Il ballerino

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Quando ebbi finito di far colazione pagai il conto, salutai Andrea, attraversai la strada e mi diressi nel retro della scuola. Li erano costruite due palestre visibili dall'esterno che permettevano ammirare il pavimento in legno, gli specchi abilmente forgiati ed il maestoso pianoforte a coda che si trovava a destra della stanza. Tutto di quella grande sala trasudava eleganza, talento ed io non potevo fare a meno di lasciar danzare la mia fantasia a ritmo di una musica che non poteva essere udita, volteggiando in una stanza così vicina ed irraggiungibile al tempo stesso. Poi d'un tratto da uno specchio comparve qualcosa, o meglio ... qualcuno. Con stupore guardai il ragazzo che era sbucato dalla porta a specchio scorrevole che, non notando la mia presenza, con l'espressione seria dipinta in volto e passo sicuro si diresse verso il centro della sala, portando con sé un registratore. Si tolse il maglione e dopo averlo piegato con cura, accese l' apparecchio elettronico. Doveva avere la musica ad alto volume, dato che perfino io riuscivo a percepirla, nonostante gli spessi vetri. Non avevo mai sentito un ritmo simile, era grave, malinconico, a tratti triste come lo sguardo di quel ragazzo mentre si metteva in posa, pronto per compiere la sua magia. Quando udii le prime parole che cantavano il ricordo di una felicità perduta, lui iniziò a roteare dolcemente. Danzava piano, e mentre cercava di librarsi in aria, ricadde volutamente verso il terreno appena iniziò il ritornello della canzone. La sua espressione, il suo corpo davano un senso a quelle parole straziate dal dolore. Più le frasi erano sussurrate più lui le accompagnava a movimenti dolci ed apparentemente sereni perché, appena il tono del cantante tornava alto, anche i suoi movimenti si facevano spezzati e disperati, calzando alla perfezione il significato del testo. Quel ragazzo era semplicemente straordinario, non avevo mai visto una tale mimica facciale e tecnica uniti in una persona sola. Quando la musica terminò, si passò le mani tra i folti capelli color inchiostro e sospirò, probabilmente per lo sforzo appena compiuto. La sua pelle lattea, quasi cadaverica ed i muscoli ben delineati gli conferivano l'aspetto di una statua. Ma, non era solo la sua fisicità a farlo sembrare un essere di marmo conservato nel tempo, anche la sua espressione era fredda, immutabile, priva di emozioni. Così come i suoi occhi grigi. Anche quelli non lasciavano trasparire alcuna emozione, sembravano sospesi nel vuoto e nel tempo ... persi. Persi in un qualcosa a me oscuro. Continuai a guardarlo fino a quando non mi squillò il cellulare.

- Pronto ? Zoey sei tu ?

- Petra ma dove cavolo sei ?! Sono le sette e cinquanta !

- oh porca miseria arrivo subito

Dissi distogliendo lo sguardo dal display e correndo a tutta velocità verso la mia facoltà.

Una vita sulle punte Where stories live. Discover now