Lanciai un pezzo d'intonaco con tutta la forza del mio disgusto e questo colpì con un piccolo tonfo l'orrido ratto che aveva osato avvicinarsi più di quanto la mia sopportazione riuscisse a tollerare. La bestiaccia lanciò uno squittio inferocito, rintanandosi nuovamente nell'oscurità fitta del ciarpame accatastato contro la parete.Non c'era niente, niente che odiassi più dei ratti.
Anche nei Rifugi erano una piaga senza soluzione di continuità; non di rado quegli esseri s'infilavano nei bagni o nelle camerate, procurando allarme e una serie d'infinite seccature, non per ultime la disinfestazione totale dell'ambiente e qualche punto di sutura.
Mi risistemai contro il muro, i veli stracciati della gonna che mi lasciavano le gambe scoperte nonostante cercassi di risistemarli per combattere vanamente il freddo.
Non avevo idea di quanto tempo avessimo passato all'interno di quel magazzino; era difficile mantenere una qualche percezione delle ore che ci scivolavano addosso, scandite unicamente dai nostri respiri.Lochan – il finto cameriere, il Selvatico ribelle e qualsiasi altra cosa fosse – aveva preteso un colloquio privato con ognuna di noi, costringendoci a bere sangue di vampiro.
Un solo bicchiere tiepido era bastato perché i tagli e le abrasioni più superficiali svanissero; sotto le dita riuscivo a tastare la carne risanata del mio labbro inferiore, là dove i canini di Mowbray l'avevano trafitta.Da quando l'ultimo Artificio era tornato, avevano lasciato che languissimo in uno stato di disturbato dormiveglia, incapaci di cedere veramente al sonno mentre la stanchezza appesantiva le membra, i muscoli che infine abbandonavano la loro spasmodica tensione.
Abbandonai la testa contro il muro, ruminando pensieri con la stessa sacra solerzia con la quale si sarebbe sgranato un rosario.
Ripercorrevo il mio incontro con Lochan cercandovi qualche indizio sulle vere intenzioni di quel gruppo di Selvatici, ma le risposte sembravano sfuggire tra le dita come inconsistenti refoli di nebbia.Pur di riaverti, il tuo vampiro accetterà le mie richieste.
Un piano che forse avrebbe potuto funzionare per tenere sotto scacco i padroni degli Artifici; se Lochan fosse riuscito a catturare Clarisse, era indubbio che avrebbe avuto il Reggente nelle sue mani.
Prendendo me, invece, il ribelle aveva fatto un salto nel buio.Dubitavo che Gareth si sarebbe fatto manipolare con tanta facilità: aveva fatto quanto era in suo potere per non legarsi a me, e infine quei tenaci sforzi erano valsi uno smacco ai suoi nemici.
Mi domandai se quella consapevolezza lo avrebbe fatto sorridere, in quel modo terrificante che sembrava rubare ogni umanità al suo volto e che aveva ancora il potere d'inquietarmi.
A quell'immagine però se ne sovrappose un'altra: Gareth che non aveva avuto esitazione alcuna nell'inginocchiarsi davanti ad una Selvatica, il petto esposto e vulnerabile, le ciglia nere ancora umide a contenere emozioni simili a gorghi di correnti.
Non c'è niente che sia più importante di lei.
L'ombra della sua voce fu una scudisciata rovente, il tradimento di una memoria dolce riposta sotto chiave perché non potesse ferire più di quanto avesse già fatto.
Quante volte aveva ripetuto di non avere scelta, che semplicemente non poteva lasciarmi andare?Sarebbe più facile, se ti fidassi di me.
Tuffai le mani tra i capelli, un dolore sordo che mi lacerava la trachea e che affondava le proprie radici nella muscolatura del mio sciocco cuore.
Vorrei potermi fidare.
Cacciai con rabbia quei sentimenti infestanti in fondo al mio stomaco, prima che il dubbio se questi fossero reali o indotti tornasse a tarlare la mia mente.
Perché non aveva importanza, non ne aveva mai avuta.
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Dies Sanguinis
Vampire[ • Conclusa e in revisione • ] Anno 2204. Quando il Sole è diventato velenoso, gli esseri umani hanno cercato una soluzione nell'ingegneria genetica, mutando il DNA di alcuni soggetti per sopravvivere. La mutazione ha però dato vita a una nuova raz...