Capitolo 22: Sosia

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OCTAVIA

"Penso di potervi aiutare" aveva detto il ragazzino.

Quante possibilità c'erano che potesse veramente darci una mano a passare il confine? 

Poche, infinitamente poche. 

Ma presa dalla disperazione avevo accettato il suo aiuto. Tra l'altro, gli avevo promesso di aiutarlo a sua volta senza neanche sapere quale fosse la sua richiesta.

E se ci chiedesse qualcosa di impossibile? Ma che diavolo mi è passato per la testa quando ho accettato? pensavo, mentre lo seguivo dentro la fortezza a testa bassa. 

Il rumore dei suoi passetti veloci era l'unico suono a riempire la quieta aria notturna.

Eravamo rientrati all'interno dell'edificio e stavamo percorrendo a ritroso la strada che poco prima avevo fatto distrattamente per uscire. 

Per un attimo temetti che mi stesse riportando da Capo, ma poi, vedendolo svoltare e prendere un nuovo corridoio a sinistra, mi rilassai, distendendo tutti i muscoli del collo e delle spalle che involontariamente avevo contratto.

«Eccoti! Ma dov'eri finita?»

Nel Paese delle Meraviglie, a prendere un tè col Cappellaio Matto. 

Rallentai il passo fino a fermarmi e mi voltai in direzione della voce che ormai avevo imparato a riconoscere. 

No Octavia, è un tuo compagno e non ha detto niente di male, devi imparare ad essere gentile, pensai, trattenendo tutte e venti le risposte sarcastiche che mi erano automaticamente saltate in mente a quel "dov'eri finita?". 

Raggiunsi Chris con due falcate e, senza dirgli nulla, lo afferrai per la giacca a livello della spalla, poi, girandomi nuovamente, continuai a seguire il bambino, trascinandomelo dietro.

«Ehi, ma che fai?» continuò il ragazzo, ma io ero troppo concentrata a ricordare dove avesse svoltato il bambino per dargli attenzione. 

In fondo, a destra, mi ripetei mentalmente per non scordarlo. 

Con l'ultima curva, ci trovammo di fronte una rampa di scale che scendeva per due piani sottoterra. Il ragazzino stava fermo sui primi gradini ad aspettarmi.

Quando arrivammo soffermò per un istante gli occhi su Chris, per poi riprendere a scendere i gradini silenziosamente.

Sentii il braccio di Chris allontanarsi con un gesto veloce e la sua giacca sfuggirmi dalle dita «Mi dici dove stai... stiamo, andando?» mi chiese con sguardo dubbioso.

«Lo vedi quel ragazzino? Dice di poterci aiutare ad attraversare il confine» dissi, indicando la piccola figura che continuava a scendere le scale. 

La luce aranciata di una delle fiaccole appesa al muro danzava riflessa negli occhi del ragazzo giocando col verde foresta delle sue iridi. Non capivo se mi credesse o meno. 

Cosa pensa, che stia mentendo? Crede che io rapisca ragazzi così, per passatempo? O magari pensa che lo abbia trascinato via per qualche altro motivo? No, non lo sta pensando veramente! No no, io volevo solo renderlo partecipe del teorico piano! Lo sapevo, dovevo rispondergli sarcasticamente e lasciarlo lì, dovevo...

«E perché non lo hai detto prima?» le labbra del ragazzo si incurvarono in un sorriso. 

Era stata una risposta semplice e spontanea, mi credeva. Per un attimo rimasi immobile, cercando di capire come fosse possibile che mi fossi fatta così tanti giri mentali inutilmente. Di solito non ero così, non mi ponevo tutte quelle domande, e non mi curavo neanche troppo di quello che gli altri potessero pensare.

Ddaear Arall || L 'Altra TerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora