8. Tu la mia pallina. Io il tuo muro.

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HARRY

18 Novembre, 08.43
Manhattan.


«Dimentica ciò che sei stato, quello che sei e chi volevi essere! Tu non esisti più.»

Lo aveva fatto e nemmeno tra le strade di New York avrebbe ritrovato il se stesso che non era più.

Ci aveva messo tutte le sue energie per annullare ciò che dava sostanza all'Harry Styles che era stato. Non aveva altre forze per recuperare dagli angoli remoti della città i pezzi di sé dei quali si era svestito la notte in cui, sotto la pioggia scrosciante di Olivia, aveva raggiunto la Porth Authority Bus Station. La notte in cui un autobus sudicio lo aveva portato lontano dalla vita che, improvvisamente, cinque anni dopo, si ritrovava davanti. Tutta lì. Come non fosse cambiato niente.

Solo tu, Harry. Solo tu sei cambiato.

Si schiarì la voce e si abbandonò contro lo schienale imbottito del divanetto sul quale era seduto.
Il tavolo rotondo davanti a lui era stato elegantemente apparecchiato per la colazione con le pregiate porcellane decorate a mano dell'antico servizio di famiglia. Proveniente dalle porte aperte della piccola biblioteca in fondo al corridoio che si apriva sul giardino, si udiva la voce di Maria Callas interpretare un'aria dal secondo atto dell'opera Tosca di Giacomo Puccini.

'Vissi D'Arte.'

Conosceva a memoria ogni parola di quel capolavoro.

Suo padre amava la musica classica, per questo era sempre stata la colonna sonora della casa degli Styles, nell'Upper East Side. La palazzina del 1878 con la facciata in mattoni rossi, si trovava appena fuori Park Avenue, in uno dei più elitari blocchi residenziali della città, sulla 67th, 49esima East.
Harry era nato e cresciuto lì.

Quante volte aveva percorso le rampe che collegavano i cinque piani dell'edificio sui quali si articolavano le stanze della casa? Quante volte si era dondolato sull'altalena appesa al tronco di uno dei grandi alberi del giardino? Quante volte aveva nuotato nella grande piscina coperta che si trovava nel seminterrato? Quante volte si era nascosto, da bambino, nel sottoscala per sfuggire agli altezzosi amici dei suoi genitori solo per spuntare fuori all'improvviso e far prendere loro dei grandi spaventi?

Infinite volte.

Infiniti attimi felici.

Si era sempre sentito al sicuro tra quelle mura. Si era sentito un re circondato dalla bellezza dell'arredamento raffinato, dai tappeti pregiati, dai quadri costosi comprati alle aste, dai rigogliosi mazzi di fiori che ogni mattina la madre acquistava dal fioraio su Madison Avenue, dalle due governanti e dall'autista con la Bentley sempre a sua disposizione.

Ora era tutto diverso.

Non si sentiva più a suo agio tra quelle pareti. Non sentiva di appartenervi.

Lui era semplicemente Harry, il ragazzo silenzioso che viveva nella baita di legno immersa in una radura nel Parco Nazionale di Acadia, su Mount Desert. Lui era quello con le scarpe sporche del fango raccolto lungo i sentieri durante le passeggiate nella foresta, e con la sabbia incastrata tra le scanalature delle suole delle Converse. Lui era quello che non comprava abiti firmati nelle boutique, ma cercava cappelli, t-shirt vintage e pesanti maglioni di lana a trecce nel negozio di Wayra. Lui era quello che raccoglieva sassi lisci sulle coste dell'isola, e li riponeva in vasi di vetro con delicatezza, così che non facessero troppo rumore cozzando uno contro l'altro.

Lui era Harry, aveva perso il suo cuore e anche se l'avesse ritrovato, non sarebbe mai tornato quello di prima.

«Le tue frittelle sono la fine del mondo, Melissa» disse Zayn, dando un morso a quella che teneva stretta tra pollice e indice.

My Forgotten Heart ( Larry / Ziam)Where stories live. Discover now