1. Sweater Weather

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Mi spingo avanti, strisciando i piedi nudi nella sabbia fredda e umida. È un gesto automatico ormai: da settimane mi siedo qui, su questa altalena cigolante, tolgo le scarpe e i calzini, li appoggio vicino ad uno dei pali di legno issati nella sabbia e mi abbandono alla sensazione dei granelli che mi coccolano i piedi.

Una mattina di inizio settembre ero persa tra i miei pensieri e tra le parole che sgorgavano dagli auricolari fissi nelle orecchie, avevo la testa appoggiata al finestrino dell'autobus e lo sguardo perso di chi ormai è stanco della vita. Ad un semaforo rosso ho notato questo parco, a lato della strada: un punto verde in un mare di grigio. La prima cosa che ha catturato la mia attenzione sono state due altalene, una di fianco all'altra, su cui un bambino spingeva la sorellina. Erano posate su una distesa di sabbia, proprio come quella che c'è al mare, e si lascia coccolare dalle onde. Il giorno successivo ero seduta sull'altalena di destra, dando le spalle alla strada dove il traffico milanese saturava l'aria di rumori. Eppure lì, con i piedi immersi in quel piccolo sprazzo di estate, la quiete regnava sovrana. I rumori erano affievoliti da tutti quei grandi alberi che, con il loro colore, parevano un piccolo paradiso terrestre. Stavo giusto leggendo The Secret Garden in lingua originale e sì, alzando lo sguardo e osservando il parco che si estendeva di fronte a me, non perfettamente curato ma proprio per questo suggestivo, mi resi conto che avevo trovato anche io il mio giardino segreto, proprio come la protagonista del mio libro. Da quel momento ci sono tornata ogni giorno, con un libro diverso in borsa e la stessa sensazione che quello era il mio posto.

Il sole oggi non si è visto, motivo per cui il parco è quasi completamente deserto: il cielo di Milano non è mai stato così grigio, e l'unica ragione per cui riesco a continuare la mia lettura è il lampione che sta proprio sopra la mia spalla destra e rimedia all'insufficienza della luce naturale. L'altalena continua il suo oscillante movimento. Sono sempre stata affascinata dalle metafore che questo semplice oggetto può ricordare: quello che forse mi spinge sempre a sedermici sopra è il suo costante e sincero parallelismo con gli alti e bassi della vita. Su, giù, su, giù. Avanti e indietro, avanti e indietro. Un ritmo costante che sembra non avere una conclusione: non appena ti pare di esserti fermato, ecco che ti muovi leggermente e allora pendi in avanti, oppure indietro. Le altalene mi regalano sempre speranza e consapevolezza, perché quando sei seduto sul seggiolino nero e ti tieni forte alle catene, ti dai slancio con le tue stesse gambe, sfruttando la tua forza per andare sempre più su. Non è forse quello che succede nella vita reale, dopo una brutta caduta? Quando sei a terra, puoi rialzarti solo grazie alle spinte che ti autoimponi, solo alla tua energia. E quando sei in alto, se smetti di muoverti, inevitabilmente ricadi verso il basso. Emblema. Ecco cosa è l'altalena. Un'emblema che ti permette di giocare fin da piccolo sul reale andamento dell'esistenza. Non ho mai voluto spingermi troppo su, perché sì, io ho ancora paura di cadere se mi spingo eccessivamente in alto. Preferisco dondolarmi piano, lasciarmi cullare avanti e indietro come se fossi lambita dalle onde.

Nonostante io sia completamente rapita dalle parole che corrono sulle pagine che tengo tra le dita, mi rendo conto che qualcuno si è seduto sull'altalena di fianco alla mia e che, con ogni probabilità, non si tratta di un bambino. Il peso della persona accanto a me ha fatto leggermente abbassare la mia seduta, facendomi allungare ancora di più le gambe fasciate da un paio di leggins neri. Non mi sforzo neanche di voltarmi ad osservare chi è il mio compagno di solitudine, ma dai regolari sospiri capisco che sta fumando una sigaretta.

"Che tempo di merda".

Una voce maschile esclama alla mia sinistra. Ruoto leggermente la testa e poso lo sguardo sulla figura che mi trovo seduta a due metri di distanza: capelli mori, nuvola di fumo che esce dalle labbra socchiuse, felpa nera e gomiti appoggiati sulle ginocchia. Occhi socchiusi. Forse è quello che mi spinge e dare un segno di vita: i suoi occhi socchiusi, con le palpebre che tremano impercettibilmente, forse stanchi, forse vuoti o forse troppo pieni per vedere altro. Occhi in pausa, ecco cosa sono quelli. Occhi che staccano la spina dal mondo per un secondo che può durare un'eternità.

"Mhmh", mugugno in risposta.


nessaspace

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nessaspace

Benvenuto a te, caro lettore!

Innanzitutto, prima delle presentazioni, ci tenevo a dire un immenso grazie a tutte quelle persone che mi sono state vicino in questa mia decisione, a tutti coloro che mi hanno supportato e a tutti quelli che mi seguiranno in futuro. Non sono brava quando si deve parlare di me, mi sembra sempre tutto superficiale e inutile, quindi, per ora, tutto quello che mi sento di dire è: piacere, sono Vanessa, ho 20 anni e non ho ancora capito come funziona wattpad quindi abbiate pazienza con me.

Per il momento spero che quel poco che ho scritto vi sia piaciuto, nonostante non si tratti di un capitolo lungo e stupefacente. Ho sempre creduto che da piccoli inizi possano crearsi grandi cose, speriamo sia così veramente.

Lasciate un voto ed un commento, leggere i vostri pareri sarebbe gratificante e stimolante.

Un grosso abbraccio,

V

swing | #Wattys2016Where stories live. Discover now