Prologo

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Michele

Grosseto 2004.

Oggi raggiungo la maggiore età, diciotto anni, un'età importante nella crescita, lo Stato ti riconosce come un individuo adulto e capace di prendere le proprie decisioni. Per mia madre invece, questo passaggio è solo fonte di preoccupazione: negli ultimi anni non sono stato molto saggio nelle mie scelte e azioni. Ho fatto disperare tante di quelle volte la mia povera mamma che ho perso il conto.

Nonostante ciò, seppur scoraggiata dai miei atteggiamenti, non ha mai smesso di farmi la ramanzina: "Non puoi continuare a fare stronzate, tra poco sarai maggiorenne, non capisci che rischi grosso?", mi ripete spesso; oppure: "Non può andare avanti così! Si può sapere chi vuoi diventare nella vita?". Ormai le sue domande risuonano nella testa come un disco rotto da tempo.

Scendo le scale e raggiungo il salotto, mia madre è seduta sul divano e sta guardando l'album delle fotografie di quando ero piccolo; lo fa ogni anno.

«Buongiorno tesoro, tanti auguri!» esclama, mentre prendo posto accanto a lei.

«Grazie mamma.» Mi da un bacio sulla guancia e io le metto un braccio attorno le spalle.

«Sarebbe così fiero di te» pronuncia, tornando a fissare le foto.

«Non ne sono molto sicuro...» rispondo scettico.

«Non dire così, ti assicuro che lo sarebbe stato, perché io lo sono.» Mi sorride commossa, facendomi una carezza.

Sono davvero felice di sentirglielo dire, ho sempre pensato di essere un fallimento per lei, un fardello che doveva portarsi dietro per tutta la vita.

«Gli somigli così tanto» aggiunge, scrutando il mio volto.

«Dai, mamma, non fare così.»

Sposta lo sguardo su una fotografia: raffigura il mio compleanno di cinque anni, ci siamo io, mia madre e mio padre intorno alla torta, sorridenti e felici.

Per entrambi è un bel ricordo, tutta la mia infanzia lo è stata, fino alla morte prematura di mio padre; avevo solo quattordici anni quando è successo, mi crollò il mondo addosso e pensavo di morire anch'io senza la sua presenza. Per fortuna mia madre ha cercato di non farmi sentire quel vuoto, ma non ci è mai riuscita completamente, la sofferenza era devastante per tutti e due.

Si asciuga una lacrima scesa sul viso e chiude l'album. «Bene, tesoro, sei pronto per la festa di stasera?» chiede. Come sempre cerca di riprendersi pensando ad altro.

«Sì, mamma, ma lo sai che non ne sono così entusiasta» rispondo amareggiato.

«E tu sai che lui è sempre presente... Non rovinarti questo momento! Ora fila a scuola, altrimenti farai tardi» mi incita.

«Ok, vado.» La saluto con un bacio sulla guancia e mi appresto a uscire di casa.

«Non metterti nei guai!» si raccomanda, puntandomi l'indice.

«Ci proverò!» rispondo con un sorriso.

Si preoccupa sempre quando esco, come posso biasimarla? Quasi ogni giorno sono coinvolto in una rissa o sono io che la creo: a volte perché entro in competizione con gli altri ragazzi, soprattutto quando mi piace una ragazza, e altre semplicemente perché sono una testa calda a cui girano facilmente.

Nonostante sia un ragazzo ribelle e che si mette nei casini, nello studio sono davvero bravo, mi impegno molto. Frequento l'ultimo anno del liceo scientifico e ci tengo a diplomarmi con ottimi voti, il motivo è semplice: voglio andare all'università. Ho deciso che mi iscriverò a giurisprudenza, voglio fare l'avvocato; è una scelta che ho preso dopo la morte di mio padre e cercherò di realizzarla, non solo per me stesso, ma anche per lui.

Sono consapevole che devo cambiare il mio carattere e mettere la testa a posto e lo farò, da poco infatti, sto seguendo un corso di pugilato che mi sta aiutando tanto, dandomi molta disciplina, anche se a volte ricado nelle vecchie abitudini.

So bene qual è il mio problema: la rabbia per aver perso un padre in quel modo atroce. È una cosa che non mi da pace, ma è un mio problema e dovrò conviverci per tutta la vita.

Illegalmente Noi - La Trilogia Dei RicordiМесто, где живут истории. Откройте их для себя