chapter four.

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Quelle parole, quelle quattro parole, colpirono nel profondo Claudio. Restò qualche secondo sull'uscio della porta, la maniglia abbassata, una gamba dentro e una ancora fuori, lo sguardo che fissava il volto di Mario come se volesse stamparlo in testa, come se volesse memorizzare ogni suo tratto, ogni centimetro di quel viso ormai familiare a lui, come se volesse ricordare per sempre quel viso scosso, emozionato, con gli occhi rossi e pieni di lacrime, le labbra gonfie e rosa per colpa di quel bacio. Guardò tutto ciò e poi, mandando giù il magone e cercando di non piangere, varcò definitivamente quella soglia e si chiuse la porta alle spalle. Scosse la testa cercando di riprendersi, poi abbozzando un sorriso finto si diresse in salotto dove Lorenzo era disteso a terra con tutti e tre i bambini sopra di lui: lo stavano davvero torturando.

-Sofia amore andiamo che è tardi- disse avvicinandosi al divano.

Sofia aveva le codine disfate, ciocche di capelli in giro e il visino rosso dal caldo. Corse da papà Claudio che la prese tra le braccia e la strinse forte. Annusò la testolina della sua bambina e cercò di tornare alla normalità, di abbandonare alle spalle tutto ciò che era successo qualche minuto prima, o meglio, cercò di dimenticare tutta la giornata. Ma era impossibile, Mario era entrato prepotentemente dentro lui.

-Domani posso giocare ancora con Eleonora e Matteo?- domandò con voce cantilenante guardando suo padre con quello sguardo da furbetta.

Claudio sospirò, e guardò gli occhi neri della sua piccola peste che, nel mentre, aveva sfoggiato un sorriso da angelo. Odiava dirle di no, odiava vedere il suo viso rabbuiarsi e odiava che, per tutta la durata di quel viaggio, sarebbe stata da sola senza nessuna bambina con cui giocare. Si sentì egoista in quel momento, ma poi ripensandoci, si sentì egoista in tutto. Aveva tenuto sua figlia attaccata a se, come se avesse paura di perderla o che qualcuno le facesse del male. Dopo ciò che successe con Vittorio, una reazione del genere era normale ma non fino a questi livelli. Era possessivo verso sua figlia, nutriva un senso di protezione a livelli allucinanti. Non voleva che nessuno la toccasse o le facesse del male.

-Amore lo sai che papà è qui per lavorare, vero? Magari un'altra volta ci torniamo solo per giocare con Eleonora e Matteo. Che ne dici?- si sentì tremendamente in colpa dopo aver detto quella bugia.

Non avrebbe mai più rivisto quei bambini, non sarebbe mai più tornato a Roma, e a sua figlia aveva appena detto che li avrebbe rivisti, un giorno. Aveva sempre insegnato a Sofia che l'onestà viene prima di tutto, ma in questo caso passava in secondo piano. Come puoi dire ad una bambina una verità così cruda?

-Va bene- disse rassegnata corrugando le labbra a forma di cuore –allora andiamo, se devi lavorare.-

Il cuore di Claudio ebbe un tuffo profondo nel petto: il modo in cui sua figlia gli disse quelle parole, il modo in cui pensava ed esprimeva a parole quei suoi pensieri così maturi lo stupiva sempre. Guardò sua figlia con infinito amore e poi, baciandole la guancia, si alzò e con la mano salutò gli altri bambini. Il modo in cui Sofia e Eleonora si abbracciarono era commovente e toccò il cuore di papà Claudio. Salutò con una stretta di mano Lorenzo che lo accompagnò alla porta.

-Devo andare a chiamare Mario?- domandò girandosi verso la cucina, la porta ancora chiusa e il fumo che si intravedeva dalla finestra.

-No, l'ho salutato prima, non preoccuparti. Grazie per l'invito, è stato un piacere conoscerti- gli strinse ancora la mano, poi si girò e sparì nel pianerottolo.

Il taxi che aveva chiamato qualche minuto prima era già in strada che lo aspettava, così vi salì sopra e partì in direzione dell'hotel. Osservò lentamente Sofia addormentarsi con il pollice tra le labbra, una visiona angelica che dopo tanti anni ancora non riusciva a superarla. Man mano che la macchina si allontanava da quel luogo, tutto in Claudio iniziava a precipitare verso il fondo, verso il baratro. Quella era veramente la fine di tutto, non aveva più senso sperare in un futuro insieme a lui, un futuro fatto di felicità e condivisione. E non aveva neanche più senso sperare che il suo, di futuro, fosse colmo di serenità. Non lo sarebbe stato mai se al suo fianco non ci fosse stato Mario. Si era fatto fin troppo male da solo quel giorno, aveva bisogno di sentire una voce amica, familiare, che lo tirasse su di morale. Afferrò il telefono che teneva in tasca e digitò quel numero che sapeva ormai a memora e attese impaziente che rispondesse.

Sette anni.Where stories live. Discover now