Cap 27

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«Laura, ti muovi? Guarda che ti lasciano a piedi!»

Mio papà ha già caricato la valigia in macchina e sta sbuffando. Lo farò arrivare tardi al lavoro. Non ho più scuse. Devo prendere il borsone e andare.

 Devo prendere il borsone e andare

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Sospiro. Guardo un'ultima volta la porta della casa sull'albero e spero che Paolo la apra e si decida a scendere e a salutarmi. So che è lì. Magari sta disegnando su quei suoi quaderni pieni di schizzi, magari ha le braccia conserte e la musica nelle orecchie, per non avere la tentazione di correre ad abbracciarmi. E' la prima volta che mi lascia andare senza augurarmi buona fortuna. Mi sento persa.

«Arrivo», dico e fingo di darmi un'altra occhiata allo specchio.

Salgo in macchina e guardo ancora verso la casa sull'albero, poi mi giro verso l'abitazione di Paolo. Sua madre è intenta a trasportare delle cassette di frutta in casa. Saranno almeno una decina e lei le porta due alla volta. Sono più che sicura che le interessino le cassette, non la frutta. Sospiro.

«Non hai voglia di partire?», chiede Mario.

«Non hai voglia di partire?», chiede Mario

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«Certo che ne ho voglia», ribatto.

«Sembrerebbe di no»

Il fatto è che non mi era mai capitato di litigare con lui. Mai. O se capitava, per una discussione accesa su una qualche scemenza, il giorno dopo uno dei due diceva una cosa buffa e ci si metteva a ridere di gusto e finiva tutto lì. Invece il mio telefono è stranamente silenzioso e Paolo non è sceso a salutarmi. Persino Annibale, quando l'ho accarezzato, ha girato la faccia dall'altra parte. Come se Paolo gli avesse già raccontato tutto.

«Non è colpa mia», gli ho sussurrato «è stato lui a incominciare. E se porta Ester lì dentro, questa settimana, io lo ammazzo».

Mario non mi chiede più niente. Lo adoro, perché è discreto e non è insistente come la mamma. Però ogni tanto mi piacerebbe anche avere il suo, di parere.

Si ferma alla stazione e scarica la mia valigia rosa

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Si ferma alla stazione e scarica la mia valigia rosa.

«Mi raccomando», bofonchia e poi si ferma lì e mi fa un sorrisetto. Non sa nemmeno lui cosa raccomandarmi. Non è bravo in queste cose.

«Mi impegnerò e non farò cretinate», lo aiuto e mi sporgo per abbracciarlo. Gli stampo un bacio sulla sua barba ispida e annuso il suo profumo, che impregna sempre anche tutta la casa. Odora di selvatico, mio padre, nonostante faccia di tutto per sembrare posato e impeccabile.

Martina e Teresa mi salutano. Le altre ragazzine mi guardano come se fossi una celebrità. Carico il borsone e la valigia nel portabagagli. Monia mi sorride.

Mi siedo da sola, sul pullman, e allungo le gambe sull'altro sedile. Non ho voglia di parlare. So che il viaggio sarà lungo e poi gli allenamenti inizieranno già nel pomeriggio. Tiro fuori il telefono e leggo una notifica su Whatsapp. Spero con tutto il cuore che sia Paolo. E' Geo.

Ma come, sei partita senza salutarmi?

Non ho avuto tempo. E non sai quanto mi dispiace.

Anche a me. Ma si può sempre rimediare...

Quando torno, con vero piacere

Quando torni sei mia...

Ancora non credo a quello che leggo, quando Geo mi scrive certe cose. E mi vengono sempre i brividi. Perché un ragazzo come lui, pieno di ragazze che gli girano attorno, bellissimo e con un lavoro da strafigo dovrebbe interessarmi a me? Oltretutto, deve averlo capito che non ho la minima esperienza in campo sessuale. Ogni tanto immagino che mi tocchi, e penso che vorrei averlo già fatto con qualcun altro. Per sapere cosa fare, come muovermi, cosa dire. Quando penso al nostro bacio mi sembra tutto talmente naturale... Non siamo insieme, non mi aspetto che lui mi sia fedele. Ma se dovessi vederlo con un'altra, impazzirei di gelosia.

Teresa mi si avvicina e interrompe i miei pensieri. Odio dovermi rituffare nella realtà. Non ho alcuna voglia di parlare con lei.

«E questa?», mi chiede, prendendo in mano la treccina di Prisca e dandole una leggera tirata.

«L'ho fatta ieri insieme a Prisca»

Teresa alza un sopracciglio.

«Non ti starai facendo abbindolare da quella lì», mormora «lo sappiamo entrambe che non siete davvero amiche»

Shake my colorsOù les histoires vivent. Découvrez maintenant