Capitolo Uno

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Era pieno giorno, il sole sembrava agganciato al cielo e miriadi di soffici nuvole bianche lo ornavano facendo si che, quella mattina, risplendesse di luce propria.

La luce dei raggi solari entrava silenziosa nella stanza di Nives, illuminandone il viso e risaltando i suoi meravigliosi occhi verdi.

Nonostante la stanchezza costantemente presente nei suoi giorni, era già sveglia, pulita e vestita accovacciata sulla finestra aperta ad osservare quello che per lei era uno scenario incantevole perdendosi nei suoi soliti fervidi pensieri.

Le piaceva immaginare come sarebbe stato poter ergersi fiera nel cielo e sorvolare le stelle che preziose ornavano il cielo notturno, scoprire cosa si celasse su ogni pianeta, visitare galassie e mondi ancora sconosciuti all'occhio umano. L'idea che la Terra fosse null'altro che una delle tante sfere abitate dell'universo, per Nives era una certezza, era sicura che di vita, lontano da lì, ce ne fosse eccome!

Durante il corso della sua breve vita, le era spesso capitato di litigare con sua sorella Bice, costantemente immersa nelle sue convinzioni e sostenitrice accanita di principi scientifici teorici che ormai, in una società dove il popolo si era evoluto, facevano acqua da tutte le parti. Sua sorella non era per nulla d'accordo con la sua ideologia, ed era favorevole all'apertura mentale quanto Nives lo era nel rifiutare quella che per lei era la realtà dei fatti: qualcos'altro doveva esserci per forza, non potevano essere i soli, gli unici superstiti in tutto l'universo.

Nonostante fossero trascorsi ormai dei mesi, ancora ricordava il giorno in cui Bice le aveva rinfacciato la sua adozione, si era stizzita a tal punto da correre nella sua stanza e restarci per ben sei ore senza degnare nessuno di nulla.

Era stata tutta colpa di un commento, della speranza di riuscire un giorno a combattere la chiusura mentale che secondo Nives, la scienza imponeva sulle coscienze di molti, sull'immaginazione di tutti. Lei era un'adolescente particolare, era diversa in qualsiasi cosa facesse, era geniale a tal punto che la sua genialità stessa talvolta veniva fraintesa da molti adulti che finivano per ritenerla una persona irrequieta e disobbediente. L'unica cosa che sapeva con estrema certezza, era di voler volare là più in alto. Di viaggiare. Di conoscere.

Quella piccola cicatrice che aveva appena sotto la scapola sinistra, era l'unico segno evidente di un passato indefinito e di una memoria cancellata troppo precocemente. Magari era solo stato un semplice incidente a procurargliela, o forse, nell'ipotesi che lei più gradiva, era un vero e proprio segno del destino. Nives non aveva mai incontrato sua madre biologica, le era stato raccontato che era morta prima che lei potesse aprire gli occhi per la prima volta, subito dopo il parto, e nonostante fosse una spiegazione plausibile, non ci aveva mai creduto del tutto, qualcosa dentro di lei le diceva che la persona che la aveva generata ben sedici anni prima, era ancora là fuori e attendesse di conoscere sua figlia, di vedere quanto era cresciuta bene, anche senza di lei.

Quella mattina di Luglio, mentre il sole si pavoneggiava negli occhi smeraldo di Nives, la piccola cicatrice iniziò a farle male a tal punto da provocarle quasi uno svenimento, le estremità sembravano starsi allungando e il taglio diventava più fitto, più profondo. Nonostante fosse una persona piuttosto eccentrica, quella mattina mentre fissava il sole e si pettinava i lunghi capelli rossi, Nives sentiva che qualcosa di grave stava accadendo, e quella sensazione sembrava essere così tangibile da scaturire in lei del puro terrore.

«Andrà tutto bene, non è nulla», diceva sottovoce per non svegliare sua sorella, che il giorno prima le aveva concesso l'ennesima strigliata artefatta di cui conosceva ogni parola ormai a memoria.

Mentre camminava lentamente per la stanza ordinando le sue cose nella speranza che il dolore si attenuasse, le gambe le cedettero e crollò supina contro il pavimento, distesa tra decine di oggetti che nel tentativo di riuscire a sorreggersi aveva scaraventato con se a terra.

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