29.

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Asher's pov

"Non vedo l'ora di essere sull'aereo!" Esclamò Davon.

A quelle parole mi bloccai, i genitori di Cat erano morti su un aereo lo stesso aereo dove lei era stata ferita e aveva rischiato la vita.

"Appena arriviamo facciamo una gara di snowboard" dissi cercando di cambiare discorso ingoiando un boccone amaro.

"Noi ragazze andremo in una spa alpina" Celine pensava solo a se stessa, e in questo momento la ringraziai mentalmente.

Mi girai per controllare Cat e non la vedevo star bene, aveva il viso pallido, gli occhi sbarrati e le mani chiuse a pugno talmente forte che le nocche erano diventate bianche.

"Kat, stai bene?" Le chiesi, lei non rispose e io cominciai a preoccuparmi.

"Kat ci sei?" I suoi occhi si chiusero e abbandonó la testa contro la spalla di Lorenzo.

"Alec sta male!" Urlai in preda al panico, lui svoltó tutto a sinistra fermandosi di fretta in una stazione di servizio.

Scendemmo tutti dalla macchina e nessuno capiva cosa stesse succedendo tranne me, Lorenzo, Jass e Alec.

"Portatemi dell'acqua" ordinò Alec.
Celine andó al portabagagli e ne prese una bottiglia.

Io trovai un pezzo di stoffa e lo passai ad Alec, lui lo bagnò e lo appoggió sulla fronte della nipote.

"Qualcuno mi spiega cosa sta succendendo?" Chiese Celine.
Non avrei mai pensato di vederla preoccupata per Kat, appena si era trasferita faceva di tutto per rendergli la vita impossibile.

Quanto potevano cambiare le cose in pochi mesi.

"Amore, vieni con me" Dolcemente Lorenzo la prese per un braccio e insieme si allontanarono.

"Ragazzi se volete andare a prendere qualcosa da mangiare andate pure, io aspetto che si riprenda" disse Alec.
La sua preoccupazione si legge vain volto, e io non me la sentivo di lasciarlo solo.

"Dai Ash, andiamo" disse Davon prendendo Jass per mano.

"Andate voi, io rimango qua" senza molte storie si allontanarono anche loro.

"Perché non la portiamo in ospedale?" Chiesi ad Alec.

"Mi odierebbe"

"Perché?"

"Dopo l'incidente si è risvegliata in un'ospedale ed è sempre li che ha scoperto che i suoi genitori se n'erano andati e non sarebbero mai tornati" fece un respiro sconsolato mentre prendeva la mano di Cat.

Ora non mi sembrava più quel ragazzo di poco più di vent'anni spensierato, mi sembrava un uomo con troppi pesi sulle spalle.
Obbligato a crescere troppo in fretta, tra una delle maggiore aziende dello stato e la sua famiglia sgretolata.

Negli occhi non aveva la stessa luce che dovrebbe avere un uomo della sua età.

"Capisco" gli dissi, non trovavo altre parole, e ciò che avevo detto era abbastanza stupido.
Nessuno poteva capire cosa stavano passando gli altri, nessuno era dentro quella persona, nessuno poteva sapere davvero come stavano le cose.

"La ami?" Ecco la domanda che più mi faceva paura.

Ci pensai un attimo, e quando fui convinto che quelle che stavo per pronunciare fossero le parole giusto gli risposi.

"Alec, non so se la amo, non so se sono innamorato di lei. Sono troppo giovane per sapere se il vero amore è questo. Ma una cosa la so, non mi sono mai sentito così con nessuna ragazza. È arrivata quando pensavo di essere davvero felice e mi ha mostrato che la vera felicità non era quella. La felicità non è essere il ragazzo più figo della scuola, essere il capitano di una squadra o il ragazzo che si porta a letto più ragazze.
La vera felicità è prendere per mano la ragazza che ami e sentirti completo, è lei che sorride" lanciai uno sguardo furtivo a Cat e sorrisi. "La vera felicità sono i suoi occhi blu, allegri o no, l'espressione corruciata che ha la maggior parte del tempo, il suo essere protettiva e aggressiva allo stesso tempo, persino i suoi insulti sono la felicità. I baci, gli abbracci  le carezze, gli schiaffi, i graffi e le ferite sul cuore. Tutte queste cose sono la felicità se trovi la tua persona." Finii il mio discorso e feci un sospiro, non ero mai stato così sincero.

"E lei è la tua persona?"

"Non so se la amo, ma si, lei è la mia persona"

"Questo vuol dire amare una persona"

"Allora si, la amo" amavo Cat, come non avevo mai amato nessuno.

Era arrivata nella mia vita come un uragano e aveva spazzato via la solitudine.

Aveva riempito le mie giornate con la sua acidità, con il suo particolare modo di fare, con i suoi sorrisi e i suoi bronci, con le battute cattive rivolte a me.

In tutti questi modi era riuscita a occupare quel piccolo vuoto nel mio cuore, ma non si era limitata solo a questo, lei aveva occupato tutto lo spazio e ora nel cuore non avevo nient'altro che lei.

"Trattala bene e non farla soffrire, ne ha passate troppe per essere così giovane" mi avvisó Alec con un sorriso, dandomi una pacca sulla spalla. Capii che non scherzava da quanto aveva stretto la presa sulla mia spalla.

Andó verso il bar e mi lasciò solo con Cat.

Farla soffrire non è nei miei piani, voglio tenerla con me tutta a vita, gli risposi mentalmente.

Forse era veramente questo l'amore, amare una persona fino a che non saresti stato male, mettere la sua felicità prima della tua, ed essere comunque felice perchè sapevi che lei era felice.

Amare veramente una persona era dipendere da lei in tutto e per tutto, non lo avrei mai ammesso, ma era così.

L'amore era tra le peggiori droghe, dalla cocaina, agli acidi e dalla droga potevi uscirne ma dall'amore, dall'amore non potevi, l'amore era quella cosa che ovunque saresti andato, ovunque saresti stato e con chiunque accanto, ne avresti avuto sempre bisogno, avresti sempre sentito quella parte di te che gridava di essere amata, anche solo per un minuto, ma quella parte, che ogni persona nascondeva, gridava di voler essere amata.

Più la guardavo, e più capivo che era lei l'unica cosa di cui avevo bisogno, l'unica cosa per sopravvivere, per vivere.

Gli accarezzai dolcemente il dorso della mano, e sentii i brividi sulla pelle.

I brividi sulla pelle e i brividi sul cuore.

Era questo che faceva, riusciva a farmi venire perfino i brividi sul cuore, cosa che con le altre non era mai successa.

Avrei voluto che aprisse gli occhi per poter finalmente partire e poi per dirgli quello che le dovevo dire, a capodanno, mentre scattava la mezzanotte.

"Asher" una voce giuse alle mie orecchie e io mi voltai subito verso Kat.

"Non ti alzare" gli dissi fermando il suo tentativo di alzarsi.

"Ma cosa è successo? "

"Sei svenuta"

"Ho fatto un sogno stranissimo, c'era mia mamma" ora capivo quanto l'incidente l'aveva segnata, quanto avesse ancora bisogno di superarla, perché era evidente che ancora non l'aveva fatto.

Gli feci alzare la schiena e gli stampai un bacio sulla bocca, volevo trasmettergli ciò che pensavo perché a parole non ci riuscivo, volevo fargli capire che per lei c'ero, che l'amavo e che non l'avrei lasciata mai sola.

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