17. 'Cause I forgive you

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Mi sentii tremendamente in colpa da quando chiusi occhio, fin quando lo riaprii, questo maledetto occhio. Abbracciai il cuscino foderato di nero e sospirai pesantemente. Guardai la radio-sveglia posta sul comodino accanto al mio viso; erano le 6:33 e non c'era verso di riprendere sonno in quella posizione. Mi districai dalle lenzuola arrotolate in malo modo e percepii della resistenza dall'altro capo del letto. Mi voltai senza batter ciglio. La porta era aperta, sulla sedia accanto erano posti i vestiti scomposti di Oliver. Pregai che quel senso di colpa che mi inghiottiva non fosse una notte di sesso con lui. Esso giaceva accanto a me, sotto le lenzuola fresche di lavatrice, ma ben impregnate dell'odore del presente. In tutta probabilità stava ancora dormendo, in intimo...Accanto a me. Non riuscivo a pensare ad altro e avrei avuto da ridire con chiunque avrebbe affermato il contrario nella mia situazione. Tutto sommato era un ragazzo desiderabile, era anche motivato il mio pensiero da giovane donna inesperta.

Mi voltai nella posizione precedente e chiusi gli occhi per riprendere sonno. Il lavoro avrebbe aspettato quel giorno, avrei chiamato grazie ad Oliver per avvisare della mia assenza. Due minuti più tardi la sveglia suonò e, stupidamente, feci finta di dormire, così Oli si sporse sul mio corpo per arrivare al dispositivo. Successivamente non si spostò da me...E mi allarmai leggermente. Non che avessi paura di lui, però provavo un ansia particolare a sentirlo così vicino, così a contatto con la mia pelle. Così caldo...Profumato. Era troppo vicino.

Mi scostai un po' dal suo petto concomitante con la mia schiena ed esso emise un grugnito discordante. Mi prese il fianco e mi avvicinò violentemente al suo bacino. Da questa azione che ritenni malsana, me ne scappai. Mi misi a sedere ed Oli aprì i suoi alveari colmi di miele, più brevemente chiamati occhi.
"Vieni qui, andiamo" Emise con voce roca e sinceramente sexy.
"Ma che stai dicendo...Dio, Oliver, Riprenditi. Non ho intenzione di darti quello che quella Amanda di ieri sera non ha voluto darti" Feci per scendere dal letto, ma mi tirò dal braccio e finii per risdraiarmi accanto a lui controvoglia.

"Non ho bisogno di scopare, mettitelo in testa, Carter"
"Allora perchè...ecco...Questo? -Indicai la sua nudità parziale- e quella ragazza?"
"Fa silenzio, cazzo" Mi zittì e fece scivolare una mano lungo il mio fianco, facendomi rabbrividire e sopratutto sorridere a causa del solletico che mi destava. Placai la sua mano nell'immediato, ma non bastò per fermarlo. Continuò a solleticarmi fino a togliermi il respiro. Vedevo solo il suo viso estasiato scrutarmi dall'altro e d'un tratto si trovò a baciarmi il collo troppo esposto.
Lo lasciai fare fin quando non ripresi lucidità al cento per cento.
"Oliver, Oliver..." Esso si fermò e si alzò dal letto dandomi una mano. Tutto in completo silenzio.

"Dimentichiamo questa cosa, ok?" Domandai confusa e reticente sul mio ideale nei riguardi di Oliver.
"Non ci penso nemmeno" Ribattè calzando sui fianchi i pantaloni.
"Non stavamo facendo niente d'impuro, quindi non ce n'è motivo" Sbuffai alla sua testardaggine assoluta e mi vestii di tutta fretta.
"Devo raggiungere il lavoro il prima possibile...Arriverò in totale ritardo" Imprecai un secondo dopo.
"Ti ci accompagno io, forza" La sua aria sufficente mi dava sui nervi, come sempre del resto.

"No, no. Senti, Hollister...Fammi vivere la mia vita e tu la tua"
Si avvicinò pericolosamente.
"La devi smettere con questi soprannomi idioti" mi prese di nuovo per il bacino e mi trasportò contro la parete più vicina. Bianca, fredda. Il suo sguardo puntato nei miei occhi.
"Altrimenti?" Stavo contraddicendomi, ma mi divertiva. Sorrisi maligna e mi costrinse alla parete col suo corpo. La claustrofobia stava per fare il suo corso, ma scacciai questa specie di malattia che avevo in testa per far spazio al pensiero che fosse veramente una sensazione particolare quella che mi stava provocando il suo corpo a contatto col mio.

"Ok, ora smettila" Ordinai esausta.
"Altrimenti?" Le sue braccia erano a misura delle mie spalle, potevo andarmene quando volevo in quel momento. Era seriamente un provocatore e più che altro un vendicatore accanito. Mi stava piacendo in quel momento; suonava come una bestemmia nella mia mente, ma iniziava a spaventarmi la situazione in cui io stessa ero incappata a causa delle mie stesse mani.
"Ti prego" Riuscii solamente a dire in un flebile sussurro soffocato. Troppi ricordi mal voluti corsero a galla alla velocità della luce, non appena Oliver accarezzo la mia guanvia candida e divenuta probabilmente bianca.

"Che succede?" Domandò lui aggrottando le sopracciglia. Aveva l'aria di un bambino a cui si tolgono le automobiline per impedirgli di giocare.
"Niente" Abbassai lo sguardo al suolo per nascondere ogni piccola briciola di sentimento che sarebbe trapelata dagli occhi. Esso tirò su il mio viso prontamente e cercò di scavare dentro le mie pupille, dentro al cervello, dentro. Troppo dentro questa volta.
"Non è vero"
"Lasciami stare" Non ebbi nemmeno la forza di respingerlo fisicamente.
"Carter" Mi richiamò piano. Perchè il mio nome suonava così dolce se arrivato da un lungo viaggio che faceva tappa dalle labbra di Sykes, per poi depositarsi nelle mie orecchie come un bacio leggero? Non l'avrei mai creduto capace di tanto.

"Che c'è?" Sputai amara con una lacrima che mi rigò il viso cereo.
"Che ti sta succedendo?!" Alzò un po' la voce e mi sentii sprotetta d'un tratto.
Mi morsi il labbro inferiore e crollai in terra tra le lacrime sommesse e ai piedi di un ragazzo che mi odiava potenzialmente molto. Sentii il peso del mondo gravarsi sulla mia schiena curvandola come fossi un mulo da soma. Mi chiusi. Bravcia che abbracciavano le ginocchia e viso tra di esse. Soffocavo così tanto i singhiozzi da rendere la gola la casa del demonio talmente bruciava tanto.

"Carter, ssh. Ci sono qui io" Pronunciò amabilmente la creatura più fredda che avessi mai conosciuto. Alzai il viso e puntai i miei occhi nei suoi. Erano diversi davvero, non mentiva. Si era inginocchiato al mio cospetto e aspettava solo di potermi aiutare.
"E tu chi saresti per potermi aiutare?" Rovinai tutto così... Non era Kellin il ragazzo con cui stavo parlando. Sicuramente avrebbe preso e mi avrebbe cacciato di casa lasciandomi allo sbando.
"Sono colui che forse ti capisce più di tutti. Pensi che mi piaccia essere come sono?" Scossi la testa con un sorriso smonco e rigato.
"Non piace nemmeno a me" Ammisi asciugandomi le lacrime coi polsi.

"Che è successo lì dentro?" Indicò la mia testa.
"Non lo so"
"Lo sai molto bene. Non ti fidi abbastanza da volerne parlare, ecco tutto. So cosa si prova: io sono come te, in caso tu non l'abbia ancora capito" Una parte di me sorrise fragorosamente e una volta che mi prese la mano, facendola combaciare con la sua, lo feci effettivamente. Ricambiò. Ogni nostro poro emise sincerità e pace interna, ma anche tanta insicurezza e terrore.
"Un giorno, forse, riuscirò a parlartene...chi lo sa...Se non ti ammazzo prima" Rise anche lui e si poggiò alla parete, accanto a me.
Mi porse la mano rovesciata e aperta. Senza pensarci due volte ci poggiai la mia e intersecai le dita con le sue. Dovevo come minimo essere titubante e restia nel farlo, ma non sentii mie nessuna delle due sensazioni. La sua mano grande mi fece sentire la sua piccola anima da proteggere, quando invece, ad essere protetti, dovevamo essere entrambi. La mani toccavano il suolo, si, ma eravamo insieme a toccarlo.

"Ci sono cose di me che nessuno dovrebbe mai sapere" Oliver si voltò a guardarmi dopo la mia affermazione.
"Oh, fidati non sei l'unica qui" Sorrisi e mi bloccai senza un motivo.
"Ci penso io a sistemare con i tuoi datori di lavoro quest'ora persa di lavoro, non preoccuparti" Mi sfilò dalla mente lui.
"Perchè non l'intera giornata?" Ammicai ed esso tornò a fissare dritto inanzi a se con un espressione di finta sufficenza questa volta, stampata in viso.
"Si può fare" Concluse.

"Vedi...Quando mi hai stretta alla parete un déjà vu si è impossessato della mia mente, l'ha letteralmente attanagliata e rovesciata al contrario per trarne fuori un esperienza che forse era meglio che restasse nell'oblio più totale...infondo l'oblio serve per andare avanti non per bloccarti, Cazzo"
"Ti ascolto"
Lo scrutai per qualche secondo e trovai così paradossale la situazione che stavamo vivendo da sentirmi libera di fare ogni cosa, convinta fosse tutto tranne la realtà.
"La mia prima volta non è stata esattamente come la sognano tutte le ragazze, Oliver...Sono stata costretta senza esser spinta da un sentimento, sia da parte mia che da parte dell'altro...Avevo solo tredici anni"
Esso sospirò amareggiato nella speranza di darmi un minimo di conforto.
"Mi sono sentita seriamente oppressa, non so perchè, non so come, ma sei riuscito a risvegliare questi ricordi"
"Brutto ricordi..." Sbiascicò infuriato con sè stesso, o almeno credevo questo. Magari era seriamente amareggiato da ciò che mi era capitato in passato.
"Lo chiamerei trauma, non proprio un ricordo" Ammisi sincera.

Successivamente dovevo necessariamente recuperare delle nuove chiavi per il mio appartemento...Pregai perchè ne avessero di riserva. Mi diressi alla porta d'ingresso con Oliver al mio seguito ed uscii per seconda. Nel momento in cui mi voltai per aspettare che finisse di girare le chiavi nella toppa, scorsi dal fondo una figura familiare.
Girai il viso per mettere a fuoco e scrutai bene quel viso salvatore...Kellin.
Portava in viso un espressione di piena delusione e sembrava che ogni passo mosso per retrocedere fosse pieno di amarezza indiscussa.

Suicide Season • Oliver Sykes • #Wattys2017Where stories live. Discover now