Capitolo 20: Il demone - IV

397 48 42
                                    

Margaret se ne andò per unirsi alle altre streghe, siccome il Samhain era tra due giorni e i suoi doveri la chiamavano, e Teddy e Fabian ebbero modo di restare soli. Quest'ultimo gli chiese se volesse vedere l'organo che l'aveva sentito suonare qualche giorno prima, e Teddy assentì, entusiasta. Era uno strumento immenso, dotato di decine e decine di registri, e di ben sei tastiere. Occupava un'intera stanza nel piano sotterraneo, dove c'erano anche il laboratorio di Erasmus, la biblioteca e la dispensa. Ci si arrivava dopo aver sceso una piccola scaletta di cinque gradini, e lì sotto c'era un forte odore di umido.

• Per quanto cerchiamo di areare - si lamentò Fabian - c'è sempre una grande umidità, che rovina l'organo e i libri. Dobbiamo sottoporli sempre a nuovi restauri, o finirebbero per diventare inutilizzabili.

• Sarebbe peccato che uno strumento così bello andasse distrutto. - gli fece notare Teddy, accarezzando il dorso dell'organo.

Aggrottò le sopracciglia, colto da un pensiero improvviso, e si voltò verso il fratello, in piedi un paio di passi dietro di lui.

• Sei stato tu a rinchiudere quel demone nell'organo?

Fabian inarcò le sopracciglia.

• Perché me lo chiedi?

• Era pericoloso. Ha ucciso tre persone e avrebbe fatto lo stesso con me, se aveste ritardato anche di poco. Perché l'hai lasciato lì per cinque anni? Che ti diceva il cervello?

Fabian emise un risolino, incrociando le braccia sul petto.

• La gente non fa altro che parlare male di me ed Erasmus. A Isolde's Fair sono legati alle antiche tradizioni e ci credono portatori del malocchio, manco fossimo untori. Mentre camminiamo per strada ci scoccano sguardi colmi d'odio e fanno scongiuri in continuazione. Dovevo dar loro qualcos'altro su cui focalizzarsi e tanto valeva fosse Bonifax, così non avrei fatto la fatica di rispedirlo a casa. - mormorò, con naturalezza.

Il suo ragionamento non faceva una grinza, per quanto Teddy lo trovasse meschino. A suo fratello non importava di seminare distruzione attorno a sé. Gli altri non erano altro che una massa indefinita senza volto né identità di cui disporre a proprio piacimento. Si chiese se li considerasse propri pari. Ne dubitava, dato che, nella sua opinione, chiunque uccidesse o facesse del male, non considerava gli altri esseri umani al proprio stesso livello, ma come creature inferiori. Si chiamava disumanizzazione, e rendeva tutto più facile, quando veniva il momento di fare i conti con la propria coscienza.

• Se non l'avessi rinchiuso tanto a lungo, forse non sarebbe stato tanto affamato da aggredire quei poveretti.

Fabian si incupì.

• Erano tutt'altro che poveretti, dà retta a me. - sibilò, seccato - Ubriaconi della peggior specie. Li si sentiva cantare canzonacce una sera sì e una no, e spesso erano violenti. Bonifax ha reso un servizio all'umanità ammazzandoli.

• Se lo dici tu. - sospirò Teddy, capendo che era inutile perdersi in discorsi di etica con suo fratello.

Sollevò con delicatezza la copertura in legno dell'organo e si sedette sullo sgabello. Tastò i pedali, che emisero dei suoni cupi e potenti, tali da far tremare le pareti.

• Bonifax mi ha obbligato a suonare un brano per liberarlo. - mormorò, accarezzando i tasti con le dita. - Non ho idea di come abbia fatto, visto che non ho la più pallida idea di come leggere o suonare uno spartito.

• Cinque anni lì rinchiuso sono stati sufficienti a fargliela imparare a memoria, immagino. - sospirò Fabian, facendogli cenno di scostarsi. - Suono molto spesso Bach, è tra i miei autori preferiti. La chiesa era abbastanza vicina affinché lui potesse sentirmi, e deve avermi ascoltato, dato che non aveva nient'altro da fare.

La Via delle Rune [completa] Where stories live. Discover now