Coda Nera

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Erano passati due giorni dalla sua chiacchierata con Akihiko-kun. Aveva sperato di trovare chiarezza, ma si scopriva addirittura ancora più indeciso e confuso adesso che aveva la possibilità di tornare a Tokyo. Si addormentò sull'autobus diretto a casa, con le nocche coperte dalle maniche della sua giacca pesante e la testa, coperta dal cappuccio, poggiata sul finestrino.

Sognò di star camminando nel suo vecchio quartiere a Tokyo. Riconosceva ogni singolo angolo, ricordava perfino quella vecchia panchina da cui era scivolato quand'era piccolo. Sorrise. Lì aveva perso il primo dente. Una volta davanti a quella che una volta era casa sua, riuscì a distinguere attraverso la finestra la sagoma ben distinta di un uomo dai capelli neri e dalle spalle larghe, che si protendevano da un completo ben confezionato. Lo chiamò dal prato e giurò di aver visto il luccichio dei suoi occhi quando lo guardò attraverso il vetro, che distorceva tutto. La sua ombra si fermò come se stesse considerando la presenza di quel goffo ragazzino dai capelli spettinati fuori dalla porta. Kenma cercò di avvicinarsi, ma solo allora si rese conto di avere i piedi immersi nella fanghiglia. Ad ogni passo quelli sprofondavano sempre di più, facendolo avvicinare sia all'uomo che alla sua stessa morte. I suoi piedi guazzavano così in profondità nel fango che camminare era ormai impossibile. Sprofondava. Il sorriso dell'uomo incontrò i suoi occhi, la voglia di rivederlo un'ultima volta era così tanta che immerse le braccia nella melma e cercò di trascinarsi a forza verso la casa. Ad un passo dalla meta era sfinito, sollevò lo sguardo, l'unica cosa ormai rimasta lontana dal fango. Quando la porta si aprì rivelando il volto del suo amato Kuroo, fu inghiottito dalla terra.

Il ragazzo si svegliò di soprassalto sbattendo pesantemente la testa sul vetro del finestrino. Aveva il fiato corto e la fronte grondante di sudore. Le portiere dell'autobus si aprirono e un paio di ragazzini uscirono tenendosi per mano. Gli ci vollero pochi secondi per accorgersi che quella era anche la sua fermata. Raccolse velocemente il suo zaino, che giaceva nel sedile accanto al suo, e scese frettolosamente i pochi scalini che lo dividevano dall'esterno prima che la porta si richiudesse. Il ragazzo era percosso dai brividi, quel sogno era ancora così vivido nella sua mente.. Non era stato il primo degli incubi che lo avevano tormentato durante quei lunghi dieci anni. Non era mai riuscito ad andare avanti, o almeno nella sua mente. Tutto era cambiato. Tutto. Non gli era rimasta neanche una parte della sua vecchia quotidianità, se non una dipendenza dai videogiochi e la socialità di un topo morto. Era pieno di rimpianti e i suoi sogni erano lo specchio delle sue sofferenze. Si sentiva soffocare. Kenma era così immerso nei suoi pensieri che si accorse di essere arrivato a casa solo quando sbattè contro la staccionata del suo prato. Egli entrò in casa silenzioso come un gatto e si sfilò velocemente le scarpe lasciando cadere lo zaino a terra. Il pavimento era illuminato dalla flebile luce della luna che formava delle chiazze argentate qua e là. Il ragazzo camminò scalzo fino alla porta a vetri che lo separava dal piccolo balconcino nel quale si rifugiava quando aveva bisogno di calmarsi. Guardare le stelle lo calmava sempre, ma quel giorno il cielo ospitava solo una timida luna che faceva capolino da dietro dei minacciosi nuvoloni che promettevano pioggia. I fulmini sembravano spiarlo in lontananza abbagliando il cielo con il loro spettro di luce bianca. Un brivido di freddo percorse la sua schiena. Cosa ne stava facendo della sua vita? Giacca e cravatta, ufficio, casa.. ogni giorno la stessa storia. I suoi genitori continuavano a sperare che prendesse moglie e che formasse una famiglia, ma non avevano mai chiesto a lui cosa voleva veramente. Era a quello che aspirava? Sollevò entrambe le mani e le osservò con attenzione, socchiudendo leggermente gli occhi ed inclinando il capo di lato. Gli mancava il peso della palla sulle dita. Affondò il viso nelle sue mani e si lasciò andare a terra in ginocchio, lasciando che i suoi capelli biondi sfiorassero il pavimento. Sopra di lui il cielo, fino ad allora tacito, sembrò aprirsi in due. Con un gran fragore, grosse gocce d'acqua iniziarono a cadere, come per compensare la mancanza di lacrime del ragazzo.

Meow

Un miagolio sommesso attirò l'attenzione del ragazzo, che sollevò la testa incurante della pioggia che gli bagnava il volto. Sul muretto lo osservava gli occhi color ambra di un gatto completamente nero. Era visibilmente infastidito dalla pioggia che iniziava a poggiarsi su di lui, saltò giù e si avvicinò a Kenma, che era rimasto immobile fino ad allora. La sua morbida coda nera gli sfiorò il mento. Meow. Un secondo miagolio. Poi scivolò veloce come una saetta dentro casa, lasciando che l'oscurità lo inghiottisse.
Kenma si alzò in piedi pigramente e lo seguì in casa. Non era la prima volta che ospitava qualche randagio che non aveva un posto dove dormire, ma ciò che successe in quel preciso istante lo sconvolse drasticamente. All'improvviso l'aria si caricò di energia e un fulmine cadde al suolo nello stesso punto in cui il ragazzo giaceva pochi secondi prima. Kenma, ignaro di tutto, venne sbalzato in avanti, andando a sbattere contro il tavolino basso al centro della stanza. L'odore di zolfo punse le sue narici, mentre l'intera camera gli girava intorno come nelle montagne russe. Meow. Il miagolio del gatto nero che gli aveva appena salvato la vita fu l'ultima cosa che sentì prima di svenire.

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⏰ Last updated: Jan 05, 2017 ⏰

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haru no kaze (KuroKen)Where stories live. Discover now