8- Il giudizio

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Quando dei passi risuonarono nuovamente nel corridoio, mi ridestai dal mio sonno. Un fruscio mi informò che il mio compagno di cella si era spostato, così che, una volta aperta la porta, di lui fosse a malapena visibile un piede.

Di fronte a me, rischiarati da una torcia, la cui fiamma mi ferì gli occhi, vi era nuovamente il pomposo e grasso uomo del giorno prima, accompagnato da due guardie, che potevano essere le stesse come altre visto il loro aspetto identico.

<<Kain di Darengard, alzatevi>> disse tonante l'uomo gonfiando il petto.

Lo feci senza alcun tentennamento, fissando i miei occhi prima in quelli dell'uomo e poi nel pozzo nero in cui teoricamente doveva esserci un viso, celato però dal grande cappuccio delle guardie.

Mi bloccarono con la loro forza immane e chiusa la porta, iniziammo lentamente a camminare lungo quel corridoio, fino ad uscire.

Il sole, seppur debole, non mi parve mai così fastidioso. La mia permanenza in quella cella scura, aveva disabituato completamente i miei occhi alla luce, che fosse naturale o artificiale. Iniziarono a lacrimare abbondantemente e dovetti chiuderli. Con solo l'udito a guidarmi, compresi che camminavo in un lungo corridoio di persone, che inveivano nei miei confronti accusandomi di crimini anche inventati, come di furti che io certamente non avevo neanche pensato di commettere. L'odio guidava le loro parole e la consapevolezza che nulla sarebbe stato giusto in quel processo, si fece ancor più accesa. Nessuno mi avrebbe mai creduto, indipendentemente dalle mie parole e dalla mia certa innocenza.

Certa solo per me.

I peggiori improperi che avessi mai udito venivano gridati a gran voce, mentre delle pietre iniziavano ad essere scagliate contro di me, colpendomi non solo sul volto, ma anche su tutto il resto del corpo. Avrei voluto gridare, ma non potevo, se solo le mie labbra avessero pronunciato ciò che la mente pensava, la mia situazione sarebbe ulteriormente peggiorata.

<<Signori calma!>> nella cecità, riconobbi la voce del pomposo messaggero che mi aveva annunciato quel fasullo processo pubblico <<aspettate che mi sposti almeno!>>

"Maledetto porco" ringhiai nella mia mente mentre le pietre riprendevano a colpirmi.

Ci fermammo infine e così anche le pietre. Gli occhi che fino a quel momento avevo tenuto serrati, avevano smesso di lacrimare e lentamente riuscii a vedere dove mi trovavo.

Eravamo giunti nella piazza da cui normalmente Eileen faceva i suoi brevi saluti settimanali, al centro, era stato allestito un patibolo in legno e accanto un palco maggiormente rialzato ospitava Eileen, Mogetius ed un uomo vestito completamente di nero, di cui erano visibili solo gli occhi, perché coperto da una maschera.

Le guardie mi lasciarono e spinsero malamente su per le piccole scale, in cui inciampai, andando a sbattere la faccia a terra.

La folla rise della mia goffaggine, io non ero mai stato maldestro neanche da ubriaco; un moto di vergogna e rabbia mi travolse, impedendomi quasi di muovermi.

L'inattività di quei giorni mi aveva reso meno reattivo, le gambe formicolavano da quando avevo compiuto il primo passo ed ora, steso a terra ed incapace di muovermi, ero quasi convinto che ero arrivato lì solo grazie alle guardie. Avrei voluto gridare a tutti di tacere, guardare negli occhi Eileen e pregarla di ricordarsi di me, perché solo a quel punto avrei evitato tutte le pene che mi erano state dette.

Non avevo paura, non era quello il problema; stavo male per quell' accusa, non potevano dire che avevo tentato di farle del male: non avrei osato uccidere neanche una zanzara che le succhiava il sangue, per il timore di arrecar dolore a lei, mentre uccidevo quell' impura creatura.

Bydhafol - Le anime prigioniere [Vol. 2]Hikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin