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Addicted to you - Avicii

«È tardi! È tardi! È tardi!» urlo, correndo da una parte all'altra del mio appartamento.

Ho perso il ritmo di svegliarmi presto da un po' ma, dannazione, non posso certamente arrivare tardi al secondo giorno di lavoro. Questa mattina non ho di nuovo sentito la sveglia, oppure l'ho spenta mentre ancora dormivo, non ricordo, ma mi sono svegliata alle sette meno cinque e dovrei essere in ospedale alle sette e mezza.

Occhieggio l'orologio al mio polso: sono le sette e due minuti. Mi devo dare una mossa.

Per fortuna, sono già vestita. Decido di saltare la colazione e mi fiondo in bagno, lasciando la porta aperta. Mi lavo e applico giusto un po' di correttore per coprire le occhiaie fin troppo evidenti. Guardo il mio riflesso allo specchio e non posso far a meno di storcere il naso: sui miei capelli sembra si sia insediato un nido di rondini. Li pettino con forza e li lego in una treccia laterale. Oggi faccio particolarmente pietà, dato che sembra abbia passato la notte precedente insonne.

«Chaaar. Sei già sveglia?» domanda la voce assonnata della mia migliore amica.

«Sì e sono in ritardo!» ribatto. Prendo la borsa e ci infilo dentro le chiavi di casa e il cellulare. Non aspetto neanche che Cindy si alzi dal letto per salutarmi ed esco dal nostro appartamento, richiudendo la porta alle mie spalle.

L'ospedale non è molto lontano da casa mia, ma dovrei decisamente acquistare un'auto. Non ne ho mai avuto bisogno ma, se dovessi continuare con questi ritmi, verrei licenziata a breve. D'altronde, una macchina mi faciliterebbe gli spostamenti da una parte all'altra della città, anziché fare affidamento sui mezzi pubblici e sulle mie gambe, che non sono poi neanche così atletiche. Non ho mai praticato sport nella mia vita e, qualche volta, me ne pento. Quando avrei avuto il tempo di farlo — ovvero durante le superiori — ero troppo pigra o troppo impegnata a passare pomeriggi interi rinchiusa nella mia camera a studiare o leggere; ora che vorrei farlo, invece, non ho più il tempo materiale.

Corro giù per le scale, incespicando più volte, e mi fiondo fuori dal palazzo. La temperatura esterna è piacevole, ma so già che, tra qualche ora, mi pentirò amaramente di averlo pensato.

Controllo di nuovo l'orario: sono le sette e nove minuti. Significa solo una cosa: devo correre.

Scatto in avanti, mantenendo stretta la borsa. Sorpasso a stento tutte le persone che stanno camminando sul marciapiede, ma il fiato inizia a mancarmi non appena imbocco una delle vie principali.

Prendo un grosso respiro e rallento, optando per una camminata svelta. Le strade della città sono già popolate da persone che corrono, macchine che sfrecciano veloci, taxi e autobus. Amo Boston ma il caos del giorno non mi è mai piaciuto particolarmente. Preferirei di gran lunga vivere in campagna, magari immersa nel verde, ma, ora come ora, non mi posso permettere di acquistare una casa tutta mia. Dovrei mettere da parte un po' di soldi prima di fare un passo del genere, e, soprattutto, dovrei imparare a stare da sola. Non mi piace la solitudine, forse mi spaventa anche, in un certo senso. D'altronde, vivere con Cindy non è poi così male.

Vedo una caffetteria e mi viene voglia di entrare, ma la mia mente mi ricorda quanto sia tardi e scuoto la testa; prenderò un caffè alle macchinette dell'ospedale. Non è esattamente buono, ma sempre meglio di niente.

Ieri non ho fatto un granché: Zoey e Lydia si sono limitate a farmi visitare quasi l'intera struttura – che già conoscevo – e mi hanno presentata ai loro colleghi. L'unico a non avermi rivolto la parola è stato il dottor Dream, che è sparito nel nulla poco dopo il mio arrivo. Perfino Zoey è sembrata sorpresa, ma ho evitato di fare domande inutili.

Doctor Dream 1&2Where stories live. Discover now