Capitolo 15

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Quando apro gli occhi stento a riconoscere l'ambiente circostante, intorno a me vedo solo distruzione e caos.

Mi alzo lentamente e mi guardo intorno, sono circondata da macerie, resti di muri, è tutto distrutto, guardando attentamente capisco dove mi trovo, sono nella mia stanza, o almeno, quello che resta della mia stanza, dei muri non è rimasto altro se non polvere e macerie.

Tutto sembra abbandonato da anni, questo è il primo pensiero che mi è passato nella mente quando esco da quella che era la mia camera.

C'è polvere ovunque, tutte è in rovina, disabitato, decido comunque di andare a fare un giro intorno alle rovine nel vecchio Santa Monica.

Intorno, però, niente era intatto, le macerie, la distruzione e la polvere regnavano da sovrane.

Era come se un uragano fosse passato e avesse distrutto tutto ciò che trova sulla propria strada.

Forse è per pazzia o ,anche, per curiosità, decisi di andare a guardare tutto ciò che circondava, in passato, nel Santa Monica.

Quello che vi dico non riuscirà mai a descrivere totalmente ciò che vidi, intorno a me regnava soltanto distruzione, l'orrore e la consapevolezza che tutto ciò che conoscevo era stato raso al suolo mi destabilizzò.

Riuscivo ancora, solo lievemente, a scorgere quelle che, forse un tempo, erano state delle fondamenta di una casa, dei vecchi muri, resti di vestiti, qualche mobile ormai in disuso, tutto però era distrutto e inutilizzabile.

Nonostante fossi all'aria aperta, per così dire, l'aria era densa, si faticava quasi a respirare.

Quel che vidi, seppur possa sembrar una cosa normale, che magari possa portare soltanto un po' di malinconia, era un vecchio paco giochi accanto ad una strada.

Del parco giochi non rimaneva niente, se non i resti di una altalena.
A terra, sparse un po' in giro, vidi i resti di una giacca. Magari lì sedeva e giocava un bambino.

Tutto era distrutto, come se le rovine fosse lì da anni, tutte sembrava vuoto e privato violentemente delle vita.

Davanti a me quella che forse, in passato, era stata una strada, ora ne rimanevano soltanto delle macerie.

Forse una volta in quella strada passiamo di ragazzini giocavano, le mamme uscivano con i loro bambini, dei genitori andavo a lavoro, anziani che guardavo che guardavano il tramonto godendosi quello che restava della loro vita passeggiando, magari anche con la propria moglie.

Ora però più la guardavo, più il tempo passava e più un senso di vuoto si propagava nel mio petto, cos'è successo il mondo?

Come si era ridotto in questo stato?

Chi o cosa aveva distrutto ogni segno di civiltà umana?

Avevo tantissime altre domande, alcune simili, altre non proprio, che mi frullavano per la testa. Ma non riuscivo a trovare delle risposte.

Continuavo a scrutare l'orizzonte ed a guardarmi intorno, forse in cerca di una risposta, non né ero sicura, ma più il tempo passava e più mi sentivo vuota, quasi colpevole, come se tutto questo dipendesse da me.

Non ricordavo cosa fosse successo, il mio ultimo ricordo risale a quando sono svenuta, subito dopo o vuoto di memoria, non ho idea di quanto tempo sia passato forse un mese, un giorno, un anno?

Non lo so, so solo che forse, sono l'unica superstite a questa grande distruzione e magari, né ero anche l'artefice.

Così cominciare a camminare tra quelle macerie, più avanti andavo e più lo scenario si faceva tragico, malinconico, desolato, il grande vuoto che mi si era propagato del petto, non accennava a sparire, anzi continuava a farsi sempre più pesante tanto che mi dovessi fermare per annaspare l'aria.

Un incredibile senso di terrore, di angoscia, e di colpevolezza, crebbe nel mio petto e, nella mia mente susseguirono dei ricordi che, non mi ricordavo di aver vissuto, anzi, se li avevo vissuti non ero io a comandare il mio corpo.

È difficile da spiegare, è come quando per esempio, state facendo una conversazione importante magari pensate qualcosa, aprire la bocca pronta per dirla e, un'altra parola esce al suo posto, anche, se voi non avevate minimamente intenzione di dire quella parola, però, ormai, il danno è fatto e non si può aggiustare tutto con un semplice taglio, non si può tornare indietro.

In quel momento, mi sentivo terribilmente colpevole, non sapevo cosa fare,né dove andare e, ben presto, mi ritrovai a dovermi appoggiare ad un masso lì vicino per cercare sostegno, mentre delle amare lacrime bagnavano le mie guance.

La consapevolezza di essere un mostro, si fece largo tra i pensieri più profondi.

Mi guardai intorno, ero indecisa, il sole stava tramontando e avrei dovuto trovare presso un riparo per la notte, ma mi circondavano soltanto macerie e distruzione e l'orrore di quel luogo, sapevo di essere stata io ad avere ridotto così, quel bellissimo luogo che mi circondava, di cui ora né rimaneva soltanto macerie e distruzione , la consapevolezza di non poter passare la notte lì mi dite la carica, e asciugandomi le lacrime decisi di reagire.

Così decisi di partire magari trasferirmi, trovare la nuova casa nuovi amici, magari anche vivere la vita un po' più normale, non credo ormai la consapevolezza di non essere normale era troppo forte per poterla ignorare.

I Hate My Mate Where stories live. Discover now