4. Liberi

930 131 110
                                    


(Consiglio l'ascolto di "Make it rain" di Ed Sheeran durante la lettura)

Jim Morrison diceva che c'è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo, e sembra proprio che qualcuno l'abbia preso in parola. Quando arrivo all'ingresso del parco, la melodia che fuoriesce dai miei auricolari è quasi completamente offuscata dal rumore della pioggia che batte incessante sul mio ombrello nero. Milano è cupa, come sono cupi gli animi di chi corre per strada con la testa china e l'orlo dei pantaloni zuppo in quella che è la classica, triste giornata invernale.

Grigio.

Oggi è davvero tutto troppo grigio, e Occhi-scuri avrebbe qualcosa da dire a riguardo, ne sono convinta. Credo che di punti in comune proprio non ne potremmo trovare, nemmeno se vivessimo entrambi su quelle altalene che riesco a scorgere a fatica dietro una tenda di gocce di pioggia, costretti a stare a fianco dell'altro anche quando non ne abbiamo voglia. Lui odia il grigio mentre io lo trovo così avvolgente che mi ci tufferei da una scogliera, con tanto di rincorsa, se fosse il colore del mare.

Non so cosa mi abbia spinta ad uscire di casa, abbandonare la mia meravigliosa scrivania bianca ricoperta di fogli vuoti, accartocciati, lasciati lì come relitti di una guerra che no, nella mia testa non è ancora finita. Non riesco a scrivere. Sento il bisogno di buttar fuori tutto, ma non appena mi trovo di fronte ad una pagina bianca, con tanto di musica classica di sottofondo, è come se tutto quello che preme per esser liberato si nasconda in una stanza completamente buia, barricata, senza finestre né spiragli. Irraggiungibile.

Muovo dei passi incerti sulla ghiaia mista a fango che costituisce il sentiero che mi porta il più vicino possibile alle altalene. I miei stivali neri sono completamente lucidi, come se li avessi appena inzuppati di cera, quando invece sono interamente fradici. Sono quasi alle altalene quando decido di studiare la situazione per capire se effettivamente ho avuto un'assurda idea. Questa volta non si trattava solamente di una normale e prevedibile giornata grigia per quanto riguardasse la mia impossibilità di scrivere. Stavolta era come se in quella stanza buia e barricata ci fossi finita anche io. In trappola. Senza una lingua di luce che riuscisse a lambire l'oscurità in cui mi ritrovavo a galleggiare. Ero piombata nel bel mezzo dei miei pensieri e mi sentivo come un claustrofobico si sente in uno di quegli ascensori vecchi, ancora circondati da una gabbia di ferro, proprio come quello che prendo tutti i giorni per raggiungere finalmente la porta di casa. Stavo soffocando, e la mia unica speranza di riuscire a tirare un respiro profondo e di capire come uscire da quell'ambiente opprimente che era la mia testa, era solo una: la mia altalena.

Quando i miei occhi si posano su di essa, però, notano qualcosa di completamente inaspettato: una figura in piedi, di spalle, con solo un cappuccio nero a proteggerlo dall'insistente e costante cadere di una pioggia fredda e prepotente. Non mi spavento, non mi incuriosisco. Semplicemente, osservo.

Non riesco a vedere chi si cela sotto quel cappuccio, se un senza tetto o un ragazzino scappato di casa. I contorni della sua figura sono sfumati dalla barriera d'acqua che ci divide, eppure riesco chiaramente a vedere che una gamba di questo misterioso individuo si scaglia contro il palo di legno che tiene in piedi la mia altalena e quella di Occhi-scuri. Dio, devo smetterla di ficcarlo in ogni mio discorso!

Le mani dello sconosciuto si appoggiano al palo, come se cercassero sostegno. Mi sento una depravata a ficcare il naso nella privacy di uno sconosciuto, ma nonostante i metri di distanza, sento qualcosa che mi lega a lui. Come se una mano gigantesca ci stesse stringendo nella stessa morsa, come se qualcuno stesse disegnando attorno a noi un cerchio indissolubile. Riesco a sentire tutto quello che sente lui: l'assurda e lacerante disperazione, il bisogno di solitudine così forte da spingerlo ad uscire da qualsiasi posto sia scappato senza un ombrello, la sua necessità di evadere dalla frenesia e di ritagliarsi un momento in cui essere solo, con se stesso e con i propri pensieri. Mi torna in mente la frase di Dostoevskij che mi ha citato Occhi-scuri tre giorni prima: fin dal primo sguardo, questo completo sconosciuto (o meglio, la sua schiena) ha destato in me un grande interessamento.

swing | #Wattys2016Où les histoires vivent. Découvrez maintenant