6 - IERI: Trinity Institute (seconda parte)

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Il corridoio principale del Trinity Institute era colmo di studenti che correvano da una parte all'altra, i professori sulle porte delle aule, attendevano che i ragazzi entrassero in classe. Il ritardo accumulato non era molto, ma era troppo per il decoro della scuola.
Un istituto che ha come motto: Impegno, Dedizione e Perfezione, non ammette disguidi di questo tipo. Mai.

"Oddio, ho appena sentito una ragazza che diceva che la Preside Marquez è in giro. Vuole capire cosa è successo", Kate cammina così veloce che faccio fatica a starle dietro.
"Tranquilla, mica è colpa nostra. Basta dire che Rebecca e i suoi amici hanno combinato il guaio", dico io con le mani piene di fogli e una piantina dell'edificio.
Kate si ferma di colpo:"Giurami che terrai la bocca chiusa".
"Cosa?" Sono stupita, non è da lei comportarsi così.
"Giurami che terrai la bocca chiusa", mi ripete Kate convinta, con un tono più alto.
"Ma... Perché?".
"Giurami che terrai la bocca chiusa", Kate non molla. Mi fissa negli occhi talmente intensamente che non riesco a dire di no.
"Ok, starò zitta. Lo giuro. Però mi devi spiegare che sta succedendo. Prima eri talmente spaventata da quei cinque da tremare come una foglia, adesso invece mi chiedi di mentire per loro?", sono confusa, la dolce Kate mi sembra diventata, tutto ad un tratto, schizofrenica.
"Adesso non c'è tempo, è una lunga storia...", Kate si incupisce. Gli occhi sono umidi e le guance hanno una sfumatura rosata più intensa del solito.
Vorrei che riuscisse ad aprirsi totalmente con me, come io faccio con lei.
È la mia àncora qui a New Haven, senza di lei sarei persa.

La campanella suona, per la seconda volta.
A quell'ora tutti gli studenti dovrebbero essere già in classe, invece buona parte dei ragazzi saetta per il corridoio con pile di libri in mano e zaini straripanti di quaderni.

"Se non ci sbrighiamo finiamo in punizione", Kate comincia a correre verso un gruppo di armadietti grigio-azzurro su una lunga parete. La seguo a ruota provando a memorizzare il percorso e cercando di capire la marea di informazioni che Kate mi sta urlando. Parla così veloce che sembra non prendere fiato tra una parola e l'altra: "Iltuoarmadiettoèilnumero137haiunlucchettoquestoèiltuocodicedevifareungiroasinistraetifermisul1poiungiradestraevaisul3unoasinistraevaisul7dopochel'haiapertopresoilibrilochiudiperòdevicambiarecodicericordachedevischiacciarequestopulsantinoaltrimentinonloprendeepoifiliinclasse", Kate ha il fiatone, mi ha spiegato tutto in meno di dieci secondi.

La guardo terrorizzata.
Non ho capito nulla di quello che mi ha detto.
Panico.
Abbozzò un sorriso, sperando che questa volta mi spieghi tutto con un po' più di calma.
Invece mi bacia sulla guancia e scappa via verso il suo armadietto nell'altro corridoio.

Elena stai calma, hai affrontato cose peggiori nella vita.
Delle ragazze passano dietro di me correndo, provo a bloccarle, mi ignorano.
Elena non andare nel panico.
Provo a chiedere aiuto ad un paio di ragazzi, corrono così veloce che non mi sentono.

Cerco di ricordare quello che mi ha detto Kate, appoggio i fogli per terra e inizio ad armeggiare con il lucchetto.
Prima a destra e poi a sinistra. Confusione. No era il contrario. Ansia. Quando devo schiacciare il pulsantino? Paura. Ok, adesso a destra per due volte. Panico. Il primo numero era 1 o 7?
Mi rassegno. Sono stata battuta da un lucchetto.
Appoggio la fronte contro il freddo sportello, mi sento una sfigata con la S maiuscola.

"Se non ti sbrighi ti tocca la sala punizioni", un ragazzo con i capelli castani, lunghi fino alle spalle, sta aprendo l'armadietto di fianco al mio.
"Non riesco ad aprirlo", rispondo tenendo la fronte appiccicata allo sportello e sbirciando con un occhio il ragazzo che, in fretta e furia, riempie lo zaino.
"Giornata a movimentata. Vero? Scusa ma ora scappo, non voglio finire in punizione", il ragazzo si infila lo zaino, cerca di dare forma alla massa ribelle che ha in testa e poi corre sparato per il corridoio.

Mugolo. Mugolo come un cane abbandonato.
Non so che fare.
Finirò in punizione il primo giorno di scuola, credo che non sia capitato mai a nessuno prima d'ora al Trinity.

Neanche tre secondi dopo mi sento picchiettare sulla spalla.
"Senti ti apro l'armadietto e poi scappo. Ok? Mi chiamo Jonathan", mi dice il ragazzo frettolosamente.
"Certo!", rispondo con così tanta energia che Jonathan è confuso.
"Ma come, prima sembravi sul punto di piangere e adesso ridi? Stai bene?", mi chiede Jonathan ridendo, poi indica il numero del mio armadietto: "Il tuo armadietto è il 137, il codice di partenza è lo stesso numero. Devi girare a sinistra e raggiungere l'1, poi a destra e vai sul 3 e infine a sinistra sul 7. Capito?".
Annuisco, mentre l'armadietto si apre.
Impilati in ordine trovo i libri che mi aspettano. Prendo quello di storia e matematica, li metto nella cartella che porto a tracolla.
"Adesso devi decidere il codice nuovo. Schiacci qui e imposti il nuovo codice", mi dice Jonathan con calma, armeggiando con il lucchetto.

Siamo a pochi centimetri l'uno dall'altra, sento i suoi capelli sfiorarmi le guance. Profuma di caffè e vaniglia, sa di buono. Mi ricorda le domeniche mattina che passavo con mia madre nel lettone, in attesa di papà che ci portasse la colazione. Il profumo della Moka riempiva l'aria e il profumo dolce di mia madre mi invadeva le narici.
Mi sento come allora, serena, in pace.
Le mie dita sfiorano quelle di Jonathan, mentre mi spiega cosa devo fare con il lucchetto. Basta un tocco più deciso delle sue dita e le mie mani, come le sue, fanno cadere il lucchetto per terra.
Ci fissiamo negli occhi.
Non so per quanto tempo siamo restati a guardarci. I suoi occhi scuri, neri, profondi come la notte, mi hanno paralizzata.
"Ciao Jonathan, io sono Elena Voli. Sono nuova", gli sussurro.
"L'avevo capito che sei nuova. Tutti mi chiamano Jo qui a scuola", mi dice sorridendo.

Sembra il classico inizio dei libri romantici che leggo di solito: lui incontra lei, lei conosce lui, lui aiuta lei, lei ringrazia lui, lui si innamora di lei, lei ama lui. E vissero felici e contenti.
Nessun personaggio ha mai dubbi, paure o confusione, tutto è chiaro, liscio e semplice.
Ecco con Jo lì davanti mi sembrava che tutto fosse così.
Mi sembrava di essere una delle protagoniste di quei libri.

Ma.
C'è sempre un MA ad interrompere una bella storia.

Un ticchettio fastidioso si leva per il corridoio. Me ne accorgo soltanto quando il rumore si ferma a pochi passi da me.
Sono nei guai.
"Miss Voli e Mister Kurtz, credo che a quest'ora dovreste essere in classe", la Preside Marquez ci sta fissando inferocita.
Raccolgo il lucchetto e lo mostro alla donna: "Jo, mi ha aiutata con il lucchetto si era bloccato". Stavo mentendo, mi sembrava la spiegazione più semplice e plausibile.
Jonathan non proferisce parola, con la testa bassa, tende la mascella nervoso.
La Preside ci squadra per qualche secondo: "Miss Voli, vada subito in classe a seguire la prima lezione. Per quanto riguarda a lei, Mister Kurtz, veda di non ripetere quello che è successo l'anno scorso. La sua borsa di studio è attiva solo se si comporterà come di dovere".
"Sì, Signora", rispondiamo in coro io e Jo.
Senza aggiungere altro, la preside si allontana ticchettando per il corridoio vuoto.

"Scusa Jo... Non volevo...", dico sinceramente dispiaciuta.
"Tranquilla. La Marquez mi tiene d'occhio perché non sono un ricco figlio di papà, che regala biblioteche o inaugura musei", mi risponde Jonathan, "Adesso vai a lezione".
"Grazie, sei un amico", rispondo chiudendo l'armadietto e correndo verso l'aula di storia, sperando di trovare la giusta concentrazione per la mia prima lezione al Trinity Institute.

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Spazio autrice:
Elena conosce Jonathan. Come vi pare?!
Iniziano ad uscire tutti i personaggi che sono alla base della storia.

Volevo ringraziare tutte quelle ragazze che hanno avuto la pazienza e la voglia di leggere la storia... A tutte una marea di ❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️

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Back For Love 1 {High School} Donde viven las historias. Descúbrelo ahora