ARYA

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Era una limpida giornata estiva. Dall'esterno del palazzo provenivano i più diversi suoni: il cinguettio degli uccellini, il nitrire dei cavalli, passi, voci. Sembrava che fossero tutti fuori, all'aria aperta.

Tutti tranne lei, Arya Stark. Era stata costretta ad andare a lezione di cucito insieme a sua sorella Sansa e alla sua inseparabile amica Jeyne Poole.

Come sempre, il suo lavoro era un disastro: non era proprio portata per il cucito. Lei non voleva nemmeno essere lì, desiderava solo essere fuori ad allenarsi con le spade insieme ai suoi fratelli.

Diventare una guerriera, questo era il suo sogno.

«No, Arya, non ci siamo proprio. Dovresti prendere esempio da tua sorella, guarda che eccellente lavoro ha fatto» sospirò septa Mordane.

«Mi spiace non essere brava quanto lei» le rispose acidamente.

«Non riusciresti mai a essere come me. Non hai un minimo di talento e non ti impegni neanche» affermò, sorridendo, Sansa.

«Tu sai fare solo questo e recitare sciocche formule di protocollo. Non sai fare nient'altro!».

«Arya, non è questo il modo di parlare» la rimproverò la septa.

«Tu, invece, passi la giornata a rotolarti nel fango come i maiali» continuò sua sorella.

«Sansa, non...» cercò di dire septa Mordane.

«Credimi, è sempre meglio di quello che fai tu».

Detto questo, Arya si alzò e corse fuori dalla stanza cercando di reprimere le lacrime.

Era mai possibile che sua sorella avesse sempre da ridere su tutto ciò che faceva? Che la considerasse, quasi, come uno stupido ragazzino?

Mentre pensava ciò, andò a sbattere contro qualcuno: era suo padre.

«Che succede? Perché piangi?» le domandò preoccupato.

«Io non sto piangendo!» mentì.

Eddard, senza dire niente, la abbracciò. Arya avrebbe voluto rimanere stretta per sempre tra le sue forti braccia. Si sentiva al sicuro come con nessun altro.

Ned le accarezzò una guancia e disse: «Sansa, vero?».

La bambina fece una smorfia all'udire quel nome.

«Io non la sopporto, padre».

«Quando tu e tua sorella non litigherete più e andrete d'accordo sarà il più bel giorno della mia vita».

«Non succederà mai!».

«Non si sa mai quello che potrebbe accadere. Magari potresti, addirittura, diventare come Sansa!» la prese in giro il lord suo padre.

Entrambi scoppiarono a ridere.

Eddard, felice che sua figlia non versasse più lacrime, le diede un bacio sulla fronte ed affermò: «Ecco come fare in modo che una lady guerriero ritrovi il sorriso!».

*

Arya stava ascoltando, insieme a Bran, una storia dalla vecchia Nan quando, tutto trafelato ed impaurito, giunse Rickon, suo fratello di tre anni.

«Ci sono i fantasmi! Ci sono i fantasmi!» urlò il bimbo.

«I fantasmi non esistono» disse Sansa che era arrivata proprio in quel momento.

«Ci sono! Ci sono! Sono nella cripta!» piagnucolò il bambino.

«Te li sei immaginati!».

«No, non è vero!».

«I fantasmi esistono. Tutte le storie lo dicono. Vi ho mai parlato di lady Catherine?» domandò la vecchia Nan.

«Si, molte volte» le rispose Bran.

I racconti popolari dicevano che lady Catherine aveva fatto costruire il suo castello, aiutata da spiriti malvagi, in una sola notte. Tutti gli ospiti indesiderati venivano gettati nei pozzi del suo palazzo, al fondo dei quali vi erano delle lame affilate. Accusata di fare uso di arti malefiche, fu murata viva nella sua stanza. Da quel giorno in poi, ogni anno, compariva il suo fantasma con un lume in mano.

«Andiamo a vedere se Rickon ha detto la verità!» propose Arya.

«Ci sto!» esclamò Bran.

«Non crederete davvero a quello che ha detto?» li rimproverò Sansa.

«Cosa c'è? Hai forse paura di scendere nella cripta?» domandò, gongolando, Arya.

«Certo che no! Avanti, che cosa state aspettando? Andiamo!».

I quattro giovani scesero nei sotterranei del castello dove si trovavano le tombe della dinastia della loro famiglia, gli Stark.

«Rickon, dove hai visto i fantasmi?» chiese Brandon dopo un po'.

Il bambino, che era in braccio a Sansa, rispose: «Io non li ho proprio visti... Li ho sentiti!».

Prima che qualcuno potesse dire niente, si sentì un ticchettio.

Vento gelido fece rabbrividire i quattro giovani.

Silenzio. Tutto era immerso nell'oscurità. Silenzio. Le statue dei defunti, immobili, sembravano scrutare ogni minimo particolare. Ci fu un altro rumore.

«Che cos'era?» domandò impaurita Sansa.

«Non lo so. Però proveniva da lì, dove c'è la tomba di Lyanna» sussurrò Arya, anche lei intimorita.

«Andiamo a vedere» propose, sempre bisbigliando, Bran.

«A me non sembra una buona idea» obiettò Sansa.

Alla fine, quest'ultima, fu costretta a seguire i fratelli.

Man mano che avanzavano, i rumori diventavano sempre più forti.

Quando giunsero dinnanzi alla statua della sorella del lord loro padre non videro e non sentirono più nulla: era, nuovamente, calato il silenzio.

Poi, improvvisamente, si sentì raschiare.

«Andiamo via, vi prego».

Arya guardò la sorella spaventata. Anche lei aveva paura, ma un vero guerriero non arretrava mai di fronte a qualsivoglia difficoltà o minaccia. Doveva proseguire.

Il raschiare si fece più forte e, all'improvviso, sbucò una mano dalla tomba.

Sansa e Rickon scapparono urlando.

Arya e Bran, invece, rimasero immobili, quasi paralizzati.

Delle risate rimbombarono nella cripta.

I due bambini si guardarono stupiti.

Due figure comparvero da una bara vuota: erano Robb e Jon Snow.

«Dovreste vedere le vostre facce!» sghignazzò Robb.

«Siete pallidi come cadaveri!» continuò il secondo.

«Siete due idioti!» li rimproverò Arya.

«Degli idioti che sono riusciti a spaventarvi! Avete visto come sono corsi via Sansa e Rickon?» affermò, sempre ridendo, Jon.

Prima Bran e poi Arya si unirono alle risate.

Altro che fantasmi! Gli artefici di tutto erano Robb e Jon Snow.

La bambina avrebbe ricordato quel giorno per sempre, ma soprattutto l'avrebbe ricordato a Sansa.

Quale migliore soddisfazione che veder scappare via urlando sua sorella solo per uno scherzo?

Era stata, decisamente, una bella giornata.


Grande Inverno: L'inizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora