Capitolo quarantacinque

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"Sono un fottuto Dio." Urló Benjamin mostrando a Greg il dito medio dopo aver buttato giù, per l'ennesima volta, tutti i birilli.
"Piccolo bastardo." Imprecò il biondo a denti stretti provocando una risata da parte mia.
Sentii il braccio di Zayn sfiorarmi il fianco e di conseguenza appoggiai il capo sulla sua spalla. Stretti in quel logoro divanetto fu come se ogni cosa fosse sparita, sembrava tutto così normale.
"Lydia vieni?" Domandò il più piccolo del gruppo alzando le braccia al cielo.
Scossi la testa in senso di negazione più volte nonostante il ragazzo continuasse a sporgere il labbro inferiore e sbattere ripetutamente le ciglia.
"Mi sono sempre chiesa una cosa." Dissi rivolgendomi al moro seduto di fianco a me.
"Dimmi." Esclamò facendo dei cerchi con il pollice sul dorso della mia mano.
"Tua madre. Tua madre dov'è?"

"Avevo sette anni quando i miei genitori si sono lasciati, lei era alcolizzata e lui la tradiva, sembrava che andasse tutto bene ma poi un giorno tornando da scuola la vidi sull'uscio di casa con tre valige. Io, Morgan e mia madre ci trasferimmo in un paesino a cinque ore di distanza da qui. Dopo due cinque anni però tornai a Seattle, lì per me non c'era futuro. Mio padre mi accolse a braccia aperte e fu così che alla fine mi ritrovai a lavorare per lui. Joseph nacque qualche anno dopo che me ne andai e da allora quando ho tempo vado a trovarlo." Spiegó il ragazzo sorseggiando il suo The freddo.
Ne parlava con gentilezza come se qualcuno oltre me lo potesse sentire, quasi con l'impercettibile paura di poter essere giudicato per aver detto la cosa sbagliata.
"Vorrei conoscerla." Afferrai un ciuffo dei suoi capelli iniziandolo a tirare leggermente.
Lui annuì lasciandomi un bacio sulla guancia.
Sulle mani lisce e morbide erano comparsi fastidiosi calli che mi graffiavano la pelle ogni qual volta che mi accarezzava.
A qualche metro da noi, Greg storceva il naso indignato per la figura esultante di Benjamin.
"È carino." Disse il moro alzandosi dallo scomodo divano.
"Cosa?" Domandai aggrottando un sopracciglio.
Si sistemò la maglia e si passò una mano tra i setosi capelli prima di girarsi verso la pista e sospirare profondamente.
"Il fatto che tu ci tenga a lui nonostante lei."
La prima volta che incrociai quegli occhi ambrati mi promisi di distruggerli, ma con il tempo imparai a distruggere chiunque si fermasse anche solo ad osservarli. Avevano il colore delle foglie d'autunno, del nettare dolce, delle frittelle leggermente abbrustolite, dei girasoli in estate, delle farfalle che svolazzavano in primavera, del sole freddo dell'inverno, assomigliavano così vagamente al mondo e vagamente mi ricordavano che quest'ultimo non era un posto tanto squallido. Benjamin fu la mia benedizione, il mio più bel miracolo. Zayn fu la mia condanna, il mio più grande peccato.

"Vuoi salire?" Domandai scuotendo il ragazzo più grande appisolatosi sul sedile posteriore della mia auto.
"Inizia ad andare." Dissi porgendo le chiavi di casa al sedicenne dallo sguardo vuoto e assonnato, si vedeva che fosse terribilmente stanco.
"Zay, svegliati!" Replicai picchiettando la spalla del ragazzo.
Qualche borbottio uscii dalla sua bocca prima il moro aprisse le palpebre.
Erano appena le dieci di sera ma il vento freddo si faceva sentire. La primavera stava arrivando, perché sentivo ancora tutto questo gelo?
"Non è casa mia." Constatò confuso strofinandosi gli occhi.
Sentii il mio stomaco brontola e mi schiaffeggiai mentalmente per non aver mangiato qualche sandwich in più.
"Dormi con me?" Domandai vedendo uscire il ragazzo dall'auto.
"Sí." Farfugliò incamminandosi verso il mio appartamento.
Non riuscii a nascondere il sorriso sornione che mi dipinse il viso.

"Vado a dare la buonanotte a Benjamin."  Spiegai togliendomi le fastidiose scarpe dai piedi, rimanendo scalza.
"Benji." Sussurrai aprendo la stanza degli ospiti che, da circa un mese era diventata sua.
"Lydia?" Mi richiamò il ragazzo nell'oscurità della stanza.
"Sì?" Domandai avvicinandomi al suo letto, facendo attenzione a non cadere.
"Grazie per oggi." Bofonchiò il moro girandosi verso di me.
"Non è nulla. 'Notte." Dissi annuendo consapevole che non potesse vedermi.
"Lydia?" La sua voce calda e roca mi riempii le orecchie.
"Mhh?" Mugolai in risposta.
"Me lo dai un bacio?" Domandò con un filo di voce, ma riuscii ugualmente a scorgere dell'imbarazzo.
Mi avvicinai a lui e posai le mie labbra sulla sua guancia.
"Buonanotte." Fu l'ultima cosa che sentii prima di chiudere la porta alle mie spalle.

"Ti sei già cambiato?" Domandai stupidamente osservando il petto nudo del moro davanti a me.
Era seduto sul bordo del mio letto indossando solo un vecchio pantalone della tuta mentre la luce fioca dell'abajour gli illuminava il viso.
"Sí." Esclamò passandosi una mano sul braccio.
"Mi sei mancato." Ammisi posizionandomi davanti a lui.
"Anche tu." Rispose il ragazzo intrecciando le sue mani con le mie per poi tirarmi verso di lui.
"Davvero?" Chiesi sedendomi a cavalcioni sul ragazzo.
"Lydia." Mi supplicò il ragazzo poggiando il capo nell'incavo del mio collo.
"Ti prego Zay, solo per questa volta." Lo pregai impaziente volendo sentirlo mio dopo così tanto tempo.
Dei baci umidi mi percorsero il collo finché il ragazzo mi distese delicatamente sulle lenzuola bianche.
Lo vidi sfilarsi i pochi indumenti che portava e mi presi un attimo per ammirare il suo corpo.
Per quanto provasse ad essere volgare non ci riusciva, persino così, vestito di brividi portava la classe che anche i più costosi gioielli non potevano donargli.

Non ci volle molto prima che miei vestiti raggiunsero i suoi e mentre il suo dito pompava dentro di me, la sua lingua vagava tra le mie labbra.
"Fai p-piano, Benj-jamim do-dorme." Balbetta al suo orecchio cercando di non urlare.
La mia pelle bruciava sotto il suo corpo possente.
L'altra mano afferrò il mio seno e la sua bocca abbandonò la mia per dedicarsi al mio capezzolo turgido.
La stanza si riempii in fretta dei nostri gemiti sommessi, ansimi soffocati e parole d'amore sussurrate.
Il suo membro entró in tutta la sua lunghezza dentro di me, facendo scoccare i nostri corpi. Gli passai la lingua sulle labbra e lui le schiuse.
Zucchero filato.
In pochi minuti iniziai a tremare e quando la sua bocca non fu più sulla mia coprii quest'ultima con la mano per non gridare il suo nome.

"Sei bellissima, Lydia." Mi disse all'orecchio, me lo diceva spesso.
"Anche tu." Dissi strofinando il naso sulla sua clavicola. Le mie gambe erano incrociate saldamente con le sue mentre il mio corpo nudo era stretta tra le sue braccia.
"Anch'io sono bellissima?" Domandò ridacchiando tra i miei capelli.
"Idiota." Esclamai tirandogli un leggero pugno sul fianco.
"Certe volte m'immagino una piccola te con i tuoi capelli rossi e i miei occhi scuri mentre mette il broncio dopo averle detto di no." Quel suo pensiero mi fece sorridere e sentii le mie guance scaldarsi.
"Come la chiameresti?" Squittii alzando gli occhi verso il moro.
"Grace." Esclamò accarezzandomi la schiena.
Sentii il suo dito ripassare ogni singola cicatrice ma non mi diede fastidio. Era lui che mi aveva salvata.
"Clare." Ribattei impettita.
"Ma se é un maschio si chiamerà Tyler." Affermò deciso e non potei contraddirlo.
"Clare e Tyler Malik, perché no?!" Mormorai prima di chiudere gli occhi e lasciarmi cullare dal suo profumo.
Con lui mi sentivo meno cattiva, per non dire quasi buona.

Did you miss me, babe? //Zayn Malik//Where stories live. Discover now