Capitolo tredici

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Un rumore.
"Lydia dovresti crescere un po', sei solo una stupidissima bambina. Diamine, non hai imparato nulla dall'ultima volta?!" Mi urlò mia madre guardandomi con disprezzo. Iniziai a piangere disperatamente cercando di convincermi che fosse tutto dettato dalla rabbia, ma tutte le mie certezze si spezzarono quando vidi i suoi occhi. Ero sola. Avevo solo cinque anni.

Il ticchettio dell'orologio.
"Signora sua figlia si comporta in modo strano. Crediamo che possa soffrire di bipolarismo o doppia personalità, ha bisogno di aiuto." Disse la mia maestra credendo che non stessi ascoltando. Avevo sei anni e volevo solo essere considerata normale.
"Ma è così piccola!" Disse la voce roca di mio padre interrompendo la conversazione.
"È per questo che credo sia giusto intervenire ora. Non vogliamo che peggiori." Concluse sospirando un'altra docente. Piansi di nascosto.

Il rumore ovattato delle macchine.
"Quanti anni hai?" Mi chiese il bambino avvicinandomi a me.
"Dieci." Risposi accennando un sorriso.
Il bambino stava per rispondere quando un ape iniziò a ronzargli intorno. Lui si nascose dietro di me e con voce tremante mi parlò.
"Proteggimi ti prego."
"Ma sei tu il maschio." Affermai alzando le spalle.
"Ma tu sei più grossa." Disse riferendosi alla mia corporatura. Lo guardai e dopo essermi voltata mi asciugai le lacrime.

Il ronzio di una mosca.
Le risa stridule dei miei compagni mi arrivarono alle orecchie facendomi sobbalzare.
"Ho sentito che non è più vergine!" Disse ridacchiando una delle ragazze dietro di me.
"Chi? Miller? Io ho sentito che ha fatto sesso con più ragazzi contemporaneamente." Esclamò entusiasta un'altra ragazza del gruppo.
"È solo una troietta!" Affermò una terza persona ridendo.
Avevo tredici anni. Non piansi, ma quando arrivai a casa crollai. Non sarei sopravvissuta.

Silenzio.
"E oggi sono quindici tesoro!" Disse una delle mie amiche completamente sbronza.
"Già!" Le risposi sorridendo.
"Cazzo Lydia! Sta arrivando Benjamin." Mi avvisò tirandomi una gomitata sul fianco per poi andarsene barcollando verso la pista.
"Auguri dolcezza!" Mi disse il ragazzo davanti a me abbracciandomi.
Dio quel profumo. Ero leggermente brilla e per poco non mi sciolsi nelle sue possenti braccia. La sua mano scese fino al mio sedere facendomi sobbalzare. Era solo una palpata, solo quello.
La sua bocca umida toccó il mio collo lasciandomi violacei succhiotti. Tentai di andarmene, ma la sua stretta si fece più forte e non potei più fare niente.
Fu allora che persi la verginità in un lurido bagno di un pub. Fu da quel momento che non piansi più.
Il mio unico obbiettivo diventò quello di farmi male fino a non provare più dolore. Fu in questo modo che crebbi, fu in questo modo che sopravvissi.

Spalancai gli occhi e mi tolsi con un gesto veloce della mano i capelli dalla mia fronte leggermente sudata. Il buio regnava nella stanza, e dopo essermi alzata dal letto mi diressi a tastoni verso il bagno. Avevo bisogno di una doccia calda. Strizzai gli occhi per visualizzare l'orario sul piccolo schermo che si trovava sulla mensola. Erano le 18:22. Avevo meno di tre ore. Entrai nella vasca e i sensi di colpa iniziarono a tormentarmi, l'ansia mi pervase il corpo, e i ricordi cominciarono a farmi tremare i polsi. Mi lavai il più velocemente possibile. Sentivo tutte le loro voci, sentivo tutte le loro parole, e per poco non soffocai. Era da tempo che non succedeva.

Uscii dall'acqua e indossai il mio accappatoio viola. Superai lo specchio senza guardarmi, ricordavo a memoria ogni mio piccolo dettaglio, avevo passato troppo tempo a riflettermi e a riflettere ed ero giunta alla semplice conclusione che sarei andata bene così. Infondo stavo bene, solo che non ero felice. Dopo aver scelto di mettermi una lunga camicia a scacchi bianca e nera che mi arrivava alla coscia e un paio di decoltè neri mi sedetti sul letto e sospirai.

"Promettimelo." Mi disse guardandomi torvo.
"Te lo prometto." Gli risposi alzando gli occhi al cielo.
"Lo rifarai vero?" Mi chiese appoggiandosi allo schienale della sedia.
"Capisci che distruggerai anche gli altri oltre a te?!" Esclamò incrociando le braccia al petto.
"È proprio questo il punto, non m'interessa più un cazzo degli altri, ho scelto me stessa." Affermai sorridendogli.
Lui sospirò sconfitto, alla fine vincevo sempre.

Allungai la mano verso il primo cassetto del comodino e dopo qualche attimo di ricerca la trovai. Sapevo che la mezz'ora successiva l'avrei passata nei peggiori dei modi, sapevo che ne avrei voluta ancora, ma sapevo anche che se fossi rimasta lì sarei diventata completamente pazza. Presi una vecchia rivista di moda e la posai sul piccolo comodino che si trovava vicino al mio letto, in seguito aprii la busta e allineai in tre piccole strisce la polvere bianca.
Lui non lo saprà mai. Ripetei a voce alta mentre prendevo una banconota dal mio portafogli. Ritornai alla postazione precedente e mi accovacciai, arrotolai il dollaro che avevo il mano e dopo tre anni di astinenza sniffai.

Stati di euforia, iperattività, perdita delle inibizioni, aumento della fiducia in sé stessi, agitazione, bisogno di parlare, voglia di esporsi a rischi, diminuzione della capacità di giudizio e di critica. Erano questi gli effetti. Mi ero dimenticata della sensazione di leggerezza e pienezza che si provava. Erano passati trentacinque minuti quando iniziai a tornare alla realtà. Misi in ordine le ultime cose e successivamente mi truccai, poi il campanello suonò.
Alla fine era venuto sul serio.

"Ciao bambolina!" Esclamai aprendo la porta ritrovandomi davanti ad un Zayn totalmente fradicio.
"Cazzo piove!" Urlai mettendomi una mano sulla bocca.
"Come sei perspicace bimba." Disse il ragazzo davanti a me scuotendo la testa.
Probabilmente era incazzato con me per avergli  fatto lasciare quella stupidissima cena, così feci la cosa più idiota che potessi mai fare.
Infilai il mio giubbino di pelle e chiusi la porta d'ingresso. Mi venne da sorridere quando osservai il suo completo elegante. La camicia bianca era diventata ormai trasparente e fasciava il suo petto. I pantaloni aderivano perfettamente alle sue gambe mentre la giacca copriva le sue possenti spalle.
Gli afferrai la mano che notai con piacere fosse calda e iniziai a correre.

La strada era completamente vuota mentre la pioggia cadeva sempre più fitta sopra di noi.
La faccia del moro era completamente sconvolta, adoravo come i suoi occhi mi scrutavano confuso mentre la sua mano stringeva sempre più forte la mia. Mi avvicinai a lui e iniziai a ridere. I capelli così come i vestiti erano appiccicati al mio corpo, qualsiasi movimento risultava impacciato e buffo.
"Lydia cosa stiamo facendo?" Mi chiese Zayn cercando di capire cosa stesse succedendo.
"Cazzo stiamo vivendo tesoro!" Urlai sotto la pioggia scrosciante.
E mentre stavo volteggiando sotto la luce fioca di un lampione qualcuno mi afferrò il braccio e mi tirò verso sé. Successe tutto così velocemente.

I suoi occhi marroni erano diventati neri come la pece.
Il suo sorriso gentile era diventato perverso, malizioso.
Le vene delle sue mani si fecero visibili.
La distanza fra i nostri corpi divenne minima.
Il suo viso angelico si fece cupo.
Fu allora che una parte di me si accese, mentre una sua parte morì. E solo dopo ventidue anni di vita, in un gelido giorno di pioggia, sentii davvero di aver dato il mio primo bacio.
"Non sei solo sesso." Fu quello che mi disse una volta. Forse non lo ero, ma era tutto quello che volevo da lui. Sesso. Solo del fottutissimo sesso. Non so se quelle fossero lacrime o semplice pioggia, ma so che fu allora che incominciò tutto.
La sua lingua che danzava ferocemente con la mia. Le sue mani sul mio corpo. I suoi gemiti. I suoi respiri strozzati.

Un flash. Magari era un fulmine.
Un clacson. C'era una macchina che doveva passare.
Presi il braccio del mio collega e lo spinsi sul bordo della strada.
"Ha smesso di piovere." Dissi guardando il cielo.
"Ti porto al luna park." Esclamò tirando fuori dalla tasca le chiavi della macchina.
Caló il silenzio.

Did you miss me, babe? //Zayn Malik//Where stories live. Discover now