Cap 1

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(... o di come si incontrarono, senza volerlo, in un giorno qualunque)

Le gambe non vogliono proprio darmi retta, oggi. Mi siedo sulla panca di legno e sfilo il pattino. Lo sento di nuovo largo.

«Laura, qualche problema?», chiede l'allenatrice, in tono brusco.

Faccio segno di no con la testa. Non mi va che si accorga del mio stato d'animo. Oggi Prisca mi sta addosso più del solito. Prima, mentre provavo una sequenza, mi è passata vicina apposta e ha cercato di farmi scivolare. Poi si è messa a ridere.

C'è troppa luce e mi dà fastidio

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C'è troppa luce e mi dà fastidio. I miei occhiali scuri non aiutano.

«Puoi andare a casa, se sei stanca» insiste l'allenatrice.

Tentenno. Odio quando mi si tratta come se fossi una diversa.

«Devo continuare», rispondo.

«Non c'è niente di obbligatorio. Quando il ghiaccio è tuo nemico, hai due alternative: o farci pace, oppure lasciarlo stare. Ci vediamo domani»

Annuisco e pattino fino all'uscita.

Prisca mi lancia uno sguardo di commiserazione. Lo fa apposta. Mi sta sempre tra i piedi, per farmi crollare. Non capisco il motivo. Lei è bravissima. Non deve avere paura di me.

Mentre mi metto le scarpe, decido di non chiamare mia madre

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Mentre mi metto le scarpe, decido di non chiamare mia madre. E' talmente presto, che posso arrivare a Varenna con il treno.

Scrivo un messaggio a Paolo e gli chiedo se può venire a prendermi in stazione.

Quando mi vede, mi viene incontro, ma il suo sorriso muore non appena scorge la mia faccia imbronciata.

«Qualcosa non va?», chiede.

Alzo le spalle.

«Ancora Prisca», commenta.

«Prisca non c'entra un bel niente. Sono io che non mi sveglio. Oggi ho fatto schifo, sui pattini»

«Tu non fai mai schifo»

Gli stringo la mano.

«Forse se me lo ripeti dieci volte al giorno, in momenti diversi della giornata, riuscirò a convincermene»

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«Forse se me lo ripeti dieci volte al giorno, in momenti diversi della giornata, riuscirò a convincermene»

«Ti va di camminare un po', prima di tornare a casa?»

«Ma sì. Tanto non ho tipo dieci esercizi di matematica da fare e scienze da studiare»

Paolo sorride, divertito, e ci avviamo verso il lago.

Per me è una pozza scura, che si trasforma in argento quando il sole, al mattino presto, la colpisce con i suoi raggi. Per le altre persone assume diverse tonalità, a seconda dell'ora.

In questo momento sono tutta presa nel raccontare a Paolo il mio pietoso allenamento.

Lui cerca di consolarmi, ma le sue parole se le porta via il vento.

Ci fermiamo davanti a un bar e Paolo si appoggia alla balaustra. Osserva un cigno e tenta di attirarlo verso di noi.

Quando mi volto, un ragazzo dai capelli scompigliati ci sta passando di fianco. Sembra di fretta, ma, non appena incrocia il mio sguardo, rallenta il passo. Nessuno mi guarda mai in quel modo, tranne quando indosso gli occhiali scuri in allenamento. Sarà che in quel caso sembro una gigantesca, ridicola formica.

Adesso invece ho gli occhiali dalla montatura normale. Le sue pupille sembrano scure, ma è già pomeriggio inoltrato e il buio potrebbe giocarmi brutti scherzi.

«Paolo», dico, stringendo il braccio del mio amico «lo conosci quello?»

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«Paolo», dico, stringendo il braccio del mio amico «lo conosci quello?»

Indico con la testa il ragazzo che ci ha appena sorpassato.

«Non mi pare», risponde lui «perché ti interessa?»

Proprio mentre Paolo mi sta rispondendo, il ragazzo si gira e mi guarda di nuovo.

Adesso ne sono sicura: non si è voltato per la mia stranezza. Stava guardando me per quella che sono. Quello sguardo mi ha messo i brividi.

«Ti prego, dimmi di che colore ha gli occhi», sussurro a Paolo.

«Che?», ribatte lui, stizzito.

«Per favore», lo supplico «devo saperlo»

«Non ci ho fatto caso», risponde lui.

So che sta mentendo. Ormai riconosco la curva della sua bocca, quando si increspa in una bugia.

«Allora seguiamolo», lo incito «e poi con una scusa lo fermi e questa volta ci presti attenzione»

«Non sparare cazzate», dice Paolo. Sembra nervoso. «Poi è tardi, non devi andare a fare i compiti?»

«Ti prego, ti prego, ti supplico!», insisto. Non è da me seguire i ragazzi che mi passano accanto, ma non posso pensare che non rivedrò più quel tizio. Non so nemmeno cosa mi abbia tanto attratta. Forse i capelli lunghi. Forse la camminata. Forse il modo in cui si è voltato, con quell' espressione incuriosita.

«E va bene», si decide Paolo.

Ma quando ci giriamo, per raggiungere lo sconosciuto, ci accorgiamo che è già sparito in chissà quale viuzza di Varenna.

«Non lo rivedrò mai più», mi lamento.

«L'amore della sua vita le passò accanto in un giorno qualunque, ma lei era troppo intenta a rompere le scatole al suo migliore amico», scherza Paolo.

Sbuffo.

«Guarda, il cigno è arrivato», mi scuote lui.

Ma per tutta risposta, giro la faccia dall'altra parte

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Ma per tutta risposta, giro la faccia dall'altra parte.

SPAZIO AUTRICE

Ho intenzione di creare il cast, questa volta. Per questo nel primo capitolo ancora non avete visto i volti. Ci sto pensando su. Chiaramente se avete qualche consiglio è ben accetto. Avete iniziato a conoscere Laura e il suo mondo in bianco e nero. Presto saprete di più, anche della sua malattia. Per scrivere questa storia ho dovuto studiare molto a riguardo. Spero davvero tanto che vi piacerà! Ogni capitolo sarà dedicato a persone che mi stanno sostenendo in diversi modi. E' un bel modo per dirvi grazie. 

Shake my colorsDonde viven las historias. Descúbrelo ahora