Capitolo quarantacinque

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«Da quanto siamo chiusi qui dentro?» chiedo per l'ennesima volta.

«Più di un'ora... credo» risponde Mattia, disteso a meno di mezzo metro da me.

Dopo aver finito la sfilza di ingiurie contro Luna, non ho fatto altro che osservare il soffitto, nella speranza di sentire quel tanto desiderato cigolio, antecedente all'apertura di quella maledettissima porta.

«Under the words of men, something is tempting the father. Where is your will, my friend? Insatiates never even bother. You and I, wrong or right, traded a lie for the leverage. In between the lens in light you're not what you seem...»

D'istinto mi giro di scatto e, con la pazienza oltre al limite, gli chiudo la bocca con una mano.

«Smettila. Di. Cantare» scandisco bene ogni singola parola.

Nell'ultima mezz'ora non ha fatto altro che intonare canzoni su canzoni, per passare il tempo. All'inizio mi sembrava un buon metodo, difatti a quelle che conoscevo mi sono aggiunta anche io, ma ora non ne posso proprio più.

«E cos'altro dovrei fare? Contare le crepe nel soffitto, o magari quanti piccioni passano fuori dalla finestra?» chiede, facendo un ampio gesto con le braccia per evidenziare il fatto.

«Ehm... sì?» dico titubante, nella speranza che cominci a farlo sul serio.

«E invece te lo scordi! Non sono così disperato!» afferma.

«E dai, non mi sembra di chiederti tanto! Tra la puzza della vernice e le tue stonature, la testa mi sta scoppiando» dico portandomi le dita alle tempie.

Torno a fissare il soffitto, ma continuo a sentire il suo sguardo su di me, come una presenza costante. Aspetto, ma la sensazione di essere osservata continua ad esserci.

«Che hai da guardare? Faccio tanto ridere con la faccia dipinta di verde?» chiedo, un po' infastidita, non tanto da lui, ma dall'intera situazione.

«Mi hai detto di non cantare, quindi cerco di impiegare il mio tempo in qualcosa di altrettanto bello» risponde spontaneo, ed io sento il mio corpo irrigidirsi.

«E cosa ci sarebbe di bello in ciò che stai facendo?» chiedo curiosa, girando lentamente la testa, fino ad incrociare il suo sguardo sereno.

 «Il soggetto delle mie attenzioni, mi sembra abbastanza ovvio» afferma con naturalezza, facendo poi un'alzata di spalle.

Sento le guance avvampare nello stesso secondo in cui termina la frase, e l'istinto è quello di deviare lo sguardo, per paura che lui se ne accorga. Tuttavia, per qualche ragione a me ignota, non ci riesco, e mantengo gli occhi nei suoi.

Devo aver scosso la testa senza neanche essermene accorta, perché lo vedo corrugare la fronte.

«Che c'è? Non ci credi?»

 «Ehm... » riesco solo a dire, cominciando a fissarmi le dita delle mani, un po' in imbarazzo. Non mi capita spesso di rimanere a corto di parole, anzi, non credo sia mai successo in vita mia.

«Lo vedi che ho sempre ragione? Ti sottovaluti sotto tutti gli aspetti, e te lo avevo già fatto notare tempo fa» constata, rivolgendomi un piccolo sorriso subito dopo.

Com'è riuscito a zittirmi? Non è la prima volta in cui qualcuno mi ha detto di essere bella, ma non ci ho mai fatto troppo caso. Questa volta mi sembra diverso e... decisamente strano, forse troppo strano.

«Io non mi sottovaluto» lo contrario a bassa voce, non totalmente sicura di ciò che sto dicendo.

«Se non lo facessi, ora non saresti così rossa» afferma con una piccola risata, ed io porto entrambe le mani a coprirmi la faccia.

Nient'altro che teWhere stories live. Discover now