Capitolo cinquantotto

979 126 94
                                    

LUNA'S POV

Qui fuori in veranda tira una leggera brezza. Non è aria fredda, ma si avvicina al tepore del vento estivo. La sento passarmi attraverso i capelli, carezzarmi le guance, la percepisco avvolgermi con il suo stato di quiete in netta contrapposizione alla sua eterna corsa. Sembra che anche lei stia gioendo assieme a me per gli avvenimenti di oggi, ma forse sono solo io ad essere talmente felice da pensare che un elemento della natura possa essere contento per me. In ogni caso, il lieve spostamento dei rami e delle foglie che circondano il giardino della casa, è un ottimo sottofondo ai miei pensieri... quello giusto.

Rivedere Jamie è stato più bello di ogni previsione, e mi è bastato imbattermi nel suo sguardo per far sì che l'ansia se ne andasse del tutto. Sentivo come se avessi finalmente trovato il mio posto nel mondo, ed è stata una sensazione che si è protratta anche nelle ore seguenti, che continuo a percepire anche ora, e che forse mi porterò dietro per sempre. Ormai non ho più alcun dubbio: voglio essere dove sarà lui. Ne abbiamo passate decisamente troppe per poterci dire addio.

Ho aspettato a lungo che le cose si sistemassero, restando bloccata in un circolo di dolore continuo. Tante volte ho pensato di dover vivere a quelle condizioni per il resto dei miei giorni, con il passare delle settimane quel pensiero si è rafforzato come non mai, fino a diventare una convinzione vera e propria. Non so cosa sia cambiato... forse chi decide le sorti di noi mortali ha deciso di allentare il cappio che porto attorno al collo. Non so se con il passare del tempo tornerà a stringersi, non sono nemmeno certa di essermene liberata del tutto. So solo che così riesco finalmente a respirare, a vivere, ed è la sensazione più bella del mondo.

Mentre aspetto l'arrivo di Jamie -tornato temporaneamente a casa per disfare le valigie- mi perdo a contare le stelle, che senza poter parlare, e pur apparendo statiche, riescono a dar vita ad uno spettacolo meraviglioso.

«Ehi, svegliati.» mi torna alla mente l'immagine di una notte di alcuni mesi fa, quando sono stata svegliata dalla sua voce nel bel mezzo del sonno.

«Che ore sono?» avevo chiesto infastidita. In quel momento volevo solo dormire, non ero nemmeno cosciente del tutto.

«Questo non è importante. Alzati e vieni con me, dai!» Non sapevo cosa avesse in mente, in quel momento lo stavo solamente detestando per avermi svegliato da quella dormita che ero riuscita a fare dopo tanta fatica. In quel periodo non riuscivo a riposare bene.

«Te lo scordi. Voglio dormire, e dovresti farlo anche tu. Torna a letto.» Invece di fare ciò che gli avevo chiesto, si era affrettato a levarmi le coperte di dosso. Mi ero sentita prendere in braccio da lui, e ho evitato di cacciare un urlo solo per non svegliare Anne.

«Ma che stai facendo? Mettimi giù.» Senza perdere tempo ad ascoltarmi mi aveva buttato un cappotto sulla schiena e, bloccata dalla sua presa ferrea, avevo rinunciato a dimenarmi o a chiedere spiegazioni. Guardando giù avevo notato che indossava le scarpe.

Aveva sceso le scale tenendomi ancora tra le sue braccia, e lì ricordo di essermi sentita al sicuro, anche se non sapevo dove mi avrebbe portata. Uscimmo nella notte gelida, e in quel momento l'avevo ringraziato mentalmente per avermi dato qualcosa da mettermi addosso. Senza quel cappotto sarei gelata di sicuro. 

Dopo aver fatto il giro della casa, mi aveva adagiato a terra, e poi si era seduto accanto a me. Lo avevo osservato accendersi una sigaretta, mentre i lineamenti decisi gli si erano illuminati alla luce della debole fiamma dell'accendino, unica fonte di calore in quel luogo gelido. Era bellissimo. Ne aveva passata una anche a me, e senza fare domande l'avevo accesa e l'avevo portata alla bocca.

«Guarda in alto» mi aveva detto dopo aver buttato fuori una nuvoletta di fumo denso. Lo avevo guardato senza capire. Cosa ci stavamo facendo lì, a quell'ora, poi?

Nient'altro che teWhere stories live. Discover now