Capitolo 21

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Grace era nella stanza di Bryan, intenta a guardare con sguardo fisso delle piccole gocce di pioggia cadute sul vetro. Il vetro stava per appannarsi per via dei suoi numerosi sospiri, dovuti all'ansia che stava aumentando man mano che i giorni passavano.

Il piccolo era intento a giocare con i lego sulla moquette, facendo dei discorsi fra sé e sé e con i suoi giocattoli.

Grace lo osservava di tanto in tanto, pronta per entrare nel discorso complicato, ovvero Ethan ma si ammutoliva ogni volta. Non aveva la forza di parlarne con il suo bambino, temeva non potesse capire una cosa così grande per lui ma anche per lei. In fondo non c'era molto da dire, Ethan non era che un semplice amico e collega di lavoro, anche se lui le aveva fatto intendere espressamente ciò che provava e lei ne era affascinata.

<<Mamma giochiamo con i lego e con le macchinine?>>

<<Certo, adesso te le prendo.>>

Grace si mosse da dov'era e si diresse nell'angolo giochi, aprendo un contenitore di plastica, poi sparse il contenuto accanto a Bryan. Immediatamente le balenò un idea in mente, per far uscire le sue parole in modo più o meno creativo e incuriosire il bambino.

<<Ora costruiamo una pista, io sono la macchinina blu e tu la rossa perché sei femmina. Dopo facciamo la gara, d'accordo?>>

<<Per me va bene Bryan. Solo che stavolta si gioca in modo corretto e non come l'altra volta, quando hai barato!.>>

<<Ci proverò!>> disse sbuffando in una cantilena, il bambino.

Grace attese che Bryan finisse la pista, fatta ovviamente di muretti di lego colorati. La pista improvvisata era larga abbastanza da far passare anche una terza macchinina telecomandata, piena di curve come un percorso di formula uno.

<<Allora, questa è la partenza e questo l'arrivo...>> spiegò il bambino.

Grace annuì, si inginocchiò e allineò la sua macchinina rossa accanto a quella di blu di Bryan. Accesero i telecomandi delle loro macchinine e Bryan spiegò molto brevemente il percorso e le funzioni di quei strani aggeggi poiché Grace se ne dimenticava ogni volta.

<<Al mio tre si parte. Uno...due...tre.>> disse il piccolo.

Insieme fecero sfrecciare le macchinine, Bryan però a differenza di Grace, aveva sfondato il muretto, spargendo per una buona parte della moquette qualche pezzo di lego.
Grace in quel momento era in testa e poco dopo arrivò al traguardo.

<<No!>>, urlò il bambino, <<voglio la rivincita!>> si impuntò battendo i piedi.

<<D'accordo, facciamo una rivincita! Allora se perdo ti devo parlare di un argomento importante mentre se vinco voglio tantissime coccole da te!>> disse trovando un pretesto Grace.

<<Va bene. Se vinco io voglio che mi prepari una torta al cioccolato e se perdo ti aiuto a pulire la mia stanza.>> propose Bryan.

<<Affare fatto!>>

Grace e Bryan scambiarono un cinque, facendo battere la mano di uno contro quella dell'altro, segno d'intesa. Bryan sistemò la pista, allargandola ancora di più, in modo da non commettere più l'errore di prima, sistemò infine la parte del traguardo per agevolarsi di più.

<<Eccola è pronta!>> disse il piccolo con sguardo di sfida.

<<Al mio tre partiamo!>> disse Grace, <<uno...due...tre!>>

Bryan schiacciò vari pulsanti sulla tastiera della macchinina e in un batter d'occhio arrivò al traguardo, senza però barare mai.

<<Evviva, ho vinto. Ora fai la penitenza e poi corri a prepararmi il mio premio!>> esultò Bryan, imitando un campione mentre incitava la folla a tifarlo.

A Grace venne immediatamente un senso di nausea e impallidì di colpo ma comunque aveva fatto un patto e andava rispettato, non voleva aumentare le frottole, non era nel suo stile.

<<Non so se capirai, è un argomento importante e perciò è meglio sederci lì.>> Grace indicò il lettino, il bambino acconsentì e si sedettero insieme.

Grace osservò fuori dalla finestra alla ricerca delle parole giuste per iniziare il discorso, scrutando l'orizzonte ma non aveva senso, le parole erano pronte ad uscire solo che non ne aveva il coraggio.
Dopo vari minuti di silenzio, il bambino iniziò a ciondolare le gambe e lei iniziò a parlare.

<<Ci ho pensato molto Bryan ma veramente tanto, giorno e notte. Tu sei ancora piccolo per comprendere il mondo dei grandi ma già la vita ti ha messo a dura prova, facendoti perdere tuo padre. Arriverai a capire che la vita pone degli ostacoli ma da anche tante gioie. Io in questo momento, dopo anni senza Jared ho trovato la forza di reagire e di riprovare a costruire i pezzi della mia vita. In questi giorni ti ho mentito, quando arrivavano delle telefonate, in realtà non era per lavoro ma era Ethan...>>

Bryan sgranò gli occhi e rimase a bocca aperta, evidentemente deluso, era un bambino che non tollerava le bugie perché per prima cosa gli era stato insegnato di non dirle.

<<Io ed Ethan ci piacciamo molto, credo però al momento siamo grandi amici e colleghi di lavoro. Più avanti, se Dio vuole, ti andrebbe di conoscerlo?>>

Il dolce visino di Bryan assunse un colore rosso dalla rabbia, si alzò, andò verso la porta e si girò verso Grace.

<<Tu mi hai detto bugie, tu che per prima mi hai insegnato a non dirle. Vuoi dimenticare papà! Vai all'inferno tu e questo Ethan!!>> sputò fuori di sé.

Bryan prese la maniglia e sbatté la porta, così forte da far tremare la stanza, i vetri della finestra e pure le deboli mensole della sua cameretta.

Grace si portò le ginocchia davanti al viso, si abbracciò da sola, con il volto rigato dalle lacrime, aveva deluso suo figlio e presto non sarebbe stato il solo.

Ora se suo figlio non accettava tutto questo, doveva trovar modo di parlarne con Ethan e di porre fine a questa cosa, ormai morta sul nascere.

Niente le andava per il verso giusto, la vita nel suo caso, le poneva un po' troppi ostacoli.

Non sei più solaWhere stories live. Discover now