Capitolo XXVIII (R)

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«Ehvena» mi chiamò qualcuno dal mondo reale. «Ehvena, svegliati».

Il viso della mia Assistente si fece più nitido, mentre, con cautela, mi mettevo a sedere. Dopo il rinfresco ero tornata in stanza, le scosse mi avevano letteralmente aggredita e, per tutta la notte, avevo ascoltato gli sproloqui della voce.

«Uhm...» mugugnai cercando di aprire gli occhi. A differenza delle altre volte percepivo un fitto ronzio, sembrava mi stesse attaccando uno sciame di insetti; i muscoli del collo erano contratti come se stessi ancora ricevendo le scosse.

«Ehvena, hai solo mezz'ora per prepararti». La sua voce arrivò ovattata, ma riuscii a distinguere l'agitazione in essa imperniata. Spalancai gli occhi, imponendomi di uscire da quell'innaturale intontimento. La fredda luce della stanza sfarfallava sopra i mobili grigi, persino Asia sembrava tinta degli stessi colori.

«Che succede?» chiesi massaggiandomi il collo. Il bozzo che nascondeva il trasmettitore era più gonfio del normale. Da quando si era trasferita nella stanza accanto non era mai venuta a svegliarmi, questo mi diede l'allarme: era quel giorno, il giorno della prova.

Il pensiero mi fluttuò in testa per qualche istante, era dal giorno in cui mi ero svegliata in quella stanza che aspettavo l'arrivo dell'ultima prova obbligatoria. Non ero sollevata neppure la metà di quanto mi ero immaginata, semmai iniziai ad agitarmi.

Annuì riluttante. «La prova, inizierà tra un'ora».

La divisa ripiegata era sul bordo del letto, completamente nera. Mi alzai all'istante, iniziando i preparativi. «Sai di cosa si tratta?» domandai nel mentre. Sapevo che Asia non era mai stata in grado di rispondere a quella domanda perché delle prove lei ne sapeva quanto me, ma a ogni prova avevo lo stesso, impellente bisogno di conversare per disfarmi dell'agitazione. Una cosa la sapevo per certa: era l'ultima fatica. E di certo doveva essere la peggiore.

«Hanno detto di presentarsi all'hangar Lauro per il trasporto sulla Piattaforma Omicron, non so altro» si scusò. «Devi indossare i vestiti che mi hanno consegnato e portare con te solo il tesserino».

«E la colazione? Che ore sono?» domandai, ascoltando il brontolio del mio stomaco. L'agitazione si mescolava alla fame in una nuova sinfonia

«Le tre meno un quarto» disse. «Del mattino. Mi spiace, ci hanno ordinato di non farvi fare colazione».

La guardai sbalordita. Niente colazione e ci avevano svegliati molto prima dell'alba nonostante le scosse del giorno prima... «Che devono fare così presto!?» mi lamentai.

Continuai a farlo, sbuffando e trascinandomi da un lato all'altro della stanza con aria svogliata. Avevo male al collo e i muscoli della schiena e delle braccia erano indolenziti, bastò cambiarmi d'abito per sfinirmi. Il completo, una macchia completamente nera , era composto da dei pantaloni comodi con due capienti tasche per lato, una maglietta a mezza manica e una giacca con un rivestimento lucido e liscio all'esterno, mentre all'interno era foderato con un tessuto impermeabile. Allo specchio sembrava fosse due taglie più grande, invece dipendeva dalle tasche interne un po' ingombranti. Già dall'abbigliamento la prospettiva della prova confermava le mie paure peggiori.

Una volta pronta infilai il tesserino in una delle tasche – ce n'erano talmente tante da aver l'imbarazzo della scelta – e provai ad uscire. Asia mi chiese di aspettare qualche altro minuto, aveva qualcosa d'importante da dirmi. Dalla sua espressione decisa, doveva essere l'addio che tanto aveva rimandato.

«Ehvena, so che l'Elezione non è stata per te la migliore delle esperienze, ma volevo che sapessi, prima dell'inizio della prova, che sono orgogliosa di essere stata la tua Assistente».

Election [I libro, Rose Evolution Saga]Where stories live. Discover now