45. Epilogo

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Fine.

Posai la penna sul tavolo e sorrisi, ritenendo con soddisfazione che anche questo romanzo era ormai finito. Mi bastava mandare il lavoro alla mia casa editrice, che avrebbe fatto il resto come al solito. Loro, così come me e i miei lettori, erano davvero entusiasti ogni volta che presentavo un nuovo libro.

Guardai l'orologio che avevo al polso e spalancai gli occhi per la sorpresa. Eravamo già in ritardo. Mi guardai intorno all'interno della caffetteria praticamente deserta e le mie iridi verdi si posarono immediatamente su Derek davanti al bancone, che chiacchierava tranquillamente con uno dei camerieri.

Mi alzai e sistemai accuratamente tutta la mia roba nella tracolla, prima di raggiungere il mio ragazzo. Il cameriere, un tipetto moro della nostra età, lo stava guardando con un po' troppa eloquenza e io mi sentii ribollire all'interno. Mi fermai dietro Derek e feci passare intorno a lui un braccio, poggiandolo contro il suo petto. Attirai il mio ragazzo di più a me.

Derek interruppe il suo discorso sui cupcake esposti e voltò la testa per guardarmi, non prima di aver poggiato la sua mano sulla mia adagiata sul suo petto e aver intrecciato le nostre dita. "Lucas" disse soltanto, con un mezzo sorriso.

"Non vorrei rubarti il mio ragazzo" iniziai a dire con un sorrisino sul volto, guardando il cameriere moro e dagli occhi scuri e calcando fortemente sul possessivo. "Ma dobbiamo andare. Der, siamo già in ritardo" terminai, senza perdere il contatto visivo con quello che era il mio nemico in quel momento.

"Scusalo. È possessivo" cercò di giustificarsi il mio ragazzo. "Stavo solo scegliendo i cupcake da portare via insieme ai caffè. Ero un po' indeciso e Mark mi stava aiutando" mi spiegò.

Serrai la mascella, cercando di non pensare al fatto che Derek sapesse già il nome di quel ragazzo. Da quando studiavamo a Cambridge aveva sviluppato un'estrema facilità nel fare amicizia. Era un ragazzo disponibile e sorridente con tutti, che attirava intorno a lui gente di cui io ero estremamente geloso. La gelosia era ormai uno dei motivi per cui a me e Derek capitava di litigare. Ma comprendetemi: Derek è quel tipo di ragazzo che viene guardato da tutti mentre cammina e lui non se ne rende neanche conto. Per di più, è mio.

"Scegli in fretta. Ci aspetta un viaggetto in auto" lo esortai e alla fine ordinò il solito: quello al cioccolato bianco per me e quello ai mirtilli per lui.

Mentre il cameriere imbustava il tutto, Derek si era rigirato tra le mie braccia, dato che lo tenevo ancora stretto e si era alzato sulle punte per darmi un bacio sulle labbra. Mi abbassai per facilitargli il compito. I nostri venti centimetri di differenza si facevano sentire ogni volta. Ero ormai alto un metro e novantaquattro, contro il suo metro e settantatre. Almeno, vedendo una montagna come me accanto a lui, la gente ci pensava due volte a provarci con il mio ragazzo. E a Derek quell'altezza piaceva da pazzi, perché ogni volta che lo abbracciavo riuscivo ad avvolgerlo completamente, facendolo sentire protetto. In più si divertiva un mondo a fare battute del tipo: 'Che aria tira lassù?' o 'Puoi scendere al mio piano, per favore?'.

Gli poggiai le braccia intorno al collo, mentre aspettavamo, e lui intorno alla mia vita.

"Sei così sexy con gli occhiali. Ti danno l'aria da intellettuale" disse con la voce un po' roca.

Io mi misi a ridere. Mi ero scordato pure di togliere gli occhiali da lettura che avevo addosso. Forse avevo fatto bene, data la reazione che avevo ottenuto da Derek e lo sguardo che ci aveva lanciato quel Mark.

"Non abbiamo ancora un po' di tempo prima di partire?" mi chiese malizioso e io mi misi a ridere, scuotendo la testa.

"Dovrai aspettare di arrivare a casa" dissi, facendolo imbronciare un po'.

Avrò Cura di Te 3Where stories live. Discover now