Team.

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Entrò nella clinica in silenzio, osservando tutto quello che aveva accanto a lei. Si avvicinò alla scrivania, dove era seduto un uomo abbastanza anziano.

"Salve. Chi è venuta a trovare?"

"Spencer Reid."- disse, a bassa voce. L'uomo si alzò e la accompagnò. Spencer era seduto su una poltrona, stava leggendo Umiliati e Offesi di Dostoevskij, probabilmente in russo. Gli anni erano passati, ne aveva ormai 40, ma sembrava un venticinquenne, come sempre. Si alzò dalla poltrona e si chiuse la vestaglia, aveva intuito che qualcuno lo stava osservando.

"Ciao Spencer."-disse la donna. Lui si limitò a guardarla e a prendere una sedia per lei. Tante cose erano cambiate da quando si erano conosciuti, erano passati 15 anni. Le cose erano molto cambiate ed avevano portato Spencer lì, in quella clinica. Come dicevano nella sua squadra di profiler, il fattore di stress che lo aveva portato lì era stata la morte della mamma, Diana. Aveva cresciuto Spencer da sola, fin quando lui non la aveva portata in una clinica per curare la sua schizofrenia. Gli aveva insegnato l'amore per la cultura, per la letteratura, e non c'era un giorno in cui non pensasse al figlio, ma aveva smesso di prendere le medicine, non voleva più curarsi, e si era suicidata. Aveva lasciato una lunga lettera al figlio, ma era quasi incomprensibile, poche parole lucide alternate a quelle deliranti. Era successo due anni prima. Spencer era completamente perso senza di lei, era il suo punto di riferimento, la sua ancora. Si sentiva in colpa, perchè era stato lui a mandarla in una clinica quando aveva 18 anni. Doveva studiare, cercarsi un lavoro, non poteva stare con lei ed accudirla. Si ripeteva che era colpa sua se era morta. Il padre non si era fatto vedere al suo funerale, solo una corona di fiori. Spencer lo sapeva che la schizofrenia è una malattia genetica, pensava che prima o poi sarebbe toccato a lui, da solo decise di andare in clinica. I medici avevano detto che la schizofrenia non era ancora comparsa, ma lui era fortemente depresso, e doveva fare altro, non rimanere in clinica. Spencer non gli diede ascolto e rimase lì. Era passato un anno e mezzo da quando era entrato in clinica, solo 6 mesi dopo dalla morte della madre. Nulla era riuscito a fargli cambiare idea, non trovava più se stesso, non sapeva più dove andare. Ma quella fu solo una goccia.

Due mesi prima della morte della madre la sua squadra si era sciolta. Lavorava per l'FBI, più precisamente per la BAU, con altri profiler e un'analista.

"Lo sapete che i membri devono cambiare spesso, dai piani alti ci hanno concesso anche troppo tempo tutti insieme."- queste furono le parole del suo capo, l'agente Aaron Hotchner, quando annunciò a tutti quella notizia. Avrebbero continuato a lavorare per l'FBI, ma in sezioni diverse, tutti separati, nessuno insieme. Non tutti, però. Non l'agente David Rossi. Era prossimo alla pensione, e poteva permettersi di andarci anche prima, ma non era quello il suo problema. Quello stesso giorno, di fronte a tutti, annunciò la sua malattia.

"Ho un tumore allo stomaco."- tutti rimasero a bocca aperta, soprattutto Spencer. Rossi si voleva far curare, ma questo rendeva impossibile l'andare al lavoro. Si sarebbe trasferito in California dalla figlia, che lo avrebbe aiutato. Non riuscì ad essere presente al funerale di Diana, e Spencer non ebbe più sue notizie da quando lo vide alla riunione.

Gli altri li vide tutti al funerale della madre, ma dopo non seppe più nulla. Non pensava potesse andare così, lui e la sua squadra erano stati inseparabili per più di 10 anni, avevano condiviso gioie e dolori, erano cresciuti insieme e Spencer pensave che il loro legame avrebbe resistito a quella brutta notizia, ma così non fu. Ognuno per la propria strada, senza guardare indietro.

Hotchner, il loro capo, era l'unico sopravvissuto della BAU del tempo, sarebbe stato lui a gestire la squadra che li avrebbe rimpiazzati, anche se avrebbe preferito un lavoro con degli orari più stabili, per stare vicino al figlio, e per non rischiare più la vita sua o di chi gli sta accanto. Dopo la morte della moglie Haley non si era più risposato, non voleva soffrire ancora. Emily Prentiss era tornata a Londra, all'Interpol, dopo un rapporto di "tira e molla". Dopo essere stata alla BAU per 5 anni, era stata chiamata dall'Interpol e dopo 4 anni era tornata. Spencer seppe al funerale della madre che Emily sarebbe tornata a Londra il giorno successivo, pronta a riprendere il suo posto all'Interpol.

Penelope Garcia, l'analista più abile dell'FBI, sarebbe rimasta a lavorare lì, ma per la Sicurezza Nazionale. La chiamarono pochi giorni dopo dal discorso di Hotch. Non era molto felice, si sarebbe dovuta vestire bene e diventare più seria, ma non sembrava importarle molto di lasciare i suoi comlleghi e amici. Lei, che era come il collante di quela squadra. Spencer si ricordava tutti i soprannomi con cui Penelope lo chiamava, ma aveva incontrato un uomo, molto diverso da lei, e lei lo amava. Era cambiata radicalmente, era un'altra persona, alla quale non importava più dei suoi colleghi, ma solo della sua carriera.

Derek Morgan, il più grande amico di Spencer. Erano così diversi, ma solo lui sapeva capirlo come un fratello maggiore. Erano opposti, ma le loro anime erano unite da un forte legame. Già da tempo erano arrivate a Derek varie richieste, e alla fine accettò di dirigere la squadra che si occupava dei crimini esteri. Il quartier generale era sempre a Washington, ma Derek viaggiava sempre e stava pochissimo a casa. Spencer aspettava tutti i giorni una sua visita, la visita del suo amico, ma nulla. Probabilmente si era lasciato con Savannah, la sua ragazza da molto tempo.

JJ. Quando Spencer sentiva chiamare "Jennifer" pensava subito a lei. Se Derek era come un fratello, JJ era come una sorella per lui. Tra loro due c'era un rapporto speciale, un'amicizia bellissima. JJ lo accudiva quasi come un figlio, si curava di lui, lo andava a trovare quando stava male, cercava di ascoltarlo se era giù di morale e si divertiva vedendo film con lui o giocando con Henry, suo figlio, il figlioccio di Spencer. Dopo la nascita del secondo bambino JJ non riusciva a gestire tutto. Per i primi tempi era andato tutto bene, ma poi lo stress aumentava, era spesso fuori con la squadra, e vedeva i suoi bambini sempre di meno. Ovviamente questo non le piaceva, ma era il suo lavoro. Quando Hotch disse che la squadra si doveva sciogliere non si fece sentire per una settimana, quel tempo le servì per prendere la sua decisione: lei, suo marito Will e i bambini si sarebbero trasferiti a Pittsburgh, la città natale di JJ, dove c'erano i suoi genitori. Spencer la aspettava ancora, ma non la aveva più vista dopo il funerle di Diana. Lo aveva abbracciato e aveva sussurrato a suo orecchio "Abbi cura di te", ma sperava di poterla rivedere dopo, invece non era successo.

Pensava di aver sofferto abbastanza dopo la perdita di Gideon. Era un uomo speciale per lui. Quando aveva solo 23 anni ed era un alunno a Quantico, Jason fu l'unico a vedere una speranza in lui. Non riusciva a passare i test fisici, soprattutto quelli di forza, ma Gideon era l'unico che aveva capito qualcosa in più di lui, aveva capito il genio che era Spencer. Era merito suo se aveva ottenuto il posto all'unità. Era come il padre che non era mai stato presente nella sua vita, era protettivo, ma sapeva anche rimproverarlo, giocava con lui a scacchi, lo ascoltava. Quando non si presentò più a lavoro, fu Spencer a trovare la sua lettera di addio. Era partito, e non lo vide più. Qualche volta si sentirono, si mandarono delle lettere, ma non lo vide fino al giorno della sua morte. Vedere il suo cadavere, dentro quella casa, fu uno schock incredibile, non riuscì a trattenre le lacrime. Gideon era stato il suo mentore, la sua guida, quando cercava un modo per scacciare gli incubi, pensava alle sue parole. Chi aveva sconfitto per anni tutti i cattivi, era stato sconfitto da un cattivo. 


Ciao a chiunque stia leggendo questa storia! Non so quanti siete, ma intanto vi ringrazio! La storia è abbastanza particolare, spero vi piaccia! :*

E spero di aggiornare presto! :)

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