Che tempi in Italia, eh Sofia?

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All'ingresso della platea, mi aspettava un uomo. Un uomo alto e muscoloso dai capelli ricci e neri.
Teneva i piedi in croissé derrièr e un braccio in demi-seconde.
Ci accolse con un sorriso sotto la luce della platea e io e Daniel ci avvicinammo.
«Che bello rivedervi» ci disse Roberto.
«Il piacere è tutto nostro» rispose Daniel senza neanche pensarci.
«Sapete già il tema del nostro balletto?»
«Balleremo con lei?» esclamai.
«Ooh, no. Ballerete con me. Non azzardatevi a darmi del lei» rise il ballerino.
«Scusi» rispose Daniel «Cioè. Scusa»
«In ogni modo...» riprese Roberto «L'argomento sarà la famiglia. Io interpreterò il padre di Sofia, mentre tu Daniel, l'aspirante fidanzato. E attraverso le note trasmetteremmo la fatica che fa un genitore nel vedere la figlia crescere»
«Mi piace. Mi piace davvero tanto.» ammettemmo.
***
Le prove nel Teatro della Scala si fecero giorno dopo giorno più intense.
Le punte non mi facevano male da diverse lezioni e mi ero abituata alla pendenza del palco.
Il mio sogno si era finalmente avverato, dopo quasi tre anni.
Ce l'avevo fatta.
E accanto a me c'è sempre stato Daniel.
Mi accorsi dopo qualche settimana, che non avevo più nominato Gabriel.
Non ci avevo più pensato, nemmeno al fatto di mandargli un messaggio.
Niente. Forse era davvero finita in quell'hotel.
Mi accorsi di una cosa però. Che dopo tutto il lavoro che abbiamo fatto in tre anni, a sopportare i miei lamenti, le mie ferite, i miei racconti... C'era sempre la stessa persona.
Daniel.
Lui non mi ha mai abbandonata. Lui è sempre stato lì con me. Lui mi ha detto di non mollare mai.
Lui non mi ha fatto cadere.
Lui mi ha baciata nella Sala a Londra e sul palco, nella posa finale del balletto con Bolle, come era previsto.
Era lui. Sempre e solo lui.
Grazie Daniel, grazie.
Qualche anno più tardi, partimmo per la Germania, poi volammo in Russia e successivamente in Francia.
Conoscemmo tante persone, tanti volti, tante città, tanti stili.
Frequentammo dei corsi di hip-hop e vincemmo diverse battle.
Ancora ci devo credere che è partito tutto da una trave caduta dal soffitto del Teatro di Cortona.
Da quel maledetto operaio che ci disse che sgallinavamo.
Che tempi in Italia, eh Sofia?, mi dicevo ogni tanto.
Poi guardavo Daniel. Lo ringraziavo nella mente per tutto ciò che aveva fatto.
Arrivai alla fine dello spettacolo a Parigi, sotto i riflettori con la gente francese che mi acclamava. Nella posa finale del balletto di nel-classico, con Daniel.
Pensai.
Il sipario ancora non si era chiuso. Ma forse era soltanto la mia mente che stava elaborando male cosa vedevo.
Vidi tutto, dal palco. Ogni singola persona che scattava foto con il flash, che applaudiva, commossa, in piedi.
Io, con la luce in viso che mi illuminava il trucco, con il fiatone.
Daniel che mi sorreggeva dal fianco.
Mi guardai attorno con un sorriso a trentadue milioni di denti mentre il sipario rosso mi divideva dalla gente.
Vidi l'ultimo viso sparire dietro il tendone e le luci si spensero.
Scesi dalle punte e abbracciai Daniel, in lacrime.
L'atmosfera da Teatro già si stava ricreando.
Il panico alla fine del balletto prima del tuo.
Io e Daniel corremmo dietro le quinte.
Pronti a rincorrere un altro sogno.
E se qualcuno, un giorno, dovesse mai chiedermi: «Ma come hai fatto?»,
io mi limiterò a rispondere «Non lo so, è soltanto successo»

È soltanto successo Where stories live. Discover now