacciate fino a quando l'apposito segnale luminoso verrà spento. Tutti i dispositivi elettronici con funzioni di chiamate, messaggi ed accesso ad Internet potranno essere utilizzati a partire da questo momento. Assicuratevi di avere con voi tutti i vostri oggetti personali controllando nella tasca del sedile situato di fronte a voi e nelle cappelliere, che dovranno essere aperte con cautela per evitare la caduta di oggetti. Fumare non sarà consentito fino al raggiungimento di un'apposita area per fumatori. A nome del comandante e dell'intero equipaggio vi ringraziamo per aver scelto di volare con noi quest'oggi. E' stato un vero piacere ospitarvi a bordo e speriamo di rivedervi al più presto su uno dei nostri aerei. A tutti voi, auguriamo una buona serata e un buon rientro a casa. -

Rimango in silenzio, seduta al mio posto, con la schiena appoggiata al sedile dell'aereo e le mani incollate ai braccioli, tutti i muscoli tesi ed irrigiditi per il viaggio. Ma che dico? A chi voglio darla a bere? Un'ora e tre quarti di volo non mi avrebbero ridotta così. Ho come la sensazione che un autotreno mi abbia appena investito e poi, non soddisfatto, abbia fatto retromarcia per tornare ad appiattirmi sull'asfalto, ancora e poi ancora, andandosene solo dopo aver terminato il proprio lavoro, ed essersi assicurato di avermi fatta diventare dello spessore e della consistenza di un foglio protocollo, forse anche di un foglio di carta velina, sì, questo sicuramente rende meglio l'idea.

Mentre ascolto distrattamente la voce dello stewart, volto lo sguardo che fino ad ora è rimasto incollato a fissare la stoffa che riveste il sedile di fronte a quello nel quale sono rimasta sprofondata per tutto il tempo, quasi fossi in procinto di scrivere un trattato dal titolo "Del grigio tessuto di cui sono rivestiti i sedili degli aerei" e per la prima volta da quando sono partita osservo ciò che accade accanto ed intorno a me.

Dal finestrino sulla mia sinistra guardo la pista. Osservo gli altri aerei in procinto di decollare o atterrare e immagino che ci siano tante storie, tante vite che, proprio in questo momento, stanno scorrendo all'interno di quegli abitacoli, esistenze pronte a vivere e sperimentare nuove ed emozionanti avventure.

Il gridolino di giubilo di un bimbo di circa un anno e mezzo mi distoglie dai miei pensieri: deve essere stato il suo primo volo in aereo. Almeno, così presumo, a giudicare dalla quantità di complimenti che gli rivolgono le hostess. E' stato proprio bravo, gli dicono, sorridendo e applaudendo: si è comportato da vero ometto! Lo guardo mentre si agita felice ed estasiato tra le braccia della sua mamma che lo cede a quello che deve essere il marito...già, marito...una parola che mi causa una violenta fitta allo stomaco.

E' questione di un attimo. Lo sento. Distolgo velocemente lo sguardo da quel felice quadretto familiare e mi concentro sulle sgradevoli sensazioni che sto provando. Avverto una nausea improvvisa, accompagnata da un profondo senso di malessere, che diventa via via più intenso, nonostante stia provando in ogni modo ad ignorarlo e rimanere calma. E' come se il mio corpo stesse cercando di liberarsi di un peso che mi sta opprimendo, impedendomi di respirare. Cerco di rilassarmi e prendere fiato, tutto il fiato che posso e che i miei polmoni sono in grado di inalare. Continuo per qualche minuto a respirare profondamente. Sto mettendo in pratica ogni metodo che conosco per evitare di ripetere la scena più volte vista ne "L'esorcista"; non sono propriamente una persona a cui piace dare spettacolo, men che meno in questo modo. Mentre mi concentro sul sacchetto di carta che ho trovato nel sedile di fronte a me, stringendolo saldamente, quasi questo gesto servisse ad allontanare da me le orribili sensazioni che sto provando in questo momento, vedo un'ombra sopra la mia testa.

- Si sente poco bene? - mi domanda la hostess.

Io sentirmi poco bene? Un eufemismo...come faccio a spiegarle che nel giro di poche ore la mia vita è stata distrutta, improvvisamente, irrimediabilmente ed inesorabilmente, da un terremoto di magnitudo otto su scala Richter? Risultato: distruzione, annientamento, devastazione totale della mia anima; insomma, una catastrofe nella mia vita che fino a qualche ora fa mi era sembrata semplicemente perfetta.

TRALCI DELLA STESSA VITEWhere stories live. Discover now