chapter five.

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Stava trattenendo il fiato Mario quando la porta davanti a se pian piano si apriva. Non sapeva cosa pensare e cosa sperare di trovarci dietro. Sperava di aver sbagliato numero di stanza così che potesse tornare in macchina e guidare verso casa, ma qualcosa dentro lui sperava, invece, che non si fosse sbagliato e che quella fosse la stanza giusta a cui bussare.

Davanti a se si trovò una figura famigliare, lo osservò per qualche secondo prima di riconoscerlo: Paolo. Ma che ci faceva li?

-Mario?- domandò Paolo strabuzzando gli occhi.

-Paolo- sussurrò spostando il peso da un piede all'altro –scusa non volevo disturbare- disse, poi si voltò intento a fuggire da li.

"Che figura di merda, che figura di merda, ma perché proprio io? Ma perché tutto mi deve andare male?" si ripeteva tra se e se toccandosi la fronte con la mano.

-Aspetta- lo chiamò –posso fare qualcosa per te? Cercavi..- esitò –qualcuno?-

Mario lo guardò e notò solo in quel momento quanto alcune sue fisionomie fossero cambiate: i capelli li portava più corti mentre la barba era più lunga e su un castano scuro, il naso ad aquilino come sempre e la faccia da furbetto. Ammise a se stesso che quel viso gli era mancato parecchio in quegli anni, così come la sua amicizia e tutte quelle notti passate fuori dal bar di Claudio a bere vino, fumare e ridere. Paolo fu il suo primo e vero amico a Verona, quell'amico che c'era sempre per te nonostante l'orario o la situazione. Avvertì una fitta al cuore a quel ricordo, ma mandando giù il nodo in gola si riprese muovendo la testa in segno negativo.

-No non ti preoccupare- disse velocemente.

-Ma se sei venuto fin qui ci sarà un motivo, no?- insistette Paolo aprendo gli occhi.

Paolo non aveva mai smesso di sperare, nemmeno un giorno in questi sette anni. Tenne per se questo desiderio, questo sogno, non volendo infastidire o opprimere il suo amico. Ma non riusciva a vedere Claudio con nessuno che non fosse Mario, così era e così sarà sempre. Quindi sperava che Mario, in quel momento, gli dicesse qualcosa, qualcosa a cui aggrapparsi e dare speranza al suo amico. Ma nulla, davanti a se c'era il silenzio più totale e qualche volta negazione.

-Non lo so, non ricordo- Mario si guardò intorno in cerca di una via di fuga, ma non ne trovò nessuna.

-Dirò a Claudio che sei passato allora-

-No- quasi urlò –no, non dirlo io non sono mai stato qui okay? Non deve saperlo, non- le parole gli vennero a mancare –no Paolo, per favore- lo supplicò unendo le mani.

Paolo annuì e invitò Mario nella stanza per scambiare almeno quattro chiacchiere ma quest'ultimo rifiutò subito entrando nel panico, poi lo salutò e spaesato tornò agli ascensori.

Davanti a se la scena era alquanto straziante per Paolo: Mario sembrava completamente indifeso, spaesato, triste, impotente. Era come se avesse voluto fare qualcosa ma non riusciva a trovare il coraggio, o meglio, la forza per farla. Era come se avesse trovato nello stesso tempo il coraggio e la ragione per fare quel passo avanti. Osservò quella figura entrare nell'ascensore e sparire dalla sua vita, le spalle ricurve in avanti e il passo lento. Gli aveva detto di non dire nulla, gli aveva chiesto di non dire a Claudio che fosse passato di li quando invece sembrava urlare il contrario. Poteva farlo? Poteva immischiarsi in questa situazione?

Scosse la testa e chiuse immediatamente la porta: doveva fare qualcosa. Afferrò il cellulare e chiamò immediatamente Claudio.

-Bastardo rispondi!- disse camminando avanti e indietro nella stanza –Claudio? Pronto?-

Sette anni.Where stories live. Discover now