30. Take Me As I Am [Prendimi Come Sono]

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"To those who understand, I extend my hand to the doubtful I demand, take me as I am. Not under your command, I know where I stand. I won't change to fit your plan, Take me as I am"

As I Am - Dream Theater

[290, Av de Fabron - Nice, FR] 

(CET), UTC +1)

Le avevo detto quella cosa. Non potevo averlo fatto sul serio. Non potevo crederci.

Credici.

No, non era possibile.

Sì, invece.

E la sua proposta era stata, quale? Che non sarebbe stato un problema "se mi lasci guardare mentre concludi da solo."?

Non era pazza: era una squilibrata completa!

La mia prima volta...

Avevo diciannove anni. Tardi, lo so, ma dopo la mastodontica figura di merda con Maggie Flores, la ragazzina del negozio di alimentari, non ero più riuscito ad avvicinarmi a una donna.

Andy mi stava torturando già da qualche anno, e le sue insopportabili prese per il culo erano cessate solo nell'estate del 1991, quando mi aveva portato da una certa Cora - ammesso che fosse stato il suo vero nome - a Riverside, una puttana che lavorava in casa e quindi, secondo lui, sicura. L'aveva pagata perché si occupasse di me e io le avevo riconosciuto la stessa cifra perché si astenesse dal farlo, aggiungendo un extra per il suo silenzio nell'immediato e in qualsiasi futuro posteriore. Non volevo nemmeno prenderla in considerazione l'ipotesi di infilare il mio cazzo in un buco esplorato da milioni di altri cazzi. Era escluso. Non volevo che la mia prima volta si consumasse tra le cosce di una prostituta e il fattore romanticismo non c'entrava un bel niente! Avevo molto da imparare, ma quel tipo di nave scuola non faceva a caso mio. Comunque sia, ero riuscito a scamparla: Andy era soddisfatto e aveva smesso di rompere le palle.

Mordevo il freno, però, la curiosità era tanta e gli ormoni non mi davano tregua. Era accaduto all'incirca un anno più tardi, all'inizio dell'estate del 1992, con Jenny Rogers, la sorella minore di Dan Rogers, un ladruncolo amico di Andy; una sera di giugno, in un vicolo privato in Lyman Place, contro il muro di un complesso di case fatiscenti, con il ginocchio sinistro che si era sbucciato per la frizione con un cassonetto. Avevo capito poco... ero durato poco e, neanche a dirlo, da quel giorno non le avevo più rivolto la parola.

Era bello lì, a Nizza. La sera era straordinariamente mite, nonostante fosse quasi dicembre, il clima mi ricordava molto quello di Los Angeles, solo con un'aria più profumata. L'appartamento era... normale, addirittura piccolo, arredato con mobili che non riuscivo ad associare in alcun modo a Lyla. In lontananza, il mare era una torta di petrolio incoronata dalle luci multicolore della costa.

Porca puttana, gliel'avevo detto veramente!

Sì.

Lyla sbucò dalla finestra del salotto; in una mano aveva una coperta nera e nell'altra la terza bottiglia di quel vino pesantissimo e aromatico da far paura.

«Non stai esagerando, Silver?» la criticai per l'alcol, ma era davvero l'unico biasimo a cui potevo aggrapparmi.

Se ne stava in piedi, accanto alla sdraio sulla quale ero seduto, semplicemente insuperabile: piedi nudi, leggings neri, la maglietta di Robert Smith che le lasciava scoperta la spalla e... niente sotto. Avevo notato che si era dimenticata qualcosa... ma avevo fatto finto di niente, cercando di guardare il suo seno il meno possibile. Capelli arruffati, occhi lucidi, guance arrossate... Gesù, ero sul punto di scoppiare!

The Moon's coming up... like an Eye In The DarkWhere stories live. Discover now