La foresta

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《Ei Amaya mi presteresti i tuoi appunti di fisica?》
Mi chiese una voce leggera proveniente dalle mie spalle. Era Jess la mia nuova compagna di classe. Era una nuova alunna, ripetete per problemi di salute.
Aveva il viso allungato e molto femminile. Capelli biondi tendenti al color caramello e occhi grigi, senza colore. Si dice che gli occhi siano lo specchio dell'anima. I suoi occhi incolore trasmettevano la sua apatia ma anche la sua purezza. Fisicamemte era nella media. Era carina, ispirava simpatia.
《Certo jess》
Tirai il quaderno fuori dallo zaino e glielo porsi tentando di non far cadere tutti i fogli. Le sue mani non molto affusolate affermarono il quaderno con gentilezza e grazia. Era proprio quello che non ero io. Era perfetta.
Buon carattere.
Buon aspetto.
La scrutai a lungo. C'era qualcosa di familiare in lei. Quello sguardo. Quell'atteggiento.

Il clima iniziava a scaldarsi sempre più. Meravigliosi studenti liceali camminavano, ridevano e scherzavano tra le vie della città. Il parco in cima alla collina era il mio preferito.
Ottimo per stare in silenzio e pensare. Era un posto che amavo semplicemente per il fatto che era isolato. Una grossa roccia a strapiombo dava dall'altra parte della parete della mintagna così da poter vedere solo il verde della natura. Mi piaceva andare lì e disegnare. Lo avevo scoperto da poco ed era il mio rifugio segreto. Tornai a casa solo per cambiarmi. Jeans e maglietta con una camicia blu scozzese sopra di essa.
Dovevo fare un pezzo di strada a piedi ed era molto faticoso ma non mi importava, tutto era vano pur di scappare. Anche solo un' ora, scappare chissà dove con la mente per un po' di tempo.
Si. Non ci avrei pensato due volte se ne avrei avuto la possibilità. Avrei voluto volare via di qua. Ma non per poco tempo, per sempre.

La strada iniziava a diventare ripida. L'asfalto iniziava a essere trapuntato di sassolini fino a diventare un sentiero sterrato. Le case mano a mano diminuivano fino a diventare poche ville sparse qua e la. Grandi ville con tanto terreno, la maggior parte aveva la piscina e sicuramente io non me la sarei mai potuta permettere. Ero sola, e a farmi compagnia c'era solo il mio respiro, leggermte affannoso per il passo ritmato che avevo. Iniziai a imperlarmi leggermente di sudore. Il sole splendeva forte ma il leggero venticello attutiva il suo calore. Sarei potuta ammalarmi se fossi entrata nel bosco tutta sudata ma menomale che mi ero fornita di una felpa.
E poi non ero così tanto sudata.
I rumori della foresta che iniziava a stagliarsi davanti a me mi affascinavano. Il fruscio delle foglie, e quel silenzio apparente che in realtà conteneva migliaia di suoni che le nostre orecchie non percepisco per colpa dei frastuoni quotidiani.
E poi risate.
Stavo passando davanti ad una villa. Tra le pareti formate da piante intravedevo una piscina, Non esageratamente grande, e sullo sfondo la parete a vetri di una casa.
Era molto bella, mi sarebbe piaciuto avere una casa del genere ma mi bastava quella che avevo, era bella lo stesso. E poi era casa mia. Proseguiti senza ricordarmi il motivo per cui mi soffermai davanti di essa.
La risata che echeggiò nuovamentenera una risata finta. Come quella di una ragazza che sta flrirtando. Che cerca di fare colpo. Le voci, credo che fossero due, si fecero piccole piccole come brusii. Procedetti per la strada che stavo percorrendo che a questo punto non era più tanto ripida finché vidi il cancello della villa. Mi avvicinai toccandolo per cercare di vedere meglio la casa. Mi sentivo inopportuna a spiare la gente ma non potevo farci nulla. Ero curiosa. Il cancello mi permetteva di vedere quasi tutta l'abitazione. Sul viottolo che portava dal cancello al garage c'era una macchina nera. Anch'essa familiare
《AHAHAHAHA Cam》
Mi irrigidii al suono di quelle parole ma allo stesso tempo istintivamente mi girai di scatto per vedere meglio quel che non volevo vedere. Erano avvolti in un abbraccio vicino la piscina. Lei sorrideva come una matta. Aveva un bel sorriso. Proseguii la camminata lasciandomi alle spalle la casa e le abitazioni. Le forti risate divennero sempre più flebili e impercettibili fino a che non mi addentrai nella foresta.

Come potevo esserci cascata? Con Cam, davvero? Davvero credevo in qualcosa? Davvero ci speravo?
Com'ero dannatamente stupida. Solo il fatto di averlo pensato lontanamente mi faceva sentire più stupida che mai. Dio. Quanto mi sentivo ridicola. Per la rabbia e per la fretta che avevo non mi accorsi che mentre camminavo in quel modo agitato ero incappata in delle piante spinose che mi flagellarono le gambe e le braccia in vari punti. I pensieri nevrotici riaffiorarono tutti insieme. Uno dopo l'altro. Non sentivo nessun dolore. Se fossi stata realmente cosciente molto probabilmente avrei urlato non mi rendevo conto effettivamente si quello che facevo. Cosa cazzo stavo facendo? Perché prendevo a pugni un albero? Non poteva essere quella scena la causa. No. Non lo accettavo.
Mi arrampicai sbofonchiando sulla roccia che io definivo il mio posto segreto. Mentre tentavo di arrampicarsi sopra di essa scivoli molte volte. Un piede qui, l'altro là, afferrò qui e tac, un dolore immediato invase tutto il busto. Urtai una pretuveranza dalla parete frastagliata che stavo "scalando". Sembrava solo un graffio

Quando fui seduta mi portai le nocche alla bocca. Erano parecchio arrossossate e da alcune parti uscivano dei rivoli di sangue. In poco tempo divennero peste. Di un color viola scuro ed erano più assai doloranti. Passai il tempo disegnando e scrivendo non accorgendomi di cose stava succedendo. Un dolore lancinante mi fece sussultare.
Il freddo mi avvolgeva, nonostante l'alta temperatura estiva. La vista si fece scarsa.

Il filo rosso del destinoWhere stories live. Discover now