Prima degli occhi ( capitolo 3 )

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- Mi scusi! Cardiologia? -

- Alla fine del corridoio, ascensore, secondo piano.-

- Grazie mille.-

Gli ospedali sembrano tutti uguali, vetrate enormi e lunghi corridoi.

Ci sono i pazienti, che li percorrono molto lentamente e i visitatori che invece vanno a 100 km/h, poi ci sono gli addetti ai lavori che ci si muovono con disinvoltura e hanno un passo deciso.

Chiara mentre percorreva il corridoio si soffermò proprio a ragionare su quest'ultimi.

"Ci si può mai abituare ad un posto del genere? Può diventare un ospedale il tuo habitat? La tua zona di comfort? Ci si può alzare al mattino consapevoli che si passerà la giornata in una bolla di tristezza e ansia?"

- Che piano signorina? -

- Secondo grazie.-

Una volta uscita dall'ascensore si ritrovò di fronte l'ingresso del reparto. In realtà si entrava in una piccola sala d'attesa con tre file di sedie blu, tutte attaccate su un'unica barra di ferro, praticamente un grosso divano da sei posti con sedute di plastica.

Una signora bassina e rotondetta le si avvicinò, non si capiva se fosse un'infermiera o la signora delle pulizie, le vestono praticamente uguali.

- Non è ancora orario di visita. -

- Non sono le 12.30? - Rispose Chiara guardando il cellulare.

- Lunedì e mercoledì alle 12.30. Martedì, giovedì e venerdì dalle 13.00. Ma se vuole accomodarsi può aspettare qui.-

Si sedette e provò a chiamare la madre ma non le rispose e l'ansia iniziò a farsi spazio. Non era la sola seduta lì, accanto c'era una ragazza che avrà avuto più o meno la sua età, aveva gli occhi gonfi dal pianto e il viso stanco. Guardava nel vuoto senza una chiara espressione sul volto, sembrava avesse davvero dato tutto emotivamente, come se avesse pianto per ore e avesse finito le lacrime.

Chiara aveva il terrore di soffrire, vedere una ragazza in quelle condizioni le chiuse lo stomaco. Poggiò i gomiti sulle ginocchia e mise il volto tra le mani, inizio a pregare in silenzio:

"Dio ti prego non farmi questo."

In realtà Chiara non era credente, si liberò della religione molto presto, appena dopo la comunione. Iniziò a porsi domande alle quali mamma e papà non seppero dare risposte. Si accorse subito, nonostante avesse solo undici anni, di quante persone fossero credenti senza in realtà conoscere profondamente ciò che adoravano.

La mancanza di risposte alle sue domande l'allontanò dalla fede.

Questo per i suoi genitori fu inaccettabile, quando Chiara fuggiva dal loro controllo percepivano la situazione come un fallimento, non riuscivano ad apprezzarne l'intelligenza, la capacità di mettere tutto in discussione, la curiosità che, da quando il genere umano esiste, ha permesso lo sviluppo intellettuale, artistico e morale.

Trovarsi di fronte alla possibilità di dover affrontare la scomparsa di chi ami ti rende piccolo e insignificante. La necessità ti porta ad aggrapparti a qualcosa, e allora credere in Dio è l'appiglio ultimo prima di precipitare nel vuoto. Ecco perché Chiara si mise a pregare.

Iniziò a piangere dentro le mani, in un silenzio assordante, non emetteva suoni, stringeva gli occhi per bloccare le lacrime, ma quelle sono liquide e passano lo stesso.

- Amore.-

- Mamma - rispose Chiara sottovoce asciugandosi gli occhi con le dita.

- Perchè non mi hai chiamata?-

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