Capitolo 8

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Panico.
Questa sensazione crescente e invasiva che si fa strada dentro di me.
Dolore. Il colore del sangue che scorre sul mio braccio, di un rosso intenso e scuro.
Paura. Non riesco a estraniarmi dalla mia paura. Ma paura di cosa? Di essere inseguita o di morire con la gola squarciata? Opto per la seconda e tendo le orecchie in cerca di un rumore che mi possa rivelare qualcosa. L'unica cosa che sento è il battito furioso del mio cuore, che mi spezza il respiro. Con la mano premuta sulla ferita comincio a correre a valle, cercando di ricordare da dove sono venuta. L'arco è rimasto nel bosco, insieme alle frecce e la faretra, ma non posso rischiare andando a prendere il tutto adesso. Penso solo a scappare da tutto quello che è appena successo.
Sospiro di sollievo quando vedo la mia macchina ferma nello spiazzo posteriore della casa. Entro dalla porta sul retro e in silenzio salgo le scale fino all'ultimo piano. Il cuore batte a velocità supersonica e ho il fiato corto, ma mi infilo in bagno e chiudo la porta. La mano con cui stringo il polso è viscida di sangue e solo vederla mi fa sudare freddo.
Metto il braccio nel lavandino e cerco di sciacquare la ferita con dell'acqua fredda. L'adrenalina mi abbandona poco a poco e comincio a sentirmi debole. Disinfetto la ferita e brucia da morire, poi trovo una garza sterile nel mobiletto e me la avvolgo intorno al polso con cura. In pochi secondi è già bagnata di sangue, ma se non altro non sto andando in giro a sporcare tutto.
Mentre penso a come fare a nasconderla a tutti torno in camera. L'odore leggermente nauseabondo che c'era questa mattina è sparito e al suo posto c'è un profumo incredibile di rose e zenzero. Giusto, mi stavo dimenticando la mia "pozione". Ripenso a quella frase sulle ferite naturali, così prendo un pezzo dell'impasto, ormai freddo ma ancora malleabile, tolgo le bende e lo appoggio delicatamente sopra il taglio in modo da coprire tutta la ferita. Non so nemmeno se sia consigliabile farlo, perché potrei infettare la ferita, ma ho una sensazione positiva a proposito. La pelle formicola, pizzica e diventa calda, ma non oso sbirciare cosa stia facendo la mia pozione. Il calore al polso aumenta, finché non sento bruciare tutta la parte interessata al danno. Forse sto facendo una gran cavolata. Stringo i denti, mi riscuoto dai miei pensieri e torno in bagno a pulire il sangue, preparandomi per togliere anche quello che ho lasciato in giro per il pavimento maniero.
Dei forti colpi alla porta mi fanno sobbalzare. -Sienna, va tutto bene?- La voce preoccupata di Dylan mi fa raggelare. Pensavo fosse andato via anche lui visto che non c'era la sua macchina. Evidentemente mi sbagliavo. E adesso come gli spiego il macello che ho fatto?
-Si, tutto bene.- La mia voce trema leggermente e mi sbrigo a dare una ripulita. La porta del bagno si apre e con gli occhi spalancati e spaventati che mi fissano nello specchio mi accorgo di non aver chiuso a chiave. Che stupida.
Dylan entra con un'espressione corrucciata in viso.
-Sicura che...- non finisce la frase e spalanca la bocca non appena vede il mio braccio.
-È tutto a posto. Non è successo niente di grave.- Cerco di sminuire la cosa gesticolando lievemente e scuotendo il capo.
Dylan si avvicina e sulla sua bocca compare una smorfia quando vede la benda inzuppata. La indica. -Non mi sembra che vada tutto bene, dovresti andare in ospedale.-
Il mio cervello lavora freneticamente alla ricerca di una buona scusa. -Non ce n'è bisogno, il taglio è poco profondo. Sono andata a fare un giro nel bosco e sono inciampata in una radice, cadendo sopra una bottiglia rotta.- Non posso credere di aver detto una bugia così stupida e poco credibile in così poco tempo.
Dylan sembra convincersi e mi chiede se voglio una mano a pulire. -Si, grazie.-
Evidentemente la scusa non era così stupida, perché Dylan borbotta sottovoce su quanto siano inquinanti gli esseri umani. Nel giro di venti minuti abbiamo passato degli stracci bagnati sul pavimento e rimosso ogni goccia di sangue.
-Si può sapere cosa ci facevi nel bosco? Non avresti dovuto riposarti per l'allenamento di domani?-
Questa è facile. Posso rispondere senza mentire. -Mi allenavo con l'arco a colpire i bersagli in movimento.-
-Hai preso qualche lepre?- ridacchia Dylan mentre si sdraia su uno dei divanetti del salottino del nostro piano.
-No. A dir la verità non c'era nemmeno un animale nel bosco. Ho solo utilizzato dei fiori come bersagli.- Dopo aver spiegato la tecnica torno in bagno per controllare la ferita. Srotolo la garza con cautela e chiudo gli occhi. Preferisco evitare di vedere il braccio maciullato, anche se prima o poi devo farlo comunque. Spero solo di non svenire alla vista della carne lacerata.
Prendo un respiro profondo e do un'occhiata al polso. L'impasto verdino-marrognolo è diminuito di spessore, visto che ne avevo messa una porzione generosa. Lo tolgo e quello che c'è sotto mi lascia perplessa. La ferita è completamente rimarginata, l'unica cosa che rimane sono delle cicatrici bianche. La dentatura del lupo impressa nella carne in modo distorto a causa della presa veloce e poco precisa. Ma se non altro mi ha salvato la vita. Provo a fare il pugno e a tendere il braccio in tutti i modi possibili e noto con piacere che il polso non mi fa nemmeno male. Però ero sicurissima di aver reciso qualche tendine con tutto il dolore che ho provato, o di aver rotto qualche osso.
Prendo una decisione immediata. Ritornerò nel bosco. Devo riprendere il mio arco e voglio provare il sonnifero con la polvere di farfalla, ma prima devo coprire le cicatrici. Afferro le chiavi della macchina al volo e scendo le scale correndo.
Dylan si affaccia dalla sua camera e urla: -Dove vai?-
-Torno subito!-
Entro in macchina ed esco dal vialetto, dirigendomi verso il centro del paese. Parcheggio davanti al negozio che reca la scritta midnight hour ed entro. È pieno di braccialetti di pelle, cordini, cappelli da cowboy e ci sono perfino delle sculture di legno.
Sono già entrata in questo negozio un paio di volte nell'ultima settimana. La prima volta ho preso una collana nuova con un pendente a forma di nodo celtico, la seconda ho solo dato uno sguardo e mi ricordo di aver intravisto dei grandi bracciali di pelle, che fanno proprio al caso mio. Mi faccio largo in mezzo al casino che c'è nel negozio e arrivo alla vetrinetta dove sono esposti. Sono chiusi a chiave per non so quale motivo, ma sono veramente molto belli. Alcuni hanno disegnate delle scene di caccia, altri dei motivi naturali e la maggior parte zampe di lupo e mezzelune.
La vista delle orme mi fa rabbrividire e mi torna in mente il momento in cui ho rischiato la vita. Devo assolutamente coprire le cicatrici.
Vado verso il bancone per vedere se c'è la stessa donna dai capelli bianchi dell'altra volta, che mi ha aiutato a scegliere la collana. La vedo che gesticola animatamente, dietro una tenda di perline di legno, con qualcuno che risponde in modo annoiato.
Mi schiarisco la voce e attendo. La conversazione termina in un istante e la donna viene verso di me. Si può dire che sia abbastanza anziana, il volto leggermente rotondo pieno di rughe, soprattutto intorno agli occhi; deve sorridere molto. I capelli bianchi sono stretti in uno chignon morbido e indossa un elegante vestito nero, lungo fino a terra.
-Mia cara! Ti sei trovata bene con la collana? Ti piace?- Mi accoglie a braccia aperte.
Le sorrido gentilmente e le indico la collana che si trova nell'incavo del mio collo. -Si, è decisamente bella.
Lei mi sorride contenta e mi chiede di cosa ho bisogno. -Ho visto quei bracciali in vetrina, sono meravigliosi e ne volevo uno.-
Mi soppesa un attimo con lo sguardo e i suoi occhi verdi mi trapassano. Sento lo strano impulso di avvicinarmi a lei, ma resisto e rimango ferma, visto che mi pare una cosa piuttosto stupida.
-Perdonami un attimo cara, vado a prendere la chiave della vetrinetta.- Sparisce dietro la tenda e ritorna poco dopo con alle calcagna un ragazzo che sembra avere la mia età.
-Ti presento James, mio nipote, che mi aiuta in negozio. Quando gli va, ovviamente.- James alza gli occhi al cielo e giocherella con i bracciali di cuoio che ha ai polsi, ma non alza lo sguardo verso di me.
Un telefono suona sul bancone di legno dove si trovano la cassa e una serie di acchiappasogni pieni di piume. -Accompagna la ragazza alla vetrinetta dei bracciali James, io rispondo alla chiamata.-
Il ragazzo mi supera, facendomi strada fino alla vetrina. Noto che è magro, ma ha un fisico atletico, i capelli mossi e castani sono leggermente lunghi e legati da un cordino di pelle. Tira fuori dalla tasca dei jeans lisi una chiave e apre la vetrina.
-Scommetto che vuoi il bracciale con il motivo di rose e gigli.- Fa per prenderlo, ma lo fermo subito.
-In verità mi piace quello in fondo nell'angolo.- Gli dico. L'ho osservato per bene prima e ne sono rimasta incantata. Sul bracciale di cuoio scuro come la terra c'è una figura femminile che tende un arco con una freccia incoccata e un lupo seduto accanto a lei, che la osserva e attende.
James si irrigidisce e mi guarda in faccia per la prima volta. Ha dei lineamenti molto affilati, degli occhi da cerbiatto con delle ciglia lunghe e la bocca un po' sottile. Sgrana gli occhi, scrolla le spalle, respira profondamente e prende il bracciale.
Lo osservo aggrottando le sopracciglia, per poi seguirlo verso la cassa.
La signora dai capelli bianchi sta scrivendo velocemente qualcosa su un blocchetto di carta, annuendo con vigore, l'espressione corrucciata. Dopo un paio di minuti chiude la chiamata e guarda il nipote con un sopracciglio alzato. Li osservo confusa mentre si scambiano delle occhiate strane, come se stessero comunicando senza parlare.
James si avvia alla cassa e comincia a schiacciare i tasti.
-Hai fatto un'ottima scelta cara. È uno dei pezzi più belli, a mio parere. Mio nipote li decora tutti personalmente.- Sorride orgogliosa e stringe una spalla del ragazzo. -Non è vero James?-
Lui borbotta qualcosa a bassa voce.
-Beh, devo dire che sei veramente molto bravo, i miei complimenti.- E sono sincera per una volta in una giornata.
Alza il viso verso di me in modo fulmineo e mi sorride. Ha dei denti bianchissimi, dritti e regolari. -Grazie.-
Pago velocemente ed esco, salutando i due con un sorriso. Ritorno a casa e una volta parcheggiata e spenta l'auto rimango un attimo a pensare. Questo James deve essere molto timido, visto che ha incrociato il mio sguardo poche volte, sua nonna invece mi sembra più cordiale e incline alle chiacchiere, persino affabile.
In un attimo arrivo a casa, scarto il bracciale di cuoio dall'involucro e lo osservo attentamente, per catturare tutti i dettagli. La figura femminile con l'arco teso e i capelli mossi dal vento, la postura regale e il lupo seduto accanto con il muso rivolto verso di lei. Ogni singolo centimetro è ricco di dettagli di ottima fattura. Arrotolo la garza intorno al polso e poi allaccio il bracciale notando con soddisfazione che le cicatrici spariscono sotto il cuoio. Quando sono in camera mi do una pulita, riprendo la cintura e salgo la scaletta di legno. Dopo aver fatto la scivolata tramite il cavo d'acciaio sono di nuovo dentro il bosco. Ammetto che è una cosa da stupidi e mi prenderei a schiaffi da sola, ma devo riprendere il mio arco. Saranno passate un paio d'ore da quando è successo il tutto, ma se non faccio qualcosa subito rischio di rimanere terrorizzata e non fare più ritorno in quel posto. Cerco di ripercorrere la stessa strada e infine, dopo venti minuti buoni, arrivo nel punto dell'aggressione. Il mio arco è sparito. Cazzo.
Pesto un piedi a terra per la frustrazione e poi mi siedo, il più lontana possibile dal dislivello del terreno. Come posso ritrovare il mio arco? Potrei controllare sui siti di vendite all'asta o controllare se qua in giro ci sono banchi dei pegni. Anche il mercato nero non sarebbe da escludere, visto il legno pregiato ed elastico con cui è fatto. Qualcuno deve averlo raccolto e portato via.
Per il momento è meglio concentrarsi su qualcosa di fattibile. Per l'arco ci vorrà del tempo.
Tiro fuori il telefono dalla tasca dei pantaloni e controllo la foto del sonnifero. Una piccola nota a margine in matita dice che per far si che il sonnifero abbia effetto, la polvere va presa da una farfalla viva mentre viene colpita da un raggio di sole.
Guardo scettica la foto sul telefono. Come faccio io a prendere una farfalla, nel bel mezzo di un bosco, la cui polvere deve essere bagnata dai raggi del sole, senza qualcosa con cui catturarla? E certe cose mi sembrano sempre più delle bazzecole che provengono dal mondo fantasy. Però se ci penso bene i lupi mannari sono creature fantasy... questo fa del nostro mondo qualcosa che va al di là delle leggi della natura che ho sempre conosciuto? Se ci penso troppo mi rendo conto che tutto questo è travolgente e poco rassicurante.
Partendo dal presupposto che devo trovare una piccola radura o almeno un punto da cui filtri la luce mi alzo e mi incammino vagando per il bosco. Perdo il senso del tempo anche perché non guardo l'orologio, ma salgo parecchio e gli alberi cominciano a diradarsi leggermente. La luce passa in fasci, illuminando un sottobosco meraviglioso, pieno di fiorellini ed erba di un verde scuro, soffice al tatto. Ci sono numerose piante e altrettante farfalle e api che gironzolano sui fiori. Mi muovo piano e le osservo, pensando a come fare per catturarne una. In mezzo a tante farfalle dalle sfumature gialle e arancioni ne vedo una dai colori freddi come l'oceano. È bellissima e grande quanto il palmo della mia mano. Se ne sta ferma su una foglia, proprio sotto i raggi del sole e le ali, ricche di disegni intricati, scintillano quasi come se fossero iridescenti.
Sembra osservarmi e sapere che in qualche modo voglio prenderla, quindi si mette a svolazzare intorno a me, come a sfidarmi ad acchiapparla.
Compie capovolte e giri a destra e a manca, così non solo farei fatica a prenderla, ma dovrei guardare bene dove metto i piedi, altrimenti sarei per terra immediatamente, come un sacco di patate.
Mi fermo e chiudo gli occhi, prendo un bel respiro e mi siedo sull'erba mentre mi lascio scaldare dal sole. Aspetto che venga da me (cosa che sporo aredentemente che faccia), visto che non riuscirei a prenderla.
Ascolto i rumori provenienti dal bosco, lo sfarfallare delle ali intorno a me e il canto degli uccelli.
Mi rilasso completamente, lasciando i miei pensieri liberi di vagare. La mente si svuota e non rimane altro che la sensazione di essere un tutt'uno con la natura. È una sensazione meravigliosa e un mio sospiro appagato ne è la prova. Tutti i miei pensieri si placano e trovo una pace non avevo mai incontrato prima.
Apro un occhio e quello che mi trovo davanti è uno spettacolo affascinante, quasi inquietante a dire il vero. Una miriade di farfalle si trova disposta a cerchio intorno a me, le ali che si muovono e creano un'onda di colori impressionante. Sono meravigliata da quello che sta succedendo e il mio cervello si azzera completamente, lasciandomi a bocca aperta.
Una sola farfalla, quella blu che ho adocchiato prima è posata sul mio ginocchio, immobile. Allungo lentamente la mano verso di lei e con fare titubante chiedo: -Posso?-
Sembra capirmi e svolazza delicatamente sulle mie dita. Non ho ancora chiaro quello che sta succedendo tra me e gli animali, ma adesso non è il momento di fare domande. La farfalla blu è ancora più bella vista da vicino. Le ali sono piene di intricati disegni che virano dall'azzurro più chiaro a un blu scurissimo.
Qualcos'altro di azzurro mi fissa da poco lontano e appena mi accorgo che la massa nera si muove verso di me rimango impietrita. Tutte le farfalle intorno a me volano via, togliendomi per un attimo la visuale sul lupo. Potrebbe essere qui per ammazzarmi. Ma che senso avrebbe? Mi salva per poi uccidermi?
Rimango ferma con il cuore in gola finché non si avvicina a me. Sono in posizione di svantaggio dato che sono seduta e il lupo è grande tre volte più di me. Con una certa dose di sgomento lo vedo accucciarsi davanti a me, il muso alla stessa altezza del mio viso. Mi osserva attentamente e si sofferma sul bracciale di cuoio. Allunga il naso a tartufo e lo annusa, poi dà dei piccoli colpi al mio braccio.
-Ho coperto le cicatrici, non voglio che nessuno si insospettisca.- Ma perché sto parlando con un lupo mannaro? Tanto non mi risponderebbe.
La perdita di sangue di questa mattina deve essere stata piuttosto abbondante, dato che mi sembra di avere le allucinazioni. Prima le farfalle, adesso il lupo...
Sento il naso bagnato cercare di scostare il bracciale, così allungo la mano per slacciarlo ma il lupo mi mostra i denti e ringhia leggermente, in segno di avvertimento. -Senti, piccolo despota. Vuoi che mi tolga il bracciale o no?- Mi ritrovo persino a parlare con naturalezza, come se stessi parlando con un essere umano. Sto diventando assurda.
Si ritrae di poco e riesco a levarlo, insieme alla garza, poggiandolo sul terreno.
Mi sto fidando di un licantropo, gli sto porgendo la possibilità di uccidermi su un piatto d'argento. Posso essere più stupida di così? Come farò a vendicare mia madre se mi faccio uccidere così? Il mio cuore comincia a battere all'impazzata e le orecchie del lupo si drizzano in direzione del mio petto. Alza il muso verso di me e mi fissa con un'intensità sbalorditiva. Sembra molto più umano che lupo. Chissà se la sua forma umana è la stessa in versione lupo.
-So cosa sei.- Le orecchie si appiattiscono sul cranio e scopre i denti fino alle gengive. I brividi mi assalgono ma continuo a parlare, anche se la voce mi trema. -Non capisco perché tu mi abbia salvato, ma ti ringrazio infinitamente. Sono in debito con te.- Abbasso lo sguardo a terra, sospirando. Non ho mai intrattenuto una conversazione con un licantropo, anche perché non ne ho mai avuta l'occasione; però non mi sembra strano parlare con un animale che arriva dritto dritto da miti e leggende, la sento come una cosa naturale.
Sussulto quando sento qualcosa di bagnato e liscio premere contro le cicatrici. Il lupo le sta leccando con delicatezza, come a volermi chiedere scusa.
Mi risulta strano come io possa riuscire a interpretare bene questo linguaggio animale, ma se ci penso bene è una cosa che può tornarmi utile. Alzo il viso al cielo e con grande delusione mi accorgo che sta diventando buio e devo rientrare prima che qualcuno si preoccupi o scopra quello che sto facendo.
-Devo tornare a casa, ma spero di rivederti.- "Spero di rivederti". Riderei di me stessa per la voce sciocca e piena di speranza che ho usato. Mi alzo e mi sgranchisco le gambe, dato che sono seduta da parecchio tempo.
Comincio ad avviarmi e lo sento seguirmi, la zampe che affondano nel terreno. In due falcate me lo ritrovo accanto, come un'ombra o una guardia. Proseguiamo in silenzio durante tutta la discesa, ma averlo accanto mi rilassa leggermente, mi sento sicura e protetta. Non so perché provo questa sensazione, quando dovrei essere almeno spaventata, ma è così.
Una volta arrivati al confine della proprietà mi giro per salutarlo, ma sembra scomparso nelle ombre, poi vedo spuntare il muso con gli occhi di zaffiro, che bucano l'oscurità della sera.
-Grazie per avermi accompagnato. Ci vediamo presto allora...-
Sgrana gli occhi e lo sento emettere degli strani suoni. Sorrido ed entro in casa.

Buongiorno a tutti! Ecco a voi un altro capitolo, cosa ne pensate? Si accettano scommesse e opinioni su quello che succederà nel prossimo capitolo!
A presto, Beffii

L'orma del lupoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora