C A P I T O L O 2

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Capitolo 2

Non ho intenzione di dire il nome. O almeno non ora.
Il primo motivo perché è spregevolmente brutto vederlo scritto. Il secondo, perché, sarebbe terribilmente imbarazzante, se lo leggesse la mia terapista, cosa che fa ogni settimana. Quindi, no. Per ora no.
Comunque, cominciò tutto da quella biblioteca. In quel giorno, il giorno del mio compleanno, era pienissima. Tutti volevano vedere questo edificio. C'era mezzo paese, anche se solo una piccolissima percentuale di esso l'avrebbe frequentata regolarmente. Cosa piuttosto triste, lo so. Non seppi cosa fare inizialmente. Le persone sembravano più interessate al cibo esposto, e alla lieve musica che ai libri che aspettavano impazientemente di essere letti. Aperti, accarezzati, annusati, e stretti al petto. Corsi alla mia sezione preferita e afferrai Frankenstein scritto da Shelly a solo 19 anni. Mi promisi che avrei scritto anch'io un libro a 19 anni. Purtroppo per ora scrivo solo uno stupidissimo diario per una terapia altrettanto stupida. Mi domando se lo farò davvero. Intendo scrivere... Io penserò di sì. Ricordate il mio nome. Ve lo consiglio.
Comunque, non fu quei tipo di incontri da film, che lui la nota dall'altra parte della stanza e non le stacca più gli occhi di dosso. Oppure che lei sbadatamente fa cadere il libro, e lui si inchina velocemente per raccoglierlo, oppure... Potrei continuare all'infinito... Stupida mia madre e la sua passione per i film. Comunque, niente. Andai al bancone informazioni e chiesi come potevo portarlo a casa, e se dovevo iscrivermi. Il ragazzo che mi sedeva di fronte sembrava piuttosto irritato nel sentire la mia voce, come se fossi solo una mosca che gli volava troppo vicino all'orecchio, per poi alzare a malavoglia gli occhi dal libro. Sembrava quasi sorpreso che in quel giorno c'era qualcuno disposto ad interessarsi ai libri(come dovrebbero fare tutti) e non a quei stupidi drink di seconda qualità.
Comunque la sua espressione sorpresa durò poco. Mi squadrò qualche secondo prima di riportare l'attenzione sul libro. Per chi suona la campana di Hemingway.
Letto e riletto.

"Quando senti suonare la campana, non chiederti per chi suona..."

Mormorai facendolo alzare di scatto la testa riccioluta. Mi osservò per qualche minuto con i suoi occhi verdi prima di finire la frase.

"Essa suona anche per te."

Annuì con un finto sorriso prima di rimettergli il libro sotto il naso.
Gli richiesi se potevo portarlo a casa e lui annuì con un sorrisetto, facendomi firmare su un registro. Ero la prima firma della prima pagina.

"Non maltrattarlo. E rispetta la scadenza."

Mormorò. Ero sicura che avrei rispettato la scadenza. Dovevo ritornare alla biblioteca. Dovevo rivederlo.
Beh, è piuttosto inutile dire che lo finì quel giorno stesso ma non avevo intenzione di ritornare il giorno dopo. Sarebbe stato piuttosto imbarazzante e avrebbe sottolineato sempre di più la condizione da "senza amici" cosa che sinceramente non mi faceva né caldo né freddo.
Aspettai esattamente sette giorni. Sette giorni in cui mi scervellai a pensare come potevo avvicinarmi a lui. Non aveva nulla di speciale in realtà. Aveva una bellezza ordinaria, e da quello che ho sentito la loro famiglia era molto amica della mia. Strano, perché non sono mai venuti a casa nostra.
La prima cosa che notai quando lo vidi, era il fatto che si era tagliato di molto i capelli. Mi domandai il perché fosse qui e non nell'esercito, come tutti i ragazzi in quel periodo a combattere contro la Germania, ma evitai di porre domande. Forse era talmente furbo da riuscire ad evitare di ricevere la lettera che ti informava di dover partire. Erano in pochi che ci riuscivano ma c'erano. E quei pochi che rimanevano erano come carne fresca per i leoni, per le ragazze della città. Non tutti ritornavano. E quelli che lo facevano non erano gli stessi ragazzi spensierati che partivano, ma ritornavano cupi e seri. E non prendete mai sul serio una ragazza che vi dice che vuole un ragazzo serio. Lei vuole l'infantile per sentirsi la più responsabile.
Osservandolo una volta entrata stabilì che avrei scoperto il perché era qui, in una accogliente biblioteca, e non in una trincea piena di fango con il rumore freddo della guerra rimbombargli le orecchie, mentre tiene un fucile fin troppo pesante e con un elmetto decisamente grande ricadergli sugli occhi.
La visione mi provocò un spiacevole brivido alla schiena. Scacciai il pensiero e mi avvicinai a lui guardandomi intorno. Era miserabilmente vuota.
"Una settimana. Pensavo che fossi più svelta."
Mormorò non degnandomi nemmeno di uno sguardo, che era fisso su un quaderno dove ci scriveva freneticamente.
"Non mi aspettavo che contassi i giorni." Sorrisi. Lui scrollò semplicemente le spalle, non alzando ancora lo sguardo.
Mi allontanai mantenendo sempre gli occhi su di lui. Avevo già deciso. Volevo che lui mi togliesse la verginità. Doveva farlo lui.
Non mi accorsi nemmeno di finire trai romanzi rosa. Rilasciai un verso disgustato volendo andarmene subito, ma la risata di una ragazza accanto a me, mi bloccò. Aveva capelli biondi e lunghi lungo la schiena. Le labbra contratte in un ghigno divertito, e gli occhi rivolti a me. Tra le dita aveva una sigaretta, mentre sostava sotto un cartello scritto a mano di non fumare.
"Non ti piacciono? Sono gli unici che vale la pena di leggere."
Rise avvicinandosi a me. Buttò la sigaretta di lato, e mi squadrò per bene.
"Purtroppo non sono d'accordo."
Risposi osservando i titoli dei libri, ed accarezzandoli.
Le sue labbra colorate di rosso si distesero in un sorriso ironico, prima di osservare il ragazzo del bancone.
"Quindi devo pensare che odi l'amore e roba del genere, giusto?"
Domandò. L'unica cosa che feci è annuire prima di andarmene. All'inizio non lo sapevo, ma scoprì ben presto che lei e il ragazzo dei libri, avevano una relazione. A me non importava. Non era l'amore che cercavo.

| Nymphomaniac | h.sWhere stories live. Discover now